Il portfolio estetico di Fotoleggendo XIII quest’anno serba dal 6 giugno al 15 luglio un nutrito ventaglio di eventi che colgono tutto le sfumature prospettiche del mondo fotografico avendo a monito la parola chiave: Storie.
Il flusso di coscienza, il susseguirsi delle esperienze, lo scorrere del tempo, il senso della memoria corroborano lo spirito di questa iniziativa artistica che è una costante nel panorama artistico romano. In corso il 16-17-18 l’introitus augurale nell’alveo dello Spazio Factory della Pelanda al Macro in cui si svolgeranno reading e presentazioni di libri; evento focus di questa edizione 2017 sarà la personale di Michael Ackerman, curata da Lina Pallotta, nella suggestiva cornice di Officine Fotografiche a partire dal 22 giugno.
Classe 1967, nativo di Tel Aviv, ma naturalizzato americano, profonde la sua intensa poetica che disvela le storie interiori dei suoi soggetti: una compulsione del marcescente, del sofferente, degli interstizi della psiche. Le crepe dell’anima contemplata nella sua frammentazione e valorizzata in funzione di memoria storica. Encomiato del premio Prix Nadar nel 1999, dell’International Center of Photography Award e del Roger Pic, Ackerman pubblica libri e raccolte fotografiche, partecipando a progetti multi-artistici.
Sempre il 22 giugno si aprirà la rassegna “un ponte per la fotografia”, curata da Emilio d’Itri, nel core delle Officine ove un’accurata selezione di fotografi esporrà le proprie opere sulla tematica di rilievo. Sotto lo stendardo di “Storie”, il collegamento, il passaggio, la connessione sono i vettori che coagulano la trama esistenziale. L’io narrativo, la voce fuori scena che veicolano e legano il tessuto connettivo vitale. Un ponte, oltre che immaginario, inteso anche nella sua fisicità attraverso l’iniziativa di colmare di foto il ponte pedonale tra la metro e la sede della mostra.
Tra i fotografi di questa sezione espone per il secondo anno Matteo Domenico Recine, raffinato interprete, che propone un nucleo di fotografie che invitano l’osservatore a una riflessione sull’altrove, sull’universo dell’attesa, sul sottile confine tra l’attimo contingente e il passato. Il senso del vago, della solitudine, l’individualismo che isola, ma allo stesso tempo tempra l’animo e permette di serbare la testimonianza del ricordo.
L’ironia delicata intride la pellicola che gioca tra il nichilismo e la pienezza del silenzio; l’impianto compositivo composto dalla distesa dello spazio delimitato da poche linee geometriche che sottendono una ratio prospettica. Il sussurro della natura che incombe, accoglie, rivela. Questa è la storia narrata da Matteo D. Recine, altre vi aspettano in questa suggestiva rassegna alle Officine Fotografiche.
Costanza Marana