La morte di “Saro u Rossu”, Rosario Lombardo, segna la fine di una delle figure più rilevanti e controverse della criminalità organizzata catanese. Deceduto ieri nel reparto detenuti del carcere di Milano, Lombardo, 56 anni, era un esponente di spicco del clan Santapaola-Ercolano. La sua vita è stata segnata da una lunga serie di vicende giudiziarie che ne hanno delineato il profilo di un “uomo d’onore” all’interno della famiglia di Cosa nostra.
Lombardo era conosciuto non solo per il suo soprannome, “Saro u Rossu“, ma anche per il suo ruolo centrale in molteplici attività criminali che lo hanno portato ad essere condannato in via definitiva per mafia, traffico di droga ed estorsione. Queste condanne sono il risultato di vari processi, tra cui “Stella Polare“, “Ghost” e “Carthago 2“, che hanno contribuito a delineare il suo ruolo apicale nel sistema mafioso catanese. Nonostante la sua malattia cardiaca, che lo aveva costretto ai domiciliari per diversi anni, la giustizia italiana ha ritenuto necessario un inasprimento delle sue condizioni detentive, che lo hanno portato nuovamente dietro le sbarre nel 2023.
La malattia cardiaca di cui soffriva Lombardo era nota da tempo e aveva inciso profondamente sulle sue condizioni di salute. Negli ultimi mesi, il quadro clinico era peggiorato, tanto da destare preoccupazioni all’interno del carcere. Nonostante questo, il boss mafioso aveva continuato a scontare la sua pena, sebbene fosse chiaro che il suo stato di salute stesse progressivamente peggiorando. La notte scorsa, il suo cuore ha cessato di battere, ponendo fine alla sua vita e lasciando un vuoto nel panorama della criminalità organizzata catanese.
Rosario Lombardo aveva un ruolo strategico all’interno del clan Santapaola-Ercolano, uno dei più potenti e temuti gruppi mafiosi della Sicilia. In particolare, l’operazione “Carthago 2”, condotta dai carabinieri nel 2016, ha svelato come Lombardo, nonostante fosse agli arresti domiciliari, continuasse a esercitare il suo potere mafioso. Le intercettazioni ambientali, piazzate nella sua abitazione di via Biagio Pecorino a San Giorgio, hanno rivelato che Lombardo organizzava summit di mafia, confermando la sua capacità di gestire e dirigere le attività criminali anche da casa.
Lombardo non era solo un semplice affiliato; molti pentiti lo hanno descritto come un “uomo d’onore“, termine che nel gergo mafioso indica una persona che ha raggiunto un elevato grado di rispetto e di potere all’interno della gerarchia mafiosa. Il suo profilo criminale, costruito nel corso di decenni, lo ha reso uno degli elementi chiave della famiglia Santapaola-Ercolano, capace di influenzare decisioni e di mantenere un controllo capillare sul territorio catanese.
Il suo coinvolgimento nel traffico di droga, nell’estorsione e nelle operazioni mafiose è stato documentato in numerosi atti giudiziari, che hanno contribuito alla sua condanna definitiva. L’operazione “Stella Polare”, ad esempio, ha messo in luce l’estensione delle sue attività criminali, mentre “Ghost” ha evidenziato i suoi collegamenti con altri clan mafiosi, dimostrando la sua capacità di tessere una rete di relazioni criminali estesa ben oltre i confini della Sicilia.
Perché il soprannome “Saro u rossu”?
Lombardo era una figura rispettata e temuta all’interno del mondo criminale. Il suo soprannome, “Saro u Rossu”, era sinonimo di autorità e di potere e faceva riferimento al colore dei suoi capelli, era diventato un simbolo di riconoscimento tra i membri del clan e gli affiliati. La sua influenza si estendeva non solo a Catania, ma anche in altre zone della Sicilia, dove era considerato uno degli esponenti più autorevoli del sistema mafioso.
Come si muoverà il suo clan dopo la morte?
La morte di Lombardo solleva inevitabilmente domande sul futuro del clan Santapaola-Ercolano. La sua scomparsa lascia un vuoto di potere che potrebbe innescare lotte interne per la successione. Tuttavia, la struttura del clan, fortemente radicata e organizzata, potrebbe riuscire a gestire la transizione senza particolari scossoni. Resta comunque il fatto che la perdita di una figura carismatica e autorevole come Lombardo rappresenta un momento di crisi per l’organizzazione.
La sua vita e le azioni criminali di Rosario Lombardo hanno segnato profondamente il territorio e hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia della criminalità organizzata in Sicilia. La sua morte, avvenuta in carcere dopo anni di detenzione e di malattia, chiude un capitolo importante, ma lascia aperte molte questioni sul futuro del clan e sul destino dei suoi membri. Nonostante la sua scomparsa, l’eredità criminale di Lombardo continuerà a influenzare la dinamica della mafia siciliana, almeno nel breve termine, in attesa di capire chi sarà in grado di raccogliere il suo testimone.