Secondo i bilanci le morti sul lavoro in Italia nel quadriennio che va dal 2021 al 2024 sono 191, rilevando un aumento dell’incidenza. Le donne risultano meno a rischio rispetto agli uomini ma i lavoratori stranieri sono sempre i più colpiti da questo fenomeno. La regione più a rischio è il Trentino Alto Adige, la più sicura è la Sardegna.
Dati dei morti sul lavoro
Il dramma delle morti sul lavoro è ancora fortemente attuale in Italia. L’Osservatorio Vega Engineering di Mestre ha elaborato un resoconto dettagliato confrontando i primi semestri degli ultimi quattro anni e il risultato sono dei dati allarmanti: nonostante siano diminuiti gli infortuni sul lavoro sono aumentati gli infortuni mortali (+2%).
Se confrontiamo i dati, dal 2021 al 2022 l’incidenza era scesa da 19,7 a 14,8 mentre dal 2023 al 2024 è aumentata da 14,7 morti per milioni di occupati a 15,4.
Mappatura per zone
Il Trentino-Alto Adige si riconferma la regione più insicura, finendo in zona rossa per il quarto anno di seguito. Seguono poi la Valle d’Aosta, l’Umbria, la Puglia e la Calabria. In zona arancione troviamo l’Emilia Romagna, Toscana e Campania. In zona gialla invece vi sono: Piemonte, Sicilia, Friuli-Venezia Giulia, Liguria e Lombardia; in zona bianca: le Marche, la Sardegna, il Molise, il Veneto, il Lazio, la Basilicata e l’Abruzzo.
La mappatura per zone di cui si avvale l’Osservatorio Vega Engineering serve a mostrare il rischio infortunistico nelle regioni italiane attraverso una scala di colori:
il rosso sono le regioni che hanno un’incidenza infortunistica superiore al 125% rispetto alla media nazionale, l’arancione sono le regioni con un’incidenza infortunistica compresa tra il valore medio nazionale e il 125% dell’incidenza media nazionale, il giallo sono le regioni che hanno un’incidenza infortunistica compresa tra il 75% sia della media nazionale sia del valore medio nazionale ed infine il bianco che indica le regioni la cui incidenza infortunistica è inferiore al 75% dell’incidenza media nazionale.
I settori più a rischio
Le morti in occasioni di lavoro nel primo semestre del 2021 sono state 444, passando a 364 nel 2024, nello stesso periodo vi è stato anche un aumento degli infortuni mortali in itinere, aumentando da 94 a 105. Sono cresciute anche le denunce di infortunio. Se analizziamo i dati rispetto al 2021, c’è stato un tasso di incidenza del 12% passando da 266.804 a 299.303 nel 2024; se invece ci focalizziamo solo sui dati dell’ultimo biennio, notiamo che nel 2023 le denunce erano 144.586 mentre nel 2024 sono aumentate dello 0,4%, passando a 145.130.
Sempre secondo i dati è emerso che gli uomini segnalano un numero più elevato di incidenti sul lavoro, mentre le donne riportano una maggiore frequenza di infortuni durante gli spostamenti verso il lavoro, i cosiddetti infortuni in itinere. Difatti le denunce di infortunio nel 2024 da parte dei lavoratori sono state 92.215 mentre per le lavoratrici 52.915.
I settori più colpiti, da cui arrivano il maggior numero di denunce sono le attività manifatturiere, le costruzioni, il commercio, trasporto e magazzinaggio. Nell’ultimo semestre vi è stato un aumento significativo delle morti sul lavoro nel settore delle Costruzioni.
Le vittime delle morti sul lavoro
La fascia di età più colpita dalle morti sul lavoro è quella compresa tra i 55 e i 64 anni, l’incidenza rispetto al 2021 sale da 61,0 a 65,8. I giovani con un’età compresa tra i 15 e i 24 anni sono anch’essi particolarmente a rischio, con un tasso di incidenza che cresce da 11,9 nel 2021 a 13,6 nel 2024.
Le donne risultano essere meno esposte al rischio rispetto agli uomini. Tuttavia è bene ricordare che nel primo trimestre del 2024 hanno perso la vita sul lavoro 10 donne mentre 6 sono morte in itinere ossia nel percorso che le conduce dalla propria casa al luogo di lavoro. Rispetto al 2021, l’incidenza è passata da 4,2 a 2,8 nel 2024 mentre per gli uomini il tasso scende da 31 a 24,7.
Le morti silenziose: i lavoratori migranti
Tendenzialmente, quando viene commesso un reato da una persona la cui nazionalità non è italiana, i mass media ed il governo si accaniscono notevolmente ma quando invece gli immigrati sono le vittime subentra un assordante silenzio da parte di tutti: istituzioni, governo, mass media.
Se per gli italiani vi è stato un lieve calo dei decessi sul lavoro, passando da 19 nel 2021 a 13.3 nel 2024, la realtà si complica se parliamo dei lavoratori immigrati, i quali sono maggiormente esposti a rischi ed infortuni lavorativi infatti i dati sono preoccupanti ed allarmanti poiché il tasso di incidenza aumenta sempre di più. Infatti, se nel 2021 era del 25,7, nel 2024 è aumentato a 34,1.
Solo nel 2023 su 1.041 morti sul lavoro 204 erano proprio immigrati. Purtroppo la triste realtà è che i lavoratori immigrati raramente svolgono mansioni nel settore pubblico o lavori dei cosiddetti colletti bianchi e quindi sono meno esposti ad infortuni. Al contrario, il loro lavoro si concentra proprio in quei settori nei quali il rischio di incidenti e/o morti è più elevato, come le attività manifatturiere, le costruzioni, l’agricoltura.
Purtroppo ancora oggi a distanza di molti anni sentiamo spesso, con toni accusatori, pronunciare frasi del tipo “gli stranieri rubano il lavoro agli italiani”. In realtà, gli italiani fanno lavori più qualificati e retribuiti rispetto agli stranieri. Secondo alcuni dati forniti dall’Inps relativi all’anno 2020, nel settore agricolo circa l’85% dei lavoratori aveva un contratto a tempo determinato e circa il 67% ha lavorato meno di 150 giornate in tutto l’anno, circa due lavoratori su tre. Questo perché è un lavoro fortemente stagionale e, di conseguenza, i rapporti lavorativi possono anche essere di breve durata o incerti.
È importante sottolineare che questi dati fanno riferimento solo a lavoratori regolari, quindi tali stime sono poco veritiere realmente. Ad esempio, l’agricoltura rappresenta uno dei settori con un tasso di irregolarità molto elevato, circa il 34,2%, seguito dal lavoro domestico che rappresenta circa il 57%. Inoltre, secondo alcuni accertamenti condotti dall’Ispettorato nazionale del lavoro nel 2020, l’agricoltura è anche il settore in cui si viene maggiormente pagati in nero: circa il 44% dei lavoratori sono irregolari ed è il primo settore per vittime di sfruttamento, il 18%.
I lavoratori stranieri, in special modo gli extracomunitari sono soggetti ad una maggiore esposizione per quanto concerne la gerarchia interna dei rapporti lavorativi poiché, non potendo risiedere in Italia senza un permesso lavorativo, dipendono da quest’ultimo. Si viene quindi a creare una situazione di vulnerabilità e precarietà dei lavoratori che impatta in modo disproporzionale gli immigrati senza permesso di soggiorno. Questi ultimi si trovano costretti ad accettare condizioni inumane e degradanti pur di lavorare. Secondo uno studio, sono circa 180mila le persone a rischio e quanti denunciano lo sfruttamento rischiano di essere arrestati ed espulsi a causa del loro status irregolare.
Cause e possibili soluzioni del fenomeno
Le morti sul lavoro e gli infortuni possono essere causati da molteplici fattori. Le principali cause variano anche a seconda del tipo di lavoro che si svolge ma un dato principale risiede nella mancata formazione del lavoratore. Innanzitutto bisognerebbe conoscere i rischi ai quali sono esposti i lavoratori durante lo svolgimento delle proprie attività affinché si possano prevenire gli infortuni e le malattie professionali attraverso l’adozione di misure di protezione e prevenzione.
Per far fronte all’emergenza delle morti sul lavoro e per prevenire gli infortuni, tre anni fa è entrata in vigore la normativa 215/2021 che regola la sicurezza sul lavoro che tra le novità più importanti prevede, per la prima volta, la formazione dei datori di lavoro. Inoltre ha modificato l’articolo 19 del TULS, introducendo l’obbligo di adottare dispositivi di protezione individuale per i lavoratori.
Tuttavia ciò non è bastato a prevenire le morti delle 191 vittime di quest’anno. I datori di lavoro dovrebbero capire che la sicurezza e la prevenzione sono un diritto: i lavoratori infatti non sono numeri ma persone con un nome ed un cognome. In ogni caso, ci sarebbe bisogno di più leggi che tuteli i lavoratori dallo sfruttamento perché non si può più morire durante le ore di attività.
Per quanto concerne i lavoratori immigrati, le autorità italiane dovrebbero modificare le politiche in materia d’immigrazione concentrandosi anche e soprattutto sui diritti dei lavoratori migranti, indipendentemente dal loro status migratorio, cercando di garantirgli un accesso efficace e sicuro alla giustizia affinché possano presentare esposti e denunce contro i datori di lavoro senza avere il timore di essere arrestati e/o espulsi. L’inserimento lavorativo dei migranti è il primo verso passo per la loro integrazione nel tessuto della società. Come si evince anche da alcuni dati Istat relativi all’anno 2022, sono il 36% i cittadini extra-comunitari a rischio di povertà, in media uno straniero su tre.