Comunicati dell’INAIL come bollettini di guerra
Già a fine Ottobre i dati nazionali dipingevano una realtà sconcertante: 896 morti sul lavoro in 10 mesi, di cui 654 in occasione di lavoro e 242 in itinere — cifre di poco inferiori ai decessi registrati nello stesso periodo l’anno precedente, su cui pesavano però gli incidenti plurimi di Lesina e Foggia e del ponte Morandi di Genova. Occorrono i report degli osservatori indipendenti, comprensivi degli ultimi due mesi, per completare questo drammatico quadro annuale. Il primo a fornire un totale è Marco Bazzoni, metalmeccanico della provincia di Firenze. Per tutto il 2019 egli ha compilato un elenco delle vittime, su cui figurano ora più di 950 nomi. Secondo l’Osservatorio Indipendente di Bologna, invece, tenendo conto dell’occupazione irregolare i morti sul lavoro ammonterebbero addirittura a 1437.
Si tratta di numeri allarmanti che denunciano le gravi condizioni in cui versano i lavoratori. L’ennesimo bilancio negativo di un anno all’insegna di un’emergenza ben nota, una situazione che lo stesso Capo dello Stato ha recentemente definito come un indice del basso livello di civiltà raggiunto dal Paese.
Intanto riprende la carneficina
Neanche il tempo di metabolizzare i dati dell’anno appena trascorso ed ecco che il 2020 miete la sua prima vittima. Si tratta di Cristian Terilli, 28 anni, dipendente della società Comau, ex gruppo FIAT. Il giovane operaio è venuto a mancare la mattina del 3 Gennaio, schiacciato da un elevatore durante un lavoro di manutenzione allo stabilimento Sevel di Atessa, in Abruzzo. In un comunicato FCA esprime tutto il suo cordoglio, al quale si uniscono le voci dei vertici dei sindacati.
Per quanto giusta e doverosa, questa risposta non può che risultare stantia all’alba del nuovo decennio — un’epoca in cui non mancano certo i mezzi per porre fine a questa strage di innocenti per cui si sprecano tanti appelli, ma che attende ancora l’arrivo di interventi concreti e risolutivi.