Le morti premature previste in uno studio inglese
Le morti premature prevenute non dai medici, ma dai computer. Questa è la direzione in cui si sta inesorabilmente muovendo la ricerca tecnologica e medica. L’intelligenza artificiale si staglia all’orizzonte delle nostre vite ormai da diversi decenni: così incombente da essere una speranza ed un timore allo stesso tempo.
Oggi, però, è la faccia della speranza a fare notizia: un team dell’Università di Nottingham, composto da data scientist specializzati in assistenza sanitaria e da dottori, ha sviluppato e testato un sistema basato sui principi dell’intelligenza artificiale: questo sistema è stato in grado di predire il rischio di morti premature causate da malattie croniche in una larga fetta di popolazione di mezza età. In sostanza, gli algoritmi creati dal team hanno potuto creare previsioni migliori di quelle fatte dagli uomini.
Come si è strutturata la ricerca basata sull’IA
Il sistema è stato descritto sulla rivista Plos One: tra il 2006 e il 2010, un gruppo di 502.628 persone di età compresa tra i 40 e i 69 anni, è stato inserito nella UK Biobank: ogni singolo individuo è stato valutato secondo criteri demografici, biometrici, clinici e di stile di vita; ed è stato monitorato fino al 2016. Grazie alla collaborazione con l’Ufficio britannico di Statistica, si sono potuti ottenere i dati sulle morti premature.
Lo strumento chiave è stato il machine learning (in particolare il deep learning), ovvero algoritmi che si scrivono da soli in base ai dati (input) che, di volta in volta, l’IA ottiene: la macchina impara dalla sua esperienza (se è concesso definire gli input come ‘esperienza’). Neanche a dirlo, il sistema si è rivelato molto migliore degli esseri umani nel prevedere le morti premature; non solo, si è rivelato migliore anche rispetto a precedenti sistemi elaborati dallo stesso team di Nottingham. Lo studio illustra, dunque, tutte le potenzialità e l’accuratezza del machine learning nel contesto degli studi epidemiologici sui rischi e sulle previsioni di morti premature; e, più in generale, apre nuove vie alla medicina tailor-made.
Come sempre, però, lo scienziato cerca di non giungere a conclusioni affrettate: infatti Joe Kai, professore clinico e accademico che ha lavorato al progetto, sostiene che: “Potremmo scoprire che il machine learning aiuta in alcune situazioni, ma non in altre. In questo caso particolare abbiamo dimostrato che aiuta, a fronte di un’accurata messa a punto. Ma queste tecniche possono essere difficili da seguire”.
Machine learning e dottori: benefici e prospettive in chiaroscuro
La faccia della tecnologia luminosa e piena di promesse per il futuro è dunque ben evidente: i medici coinvolti nello studio sono consapevoli del duro lavoro che li attende su questa strada, ma hanno anche ben presenti i frutti che questo duro lavoro potrà portare: maggiore controllo sulla salute dei pazienti, maggiori possibilità di prevenire anziché curare, minore incidenza delle morti premature. Alla fine: meno sofferenze fisiche per tutti noi, grazie all’IA.
Fuori dell’ambito strettamente medico, però, è interessante osservare anche l’altra faccia della tecnologia: quella che genera timori, quella che crea i pruriti del sospetto proprio laddove si stendono tappeti di rassicurazioni e alleviamenti futuri. Con questo studio, infatti, non solo l’IA e il machine learning confermano la nostra ormai conclamata inferiorità rispetto alle nostre creature, ma sollevano anche temi politici: il potenziamento della vita della popolazione (l’irrobustimento della sua salute) si inscrive sui nostri copri individuali. Stare meglio fisicamente, avere maggiori conoscenze sul nostro futuro corporale, materiale, a prezzo di una minore libertà.
Perché se il liberalismo è il trionfo dell’individualismo, non dobbiamo perdere di vista questi movimenti di potere (movimenti minori ma che costituiscono una parte ben visibile del nostro mondo) che vanno in senso opposto: il senso della perdita di autodeterminazione. L’IA ci conosce meglio di quanto noi conosciamo noi stessi, può evitare le nostre morti premature e può farlo solo perché alcuni saperi – quello medico e quello informatico, in questo caso – hanno una presa sui nostri corpi. Una presa che viene dalla perdita di identità agli occhi dei saperi stessi e delle pratiche che considerano il corpo sociale (in senso materiale) come preponderante su quello individuale. Senza dimenticare il potere politico che queste pratiche detengono. L’eliminazione delle nostre morti premature è cercata con quale scopo?
Francesco Ziveri