Caso Cucchi: forse per qualcuno non sembrerà una grande notizia perché che ci fosse qualcosa che non tornava nella tragica morte di Stefano Cucchi lo si era capito già da tempo. Così come parve strano, lo scorso aprile che, nonostante la cassazione avesse annullato con rinvio l’assoluzione dei 5 medici che l’avrebbero dovuto salvare, il processo cadde in prescrizione per termini scaduti. Stefano Cucchi è stato ucciso molte volte. Picchiato dai carabinieri e presumibilmente non curato dai medici. Ed è grazie alla tenacia della famiglia e all’interesse della gente che si spera che almeno un po’ di giustizia faccia luce su questo vergognoso episodio di cronaca nera del nostro paese.
Stefano Cucchi e il suo arresto
Stefano Cucchi, com’è noto, morì il 22 ottobre del 2009 durante la custodia cautelare decisa dopo il suo arresto, avvenuto il 15 dello stesso mese. Venne trovato in possesso di 21 grammi di hashish e due dosi di cocaina. Cucchi non era certo un uomo robusto, pesava appena 43 kg ma al momento dell’arresto non presentava traumi particolari. Da qui cominciò il suo calvario, fatto di omissioni e carte modificate e presunti scambi di favori.
Tutto per non far emergere la drammatica verità dell’atroce pestaggio cui era stato sottoposto. Una verità scomoda che vedrebbe complici della sua morte non solo i carabinieri che l’hanno fisicamente picchiato ma anche coloro che hanno modificato le relazioni per nascondere i fatti, seppur sotto ordine dei superiori. Il pestaggio, secondo l’accusa e la procura, sarebbe avvenuto la sera stessa dell’arresto, dopo che i tre carabinieri imputati avevano condotto il giovane a casa sua per perquisire la sua stanza.
Le relazioni modificate: parlano i testimoni
Nel procedimento sono parte civile, oltre ai familiari del giovane, il Comune di Roma, Cittadinanzattiva e gli agenti della penitenziaria. Quest’ultimi furono accusati nella prima inchiesta sulla morte del giovane, ma prosciolti. Dall’ultima udienza emerge come due relazioni redatte dall’Arma pochi giorni dopo la morte di Cucchi siano state modificate. Così hanno testimoniato in aula i carabinieri testi. Nella prima, come raccontato da Francesco Di San spariscono le frasi che riportavano le lamentele del ragazzo per i forti dolori.
Anche in altre due relazioni, firmate da Gianluca Colicchio, i dolori dichiarati da Cucchi, vengono attribuiti alla branda “troppo dura e scomoda”.
La sorella Ilaria da anni, insieme alla famiglia, conduce questa lotta verso la verità. Queste testimonianze, rese da due carabinieri dell’arma, potrebbero essere l’inizio di un cambiamento di rotta.
Per anni si è parlato di lesioni lievi, lui stava malissimo invece, e quel dolore è aumentato ora dopo ora fino a farlo morire. In questi anni è stato tutto astratto sembrava che mio fratello fosse morto senza una ragione, da oggi si comincia a capire cosa è effettivamente successo
Continuiamo a parlare di Stefano Cucchi perché non è morto di freddo su una branda scomoda.
Marta Migliardi