Il caso Emanuela Orlandi è ancora irrisolto.
Ma la morte dell’investigatore Giulio Gangi riaccende i riflettori su un giallo che ancora scuote il Vaticano
Morte Giulio Gangi: aveva appuntamento con un giornalista
Giulio Gangi, 63enne ex agente della Sisde, fu tra i primi a indagare sul caso di Emanuela Orlandi.
Lo scorso mercoledì, l’ex 007 è stato trovato agonizzante nella sua dépendance dalla moglie di un amico.
A scoprire il corpo è stata mia moglie, allertata da un amico con il quale Giulio faceva spesso colazione in un bar poco distante, preoccupato perché non rispondeva al telefono.
La porta era chiusa dall’interno e lui si trovava sul letto, agonizzante. Abbiamo subito chiamato un’ambulanza, i medici hanno tentato di rianimarlo ma lo hanno dovuto trasportare all’ospedale Grassi: deve essere morto durante il tragitto, stroncato forse da un ictus
Secondo i conoscenti, Gangi soffriva di periodiche depressioni e ipocondria a causa delle disavventure lavorative e del forte stress subito.
Lunedì scorso, l’ex agente aveva preso appuntamento con un giornalista del Corriere della Sera, Fabrizio Peronaci, per svolgere un “sopralluogo” sul caso Orlandi e approfondire alcuni punti.
Questi gli ultimi messaggi scambiati:
«Il giorno prima che decidi di passare chiamami dalle 13.30 in poi, così mi organizzo. Il sopralluogo lo facciamo alle 11.30 poi a magna’ in un posto vicino. Un abbraccio!» (Gangi)
«Ok, settimana prossima. Vada per pizza e birretta» (Peronaci)
Solo pochi giorni fa, il 1 novembre 2022, l’ex 007 aveva condiviso su Facebook quella che sembra un’amara e disperata constatazione.
Puoi praticare tutte le “teorie” del mondo, ma se non hai accanto la fortuna è tutto inutile
La morte di Giulio Gangi segue la scoperta, da parte di Repubblica, della scomparsa di tre faldoni top secret relativi al caso Orlandi.
I tre faldoni erano stati acquisiti dal Sismi (oggi Aise) nel 1993. Stando agli atti, i documenti testimonierebbero il coinvolgimento di intelligence estere.
Il funzionario del Sismi evidenzia che dall’acclusa documentazione possono essere rilevati dati relativi a talune intelligence estere collegate
Al momento, i faldoni risultato scomparsi.
Emanuela Orlandi: un mistero lungo quasi 40 anni
È il 22 giugno del 1983 quando Emanuela Orlandi, figlia 15enne di un commesso della Prefettura della casa Pontificia, scompare nel nulla.
Emanuela viveva nella Città del Vaticano con i genitori e i quattro fratelli, e aveva appena terminato il secondo anno di Liceo Scientifico.
Il giorno della scomparsa si trovava a Roma, presso Piazza Sant’Apollinare (una delle zone più trafficate della capitale, vicina a piazza Navona e a Palazzo Madama, sede del Senato), dove prendeva abitualmente lezioni di flauto.
In seguito, il vigile urbano Alfredo Sambuco racconterà di aver visto Emanuela parlare con un uomo sulla trentina, che le stava mostrando un dépliant di prodotti Avon.
Sambuco dichiarerà di aver notato l’uomo in quanto la sua auto, una BMW verde, era parcheggiata proprio davanti al Senato.
L’agente Giulio Gangi, inoltre, racconterà di aver contatto il brand di make-up pubblicizzato dall’uomo, il quale ha dichiarato di non avere rappresentanti maschi.
Emanuela è uscita dalla lezione di musica alle 18.45, e ha chiamato la sorella per avvisarla che l’autobus era in ritardo.
Secondo la testimonianza di un’amica, la ragazza avrebbe preferito prendere il bus successivo perché il primo era troppo affollato. Secondo un’altra, avrebbe dovuto incontrare una persona sconosciuta.
Da quel giorno, le tracce di Emanuela si perdono.
Pochi giorni dopo il fatto, durante l’Angelus di domenica 3 luglio, Papa Giovanni Paolo II fa riferimento per la prima volta al caso.
Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi, la quale è nell’afflizione per la figlia Emanuela di 15 anni, che da mercoledì 22 giugno non ha fatto ritorno a casa. Condivido le ansie e l’angosciosa trepidazione dei genitori, non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia responsabilità in questo caso
È proprio il Papa a parlare per la prima volta di rapimento, portando l’attenzione mediatica sul caso.
Le indagini: da Monsignor Marcinkus ai gruppi pedofili
Negli anni, si succedono numerose piste.
Una delle prime teorie vede coinvolta l’organizzazione terroristica turca dei Lupi Grigi, coinvolta anche nell’attentato al Papa del 1981.
Le indagini conducono a Monsignor Marcinkus, Presidente della Banca Vaticana coinvolto nel crack del Banco Ambrosiano.
Tuttavia, la pista non arriva a nessuna conclusione.
Un’altra teoria è quella che vede coinvolta la Banda della Magliana, organizzazione criminale mafiosa attiva a Roma e nel Lazio tra gli anni ’70 e ’90.
Secondo una testimonianza anonima, sarebbe coinvolto il boss Renatino De Pedis, tumulato nella Basilica di Sant’Apollinare.
Un pentito della banda, Antonio Mancino, rivela ai magistrati romani l’esistenza di un legame tra De Pedis e alcuni esponenti Vaticani, i quali si riferivano a Emanuela Orlandi come “roba nostra”.
Poco dopo, l’ex fidanzata di De Pedis, Sabrina Minardi, accusa il defunto boss di aver rapito Emanuela su ordine di Monsignor Marcinkus.
Anche in questo caso, la pista si interrompe.
Un’ultima ipotesi è quella delle rete di pedofili, suggerita dall’esorcista Gabriele Amorth.
Secondo le indagini, la ragazza sarebbe stata coinvolta in un giro di festini sessuali insieme a personalità di spicco della chiesa, un’ambasciata straniera dentro il Vaticano e un gendarme. In uno di questi eventi, Emanuela sarebbe stata drogata e uccisa.
Ma le indagini non portano a nessuna conclusione.
Lo scorso 20 ottobre, la vicenda è stata raccontata in “Vatican Girl“, documentario in programmazione su Netflix.
Tra depistaggi, documenti e colpi di scena, il documentario ripercorre i fatti di uno dei misteri più grandi della storia italiana.