Simon Gautier poteva essere salvato? E’ la domanda che in queste ore si pongono i familiari e gli amici dello studente francese, il cui corpo senza vita è stato recuperato questa mattina in un profondo crepaccio dove era precipitato lo scorso 9 agosto durante un’escursione in un sentiero nel Cilento, in provincia di Salerno. Un dubbio alimentato anche dai media transalpini e sul quale le autorità italiane cercheranno di fare luce.
LE INCHIESTE
Saranno due inchieste, aperte dalla procura di Lagonegro e da quella di Vallo della Lucania, a dover chiarire come sono andate le cose e dimostrare se effettivamente si sarebbe potuto fare di più e meglio per evitare la morte di Simon, il cui corpo è stato inviato all’ospedale di Sapri per l’autopsia che dovrà determinare le cause e i tempi della morte. Secondo un primo esame esterno del cadavere, questa sarebbe avvenuta in non più di 45 minuti, probabilmente per un’emorragia.
L’ULTIMA TELEFONATA
Simon Gautier, che vive da due anni a Roma, dove sta svolgendo un dottorato in Storia dell’Arte dopo essersi laureato alla Sorbona di Parigi, era arrivato in Cilento l’8 agosto. Dopo aver trascorso la notte sulla spiaggia di Scario, nel comune di San Giovanni a Piro, la mattina seguente, zaino in spalla, si è avventurato in uno dei sentieri della zona. Un percorso considerato tra i più insidiosi anche per gli esperti di trekking. Il suo cellulare risulta essersi acceso intorno alle 6.30. Durante l’escursione, il giovane finisce col precipitare in un profondo crepaccio, fratturandosi entrambe le gambe. Alle 9.57 di quel venerdì, 9 agosto, Gautier riesce a telefonare al 112 per chiedere aiuto. Alla chiamata risponde un’operatrice, alla quale il giovane racconta di essere partito da Policastro in direzione di Napoli e di essere poi caduto durante l’escursione, rompendosi gli arti inferiori, senza però riuscire a fornire indicazioni più precise, se non quella di trovarsi di fronte al mare.
MANCATA LOCALIZZAZIONE
La telefonata dura circa due minuti e mezzo, ma non rende possibile geolocalizzare il cellulare della vittima, il che avrebbe permesso di individuare più rapidamente la giusta direzione verso cui avviare le ricerche. Questo è un primo elemento di polemica. Tutti gli smartphone sono infatti dotati dell’Advanced Mobile Locator, il dispositivo che permette, in caso di emergenza, di geolocalizzare la chiamata e rintracciare il punto esatto dal quale è partita. Un sistema che, in base a disposizioni dell’Unione Europea, tutti gli stati membri dovrebbero adottare obbligatoriamente. Invece nel nostro paese ancora non funziona, nonostante un decreto del Ministero dello Sviluppo Economico lo avesse previsto sin dal 2009. Le centrali operative del 118 ne sono ancora prive.
ELICOTTERO IN RITARDO
La stampa francese, in particolare il quotidiano Le Figaro, punta il dito anche contro il ritardato utilizzo di un elicottero, che si sarebbe alzato in volo nel primo pomeriggio di sabato 10 agosto, vale a dire oltre 24 ore dopo la richiesta di soccorsi di Simon Gautier, e sul fatto che la famiglia sarebbe stata avvisata solo il 12 agosto, tre giorni dopo il fatto. A complicare le cose, il fatto che il cellulare avrebbe agganciato ben tre celle diverse, comprese tra le province di Salerno, Potenza, Matera e Cosenza. Un’area complessiva di 143 chilometri quadrati, difficile da coprire. Ciò spiegherebbe il perché inizialmente parte delle ricerche si sarebbe rivolta verso Maratea, una direzione pressoché opposta a quella in cui si muoveva lo studente francese.
IL RITROVAMENTO
Soltanto nei giorni successivi il campo di ricerca è stato in qualche modo delimitato anche grazie all’analisi del computer di Gautier, ma ormai era tardi per sperare di trovarlo in vita. Ieri sera, il ritrovamento dello zaino nero, individuato con un binocolo da un uomo del soccorso alpino, ha permesso di arrivare, anche grazie all’invio di un drone, nella zona del crepaccio dove è precipitato il ventisettenne. Una notizia accolta con dolore e rabbia da parenti e amici, mentre il comune di San Giovanni a Piro ha proclamato per domani il lutto cittadino.
DINO CARDARELLI