Domenica scorsa, all’età di 83 anni, è scomparso Fethullah Gülen, influente predicatore islamico e leader del movimento Hizmet, è stato uno dei volti più importanti in Turchia. Fethullah Gülen, che viveva da oltre due decenni in esilio negli Stati Uniti, era stato un tempo alleato cruciale del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, ma col tempo si trasformò in uno dei suoi più acerrimi oppositori. La notizia della sua morte, diffusa tramite il sito web dove venivano pubblicati i suoi sermoni e che univa migliaia di fedeli e istituzioni religiose, ha riacceso il dibattito su una figura che ha segnato profondamente la politica e la società turca.
Le origini di Fethullah Gülen e la nascita del movimento Hizmet
Nato nel 1941 a Erzurum, nella Turchia orientale, in una famiglia devota, Fethullah Gülen ottenne la licenza di predicatore nel 1959. Da giovane, iniziò a costruirsi una reputazione come predicatore islamico a Edirne, nella parte occidentale del Paese, e con il tempo si trasferì a Smirne, dove la sua influenza crebbe rapidamente. Lì, si dedicò all’educazione dei giovani, aprendo dormitori e centri di studio grazie al sostegno economico di donatori locali. Questo fu l’inizio di quello che sarebbe poi diventato il movimento Hizmet – Servizio -, una rete di scuole e organizzazioni fondate da Gülen, che si espanse ben oltre i confini della Turchia.
Il movimento Hizmet si focalizzava su un Islam moderato, che si intersecava con la scienza, la democrazia e i diritti civili. La rete di scuole e dormitori fondata da Gülen non solo si estese in Turchia, ma anche in diverse nazioni, in particolare nei Balcani, in Asia Centrale e nel Caucaso, e in altri Paesi musulmani e occidentali. Questa rete divenne uno strumento potente di influenza, formando una generazione di professionisti che avrebbero ricoperto ruoli di rilievo in vari settori della società turca.
Il suo movimento, ispirato alle prediche di Said Nursi, diventò sempre più esteso e riconosciuto: Fethullah Gülen infatti ha sempre manifestato posizioni aperte al dialogo nei confronti di tutte le Chiese Cristiane in Turchia. Storici sono stati i rapporti che aveva con il Patriarca greco-ortodosso Bartolomeo I, o il suo incontro con Papa Giovanni Paolo II, nel 1998. Definito dagli esperti come il più importante teologo islamico della modernità e scienziato politico, Fethullah Gülen ha simboleggiato per anni la forze della religione in Turchia e nel mondo islamico.
L’alleanza strategica tra Gülen ed Erdoğan
Con l’ascesa al potere di Recep Tayyip Erdoğan nel 2003, il movimento Hizmet e il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) trovarono terreno comune. Erdoğan, all’epoca, si presentava come un leader conservatore ma moderato, desideroso di integrare valori islamici nella governance democratica del Paese. L’alleanza con Gülen contribuì a consolidare il potere dell’AKP e ad ampliare l’influenza di Hizmet, i cui sostenitori riuscirono a inserirsi nelle principali istituzioni turche, tra cui la magistratura e la polizia.
L’obiettivo del movimento e del pensiero di Fethullah Gülen era quello di instaurare una solida rete di alleanza tra la politica e la religione, affinché la Turchia diventasse, di nuovo, il più grande polo politico di stabilità. Il piano era infatti quello di riaccentrare tutte le attenzioni geopolitiche sulla Turchia, rendendola importante e salda come lo era stata all’epoca dell’Impero Ottomano. In questo, l’alleanza tra i due uomini di potere divenne più salda che mai: insieme iniziarono a costruire una nuova potenza nazionalista, fino a quando Erdoğan vinse nel 2002 le elezioni per la prima volta.
Questa stretta collaborazione tra Gülen ed Erdoğan sembrava essere un’alleanza strategica perfetta: da un lato, il presidente consolidava il suo potere politico grazie all’influenza del movimento Hizmet; dall’altro, Gülen vedeva crescere l’importanza delle sue scuole e organizzazioni. Tuttavia, questa relazione cominciò a incrinarsi nel tempo, a causa di visioni divergenti sulla gestione del potere e della politica in Turchia.
La frattura e lo scandalo della corruzione
Il punto di rottura tra Erdoğan e Fethullah Gülen si verificò nel 2013, quando l’AKP fu colpito da un enorme scandalo di corruzione. Diversi membri del governo e dello stesso partito di Erdoğan furono arrestati con accuse di corruzione, inclusi i figli di alcuni ministri. Lo scandalo indebolì la credibilità del governo e minò la leadership di Erdoğan. Le accuse contro l’AKP furono considerate da molti come il risultato di indagini condotte da magistrati vicini al movimento di Gülen, che in quel momento veniva visto come una minaccia crescente all’interno delle istituzioni turche.
Erdoğan reagì con durezza. Nel dicembre 2014, in risposta a questo scandalo, il governo avviò una massiccia repressione, arrestando giornalisti critici e molte persone sospettate di far parte del movimento di Gülen. L’accusa principale era che Hizmet avesse creato una rete parallela all’interno dello stato, con l’intento di rovesciare il governo di Erdoğan.
La caccia alle streghe si fece sempre più intensa, fino a quando, nel 2016, Fethullah Gülen organizzò un colpo di Stato. La dura repressione, indiscriminata, per colpire le fitta rete del teologo islamico colpì più di 250 persone, che trovarono in quell’anno la morte; sotto lo stesso governo di Erdoğan ci furono poi anche licenziamenti di massa e arresti senza giusti processi.
L’accusa di terrorismo e il colpo di stato del 2016
Il conflitto tra Erdoğan e Gülen raggiunse il culmine nel 2016, con il fallito colpo di stato che scosse la Turchia. Il tentativo di insurrezione, che coinvolse una parte delle forze armate turche, fu rapidamente soppresso, ma lasciò il paese in uno stato di profonda instabilità. Erdoğan accusò immediatamente Gülen di essere il principale responsabile dell’organizzazione del colpo di stato. Il predicatore, che si trovava in esilio in Pennsylvania, negò fermamente ogni coinvolgimento e suggerì, al contrario, che fosse stato lo stesso Erdoğan a orchestrare l’evento per consolidare il proprio potere.
La risposta del governo fu immediata e brutale: migliaia di persone accusate di avere legami con Gülen furono arrestate, tra cui militari, magistrati, accademici e funzionari pubblici. Il governo turco chiese più volte agli Stati Uniti l’estradizione di Gülen, ma questa non fu mai concessa per mancanza di prove concrete sul suo coinvolgimento nel colpo di stato. Dalla risposta negativa di Washington alla richiesta di Ankara, seguirono delle fasi di forte tensione politica tra le due potenze.
L’eredità e il futuro del movimento Hizmet
Nonostante la lunga fase di epurazione, il movimento Hizmet è sopravvissuto, seppure ridimensionato e profondamente segnato dalla campagna di Erdoğan. La rete di scuole, organizzazioni e media che faceva capo a Gülen ha subito un duro colpo, con molte delle sue istituzioni in Turchia chiuse o sequestrate dal governo. Ad oggi, il movimento continua a esistere in molti Paesi, con una presenza significativa in Europa e negli Stati Uniti.
L’eredità di Fethullah Gülen è complessa: per alcuni, è stato un visionario che ha promosso un Islam moderno e compatibile con la democrazia; per altri, era a capo di una rete oscura e pericolosa, che ha cercato di destabilizzare la Turchia. La sua morte, avvenuta lontano dalla sua terra natale, segna la fine di un capitolo importante nella storia recente del Paese, ma lascia aperte molte questioni sul futuro del movimento Hizmet e sulle relazioni tra la Turchia e l’Occidente.
Alla notizia della morte di Fethullah Gülen, la reazione del governo turco è stata silenziosa. Nonostante la figura del predicatore fosse vista come una minaccia esistenziale per lo stato, al momento della sua morte non sono stati rilasciati commenti ufficiali da parte del governo di Ankara. La stampa turca, fortemente controllata dal governo, ha riportato la notizia senza enfasi, segnalando il decesso ma senza approfondimenti o dichiarazioni di esponenti politici.
In conclusione, la vita e la morte di Fethullah Gülen rappresentano un riflesso delle profonde tensioni che hanno attraversato la Turchia negli ultimi decenni. Figura complessa e contraddittoria, Gülen ha influenzato intere generazioni, sia in patria che all’estero, e ha lasciato un’impronta indelebile sulla politica e la società turca. La sua scomparsa chiude un capitolo di scontri e rivalità che hanno plasmato la Turchia moderna, ma non risolve le questioni fondamentali che continuano a dividere il Paese.