Dopo oltre 4 mesi dalla strage di Melilla, al confine tra Spagna e Marocco, i Governi continuano a non assumersi alcuna responsabilità. Il documentario-inchiesta di Africa Eye prova gli abusi e le violenze della polizia di frontiera marocchina e spagnola.
Il confine tra Spagna e Marocco, marcato dalle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla, è una delle frontiere più mortifere dell’Europa odierna. Melilla è un francobollo di dodici chilometri quadrati, separati dal territorio marocchino da un muro alto circa sei metri, sormontato da filo spinato. Il muro (il primo eretto in Europa dopo la caduta del muro di Berlino) in alcuni tratti si trasforma in una triplice barriera di metallo. Recinzione che, i migranti bloccati in Marocco, privi di alcuna alternativa, hanno più volte tentato di scavalcare nel corso degli anni.
Uno di questi tentativi di massa di attraversare il confine fra Marocco e Spagna, tra Nador e Melilla, è avvenuto il 24 giugno scorso. Un intervento congiunto delle forze di polizia marocchine e spagnole ha, tuttavia, represso l’azione nel sangue. Il documentario-inchiesta “Death on the Border” di Africa Eye (BBC) ha raccolto decine di video e di testimonianze dei sopravvissuti, per denunciare quello che si può definire un vero e proprio massacro.
Genesi di un massacro: la strage di Melilla
I migranti che giungono al nord del Marocco sono, nella maggior parte dei casi, reduci di viaggi estenuanti, costellati da violenze e soprusi. Tali abusi avvengono non solo nei Paesi d’origine, ma anche in quelli di transito, lungo il viaggio verso quella chimera che prende il nome di Europa. Alcuni di essi, prima di giungere nei pressi di Melilla, hanno dovuto attraversare l’inferno libico, subendo torture e periodi di detenzione.
Il Marocco però, tradisce nuovamente le speranze di coloro che sperano in un safe passage verso l’Europa. Le foreste locate nei dintorni di Melilla, accolgono di continuo centinaia e centinaia di migranti, i quali, ogni giorno, sperano di riuscire finalmente a varcare il confine.
Ad attenderli però, trovano, oltre a tre recinzioni protette da filo spinato, le forze di polizia marocchine, le quali, negli ultimi mesi, hanno intensificato la loro azione repressiva contro i migranti.
24 giugno 2022
Il 24 giugno scorso a Barrio Chino, uno dei punti di accesso della frontiera tra Marocco e Spagna, nei pressi di Melilla, si è consumata un’ennesima tragedia. Come documentato anche dai video pubblicati da Africa Eye, circa 2mila migranti sono discesi dalle colline, per tentare di forzare quelle recinzioni che li costringono a vivere in un limbo sospeso. La polizia marocchina però, non è intervenuta ad interrompere il corteo lungo il percorso, nonostante fosse ben visibile da lontano.
Le forze dell’ordine hanno aspettato che i migranti giungessero fin sotto le recinzioni: successivamente, hanno attaccato. Dai video si vede come, arrivando da dietro, la polizia ha intrappolato il corteo in una nuvola soffocante di gas lacrimogeni e fumogeni.
Per evitare di soffocare, l’unica alternativa era tentare di scalare la recinzione. Chi riusciva nella scalata tuttavia, rimaneva imprigionato in un cortile di circa 100 metri quadrati, situato nel centro dell’avamposto di frontiera.
Dai racconti dei testimoni e dai video registrati dai telefoni cellulari, è lì che la tragedia ha raggiunto l’apice. Le immagini mostrano come all’interno di questo spazio chiuso, circondato da muri e recinzioni, la polizia comincia a lanciare lacrimogeni e fumogeni. Le persone iniziano a soffocare e morire. Il cortile è sovraffollato e i migranti, in preda al panico, si accalcano, schiacciandosi a vicenda. Sarebbe bastato aprire le porte per evitare una tragedia, ma le forze di sicurezza sono rimaste sorde di fronte alle grida di aiuto. Molti hanno provato ad alzare la mano in segno di resa, ma, invece che essere arrestati, sono stati attaccati a colpi di manganello.
La responsabilità della Spagna
La violenta repressione non è stata portata avanti dalle sole forze marocchine. Come dimostrano i filmati del giornalista Javier Bernardo, la polizia di frontiera spagnola ha partecipato attivamente nell’azione di push-back (respingimento).
Circa 300 persone sono riuscite a varcare i confini del territorio spagnolo. Ma, le autorità spagnole, in violazione del diritto internazionale che vieta i respingimenti collettivi (art. 4 del Protocollo 4, Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo), le hanno trattenute e riconsegnate alla polizia marocchina. Contrariamente anche al principio di non-refoulment stabilito dalla Convenzione di Ginevra, nessun migrante ha potuto richiedere asilo.
L’azione congiunta delle autorità di entrambi i Paesi ha così permesso che un massacro, tutt’ora impunito, avvenisse. Le forze di polizia marocchine, dopo aver catturato e picchiato i migranti fino a far perdere loro i sensi, li hanno ammassati uno sopra l’altro.
I testimoni raccontano che
la polizia guardava i corpi sanguinanti e senza vita, gridando che avrebbero potuto farci di peggio. Ci ripetevano: “non siete umani, non siete niente, siete inutili”. Passavano per controllare se fossi morto. Se non eri morto calciavano di più, per essere sicuri di lasciarti un marchio .
Pongo questa domanda al mondo intero: perché la vita umana ha così poco valore?
Per diverse ore i migranti sono stati lasciati a terra, senza alcuna assistenza medica. Più di 20 persone sono morte. Successivamente, la sera, molti sono stati caricati su dei bus, che li hanno trasportati in diverse città sparse nel territorio marocchino. Anche durante il viaggio, le persone ferite non hanno ricevuto alcuna assistenza, e alcune non sono sopravvissute.
Le autorità hanno abbandonato i corpi dei defunti lungo la strada, mentre altri cadaveri sono stati occultati. Nonostante le indagine di Africa Eye, alle famiglie non è dato sapere il luogo di sepoltura dei propri cari. Al giorno d’oggi, a seguito degli avvenimenti del 24 giugno, più di 70 persone mancano ancora all’appello.
Il confine tra Spagna e Marocco, quella “terra di nessuno”
Tali drammatici eventi si sono consumati senza che nessuno, nuovamente, se ne assumesse le responsabilità. Il ministro dell’Interno marocchino Khalid Zerouali ha addirittura difeso le azioni delle forze di polizia marocchine, dichiarando che
le azioni della polizia di frontiera erano conformi al legal framework internazionale. Le azioni erano dirette contro persone forgiate dalla guerriglia, con alle spalle un addestramento al combattimento. Non erano la tipologia di migranti con i quali siamo soliti ad avere a che fare…
Il ministro dell’Interno spagnolo, invece, Ferando Grande-Marlaska ha sostenuto che
Gli avvenimenti sono avvenuti all’interno di uno Stato sovrano e, solo in maniera molto tangenziale, sono avvenuti in Spagna.
Grande-Marlaska ha continuato affermando che la tragedia fosse avvenuta in “tierra de nadie” (terra di nessuno). Ma non esiste tale concetto nel diritto internazionale. E i video dimostrano che circa 300 persone avevano messo piede nel territorio spagnolo e, pertanto, avrebbero avuto diritto a chiedere asilo.
A più di 4 mesi di distanza dalla tragedia, nonostante le denunce di numerose organizzazioni internazionali, nessuna indagine ufficiale ha fornito una spiegazione o riportato informazioni più precise sull’accaduto. Le uniche condanne effettuate sono quelle nei confronti dei migranti. Più di 75 persone sono state messe sotto accusa dalle autorità marocchine, e rischiano almeno due anni e mezzo di prigione.
I Governi, invece, mentre da un lato continuano a negare la propria colpevolezza, dall’altro rafforzano le relazioni diplomatiche tra i due Stati.
Esternalizzazione delle frontiere: gli accordi con il Marocco
Si può infatti collegare l’intensificarsi dell’azione repressiva e di controllo esercitata dalle forze di polizia marocchine con la rinnovata intesa tra Spagna e Marocco, del 7 aprile 2022. Seguendo l’esempio degli accordi stipulati tra il Governo italiano con Tunisia e Libia, anche la Spagna alimenta quel processo di esternalizzazione delle frontiere, spalleggiata dall’Unione Europea.
A sole due settimane dalla strage del 24 giugno, l’UE ha, difatti, siglato un accordo di partenariato con il Governo marocchino, in merito al controllo dell’immigrazione. Per il suo ruolo di gendarme e di controllo dei confini, il Marocco riceverà 500 milioni di euro aggiuntivi dall’Unione. Le conseguenze sono facilmente prevedibili. Non solo le vittime del 24 giugno non riceveranno alcuna giustizia, ma nuove violenze e abusi saranno finanziati e supportati.
Eva Moriconi