Il morbo di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa e irreversibile che porta a una demenza acuta e che colpisce aree del cervello atte al pensiero, alla memoria e allo svolgimento di moltissime delle attività quotidiane della persone.
Fino ad oggi il momento in cui veniva riconosciuto il morbo di Alzheimer in un paziente era spesso troppo tardi per poterlo curare efficacemente. Questo a causa dei primi sintomi della malattia che sono davvero sottovalutabili e poco visibili e della rapidità dell’aggravarsi del morbo di Alzheimer una volta iniziato il processo di degenerazione.
Ma da oggi grazie ad uno studio portato avanti dalla Washington University di St. Louis questa cosa cambierà. Difatti il team di scienziati, guidati dal professore Mathias Jucker ha scoperto che nel momento in cui le cellule cerebrali si danneggiano e,quindi, inizia la degenerazione causata dal morbo di Alzheimer, esse rilasciano nel sangue frammenti di proteine delle NFL. Di conseguenza sarà possibile riconoscere l’avvio della malattia molto in anticipo tenendo sotto controllo i livelli di tali proteine.
Per arrivare a tale conclusione il team di scienziati, come illustra il report dell’intera operazione riportato sulle pagine della rivista “Nature Medicine”, ha sottoposto a diversi test diversi gruppo di famiglie portatrici di una rara variante del morbo di Alzheimer in grado di causare la malattia in giovanissima età: 50, 40 o, nei peggiori casi, anche 30 anni e che viene trasmesso ai figli una volta su due . Di queste famiglie sono stati analizzati 247 persone portatrici di questa variante del morbo di Alzheimer oltre ad altre 162 parenti che non erano invece toccati dalla malattia. I ricercatori hanno notato come nei primi i livelli delle proteine dei NFL era già alto nel sangue fin dalla gioventù ed andava aumentando con gli anni, mentre nel secondo gruppo tali valori rimanevano stabili.
Per confermare quest’intuizione, a 39 persone portatrici della variante precoce del morbo di Alzheimer sono stati ripetuti i testi a distanza di due anni e si è notato come i valori delle proteine del NFL all’interno del sangue fossero in costante aumento.
Questa rivoluzionaria scoperta potrebbe quindi riuscire a diagnosticare, come spiega il report, il morbo di Alzheimer fino a 16 anni prima di quanto si riesce a fare oggi potendo riuscire a prevenirlo e curarlo in maniera ben più efficace.
Brian Gordon, uno dei ricercatori partecipanti, ha dichiarato come tale tipo di proteine è già presente e studiato per altri tipi di malattie neurodegenerative, ma che fino ad oggi non era assolutamente considerato un marcatore del morbo di Alzheimer. Per questo il test è stato validato dalla comunità scientifica.
Mathias Jucker, sulla pagine di Nature Medicine, ha spiegato come ora i test verranno effettuati anche sulle persone affette da variante tardiva del morbo di Alzheimer, tenendone sott’occhio i livelli di NFL nel sangue, per riuscire a inquadrare il lasso temporale corretto per la diagnosi e le successive cure.
Esiste già un test in commercio per la quantificazione dei livelli di NFL nel sangue ma, per ora, non è stato ancora convalidato dalla comunità scientifica, poichè è necessario ancora definire il significato patologico dell’innalzamento di tali sostanze nel sangue prima di poter definire questo valore come vero marcatore del morbo di Alzheimer.
Matteo Furina