Il monumento equestre nel Rinascimento, il potere a cavallo

Il monumento equestre nel Rinascimento, il potere a cavallo

Il monumento equestre, dal mondo antico

Il monumento equestre è creazione commemorativa del mondo antico; rappresenta il potere, la vittoria, la guida sicura e autorevole contro i nemici e verso un futuro migliore, che un condottiero ha portato avanti per il suo esercito e il suo popolo. Un esempio su tutti è il Marco Aurelio; una copia è ancora presente nella Piazza del Campidoglio; mentre è conservato nell’originale all’interno degli adiacenti Musei Capitolini.

Una tradizione che non si ferma

La creazione di statue di personaggi a cavallo è divenuta una tradizione che non si interruppe nel Medioevo; basti pensare, per rilevanza prima di tutto quantitativa, a Verona con le sue arche scaligere. Quest’ultime sono le tombe degli appartenenti ai signori della città, i Della Scala, che erano raffigurati nei loro complessi funerari sopra la propria cavalcatura.

Donatello riscopritore di tecniche antiche

Ma è in pieno Quattrocento che Donatello riprese pienamente la consapevolezza anche tecnica dei monumenti antichi, la fusione bronzea di grandi sculture equestri; utilizzò tale possibilità per la raffigurazione del Gattamelata per Padova. Con tale personaggio si evidenzia l’assenza dei regnanti, ora vengono raffigurati i capitani di ventura. La loro “fedeltà retribuita” per tale o talaltra potenza della Penisola viene così ricordata nelle città che essi servirono con la propria compagnia armata. Con il cavallo che sembra muoversi lentamente, ma in una tensione carica di forza come si evince dalla sua testa, la figura del Gattamelata, al netto di idealizzazioni, controlla l’animale; il bastone del comando che tiene in mano rilancia la diagonale netta della spada nel fodero, donando alla dinamica semplice e sintetica delle componenti un equilibrio in avanti.

Esempi in pittura

Parallelamente a tale esempio, progettato e fuso per la città veneta tra il 1445 e il ’53, la stessa Firenze di Donatello aveva visto lo sviluppo del tema anche dal punto di vista pittorico, che trova un precedente nell’affresco senese del Guidoriccio da Fogliano. La Cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore, infatti, poteva e può ancora vantare due esempi: l’affresco di Giovanni Acuto, dipinto da Paolo Uccello nel 1436, e il monumento equestre a Niccolò da Tolentino di Andrea del Castagno, del 1456. Vedremo al termine del nostro discorso il clamoroso ritorno proprio dell’ambito pittorico.



La nuova tradizione fiorentina del monumento equestre a Venezia

Nel frattempo, in una produzione tutta fiorentina rientra il lavoro del Verrocchio per la Repubblica di Venezia; la Serenissima chiamò il famoso scultore, maestro di Leonardo da Vinci, per la creazione della statua di Bartolomeo Colleoni a cavallo. L’autore portò un’attenzione particolare al corpo dell’animale. Di quest’ultimo, è evidenziata analiticamente la muscolatura fino al farlo sembrare “scorticato”; inoltre mostra una maggiore dinamicità rispetto al monumento padovano, sospinto dallo stesso cavaliere che pare caricare l’energia per un deciso slancio.

Leonardo e il moto mai raffigurato

L’ormai non più allievo Leonardo fu protagonista di una scultura di tal genere mai portata a termine; Ludovico il Moro gli chiese di ritrarre il fondatore delle fortune degli Sforza, Francesco. Tramite la sua statua Leonardo voleva superare i propri predecessori, concentrandosi nelle possibilità di raffigurazione insite nel moto selvaggio del cavallo. Quest’ultimo nel primo progetto, poi ridotto invece nel secondo alla più tradizionale raffigurazione al passo, doveva avere la parte anteriore del proprio corpo completamente staccata dal suolo, pronta a calare sui nemici al comando del condottiero in grado di incanalare la potenza imbizzarrita dell’animale.

Il monumento equestre che non è più tale

L’ultimo esempio torna ad essere pittorico, e caso unico per quanto visto finora, si tratta di un personaggio ancora vivente al momento della raffigurazione; Tiziano dipinse diverse volte Carlo V, ma per celebrarne la vittoria contro i protestanti a Mühlberg scelse l’iconografia a cavallo. Non è più un monumento equestre, una commemorazione, ma un ritratto della persona più potente del mondo a quella data. Torna infatti la rappresentazione di un imperatore, che si erge dritto ai limiti di un bosco, calmo e autorevole nei doveri del suo ruolo che lo sfibrava nel controllo dei suoi possedimenti in tre continenti.

La diagonale astratta

La lancia, da vedere in rapporto alla diagonale bastone-spada del Gattamelata, muove dritta in avanti, ma solamente di poco inclinata verso l’alto. Una linea quasi astratta che in sé condensa la lenta e sicura marcia, la vittoria presente e futura che un tema così antico continua rappresentare al meglio anche in pieno sedicesimo secolo, e che proseguirà a farlo anche successivamente grazie al rinnovato vigore che il tema ebbe nel periodo da noi affrontato.

Giacomo Tiscione

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