«La banalizzazione è il prezzo della comunicazione.»
Così recita la citazione di Nicolás Gómez Dávila. E così oggi determinati cliché sembrano non voler sradicarsi e librarsi in volo. Come ci si sente ad essere intrappolati nel cliché del mondo LGBT? Come deve essere svegliarsi di buon mattino, in un 2017 ormai inoltrato, consapevoli che al di fuori del tepore delle quattro mura domestiche, attende un mondo non proprio gentile?
Vittima dei clichés, dei pregiudizi, delle occhiatine di troppo, è sicuramente il mondo LGBT. La loro colpa primordiale? Essere se stessi. Vietato essere te stesso tranne se figuri nella normalità. Cos’è la normalità? Principalmente il non ostentare quell’atteggiamento contro natura! Cosa potrebbe pensare la mite donna pia del pianterreno? Indossa le tua maschere di finzione, e anche subito.
Maschere indossate anche durante il così tanto appariscente Gay Pride. Da sempre simbolo di estrosità, vanità, sfarzo ma soprattutto tanto e tanto orgoglio, proprio come richiama il nome stesso dell’evento. Una persona libera da barriere mentali e sociali non avrà nulla da obiettare, questo è certo, ma non sempre è così. Polemiche sterili e critiche al vetriolo piombano dal cielo direttamente sulle spalle di chi combatte semplicemente per quei diritti civili e umani che di norma dovrebbero essere irrevocabili e non urlati a pieni polmoni durante una marcia.
La società dei benpensanti, o dei semplici omofobi in borghese, si sente spesso disturbata da queste “ostentazioni”. Atteggiamenti, dicono, osceni e volgari. Il bombardamento televisivo, e spesso solo visivo, dell’oggettificazione sessuale è una novità prettamente omosessuale, a quanto pare.
Ma parliamoci chiaro. Cosa c’è di meglio di trasgredire? Il coraggio di andare oltre i limiti immaginari imposti da retaggi culturali di troppo, una trasgressione nell’accezione più positiva del termine. In breve: LIBERTA’. La libertà di poter assecondare la propria natura senza vergogna. La libertà di potersi abbracciare nel bel mezzo di una piazza senza paura di suscitare qualche reazione spropositata. Libertà giuridica. Libertà di sposarsi, libertà di adottare. La libertà in quanto essere umani. Perché di esseri umani si parla. Niente più e niente meno. Banale retorica? Può darsi. Ma è più o meno ciò che concerne il mondo eterosessuale nella quotidianità, senza le lagnanze e moralismi ipocriti di contorno.
«Express yourself, don’t repress yourself» Madonna
Spesso la libertà sembra scontare sempre di più un caro prezzo. Soprattutto per queste persone ghettizzate in un circuito chiuso, in situazioni che talvolta non trovano vie d’uscita se non in tragici eventi. Le notizie di suicidi, torture, pestaggi, bullismo ai danni di queste persone (spesso adolescenti) sembrano non destare la stessa preoccupazione o empatia che potrebbe suscitare qualsivoglia altra notizia di cronaca nel globo. Dietro alle seminudità, al trucco pesante, ai tacchi dai cm di troppo spettacolarizzati durante queste “carnevalate”, si combatte anche per questo.
A questo punto viene spontaneo chiedersi: perché non accogliere con tale indifferenza anche l’evento del Gay Pride? Una contraddizione di fondo che non cesserà mai d’esistere. Forse l’atto di puntare il dito contro ciò che non si conosce –o che non si vuol conoscere- riesce meglio in quanto viene disteso verso l’esterno.
Eppure nel mondo LGBT si parla di amore, uguaglianza e normalità. Proprio quella normalità.
Ilaria Riccio