E’ una spedizione da record, quella della nazionale italiana di atletica che da venerdì sarà impegnata nei Mondiali di Doha. Sono ben 66 gli atleti azzurri che prenderanno parte alla rassegna iridata: 34 uomini e 32 donne. Un segnale positivo, per il nostro movimento, anche se va detto che ad ingrossare le fila della squadra sono soprattutto le staffette. La speranza è che a tanta quantità, corrisponda anche la qualità delle prestazioni, ma non è il caso di farsi troppe illusioni.
POCHE CHANCE DI MEDAGLIA
In un panorama internazionale sempre più competitivo, realisticamente, per contare quali italiani possono lottare per il podio, sono sufficienti le dita di una sola mano. Le punte della squadra sono Gianmarco Tamberi e Antonella Palmisano. Il saltatore in alto marchigiano, dopo aver vinto in primavera l’oro agli Europei indoor di Glasgow con la misura di 2 metri e 32 ha avuto diversi problemi , ma resta uno degli atleti più forti della specialità.
Ci sono quindi tutte le carte in regola per portarsi a casa una medaglia, che avrebbe un valore importante anche in vista dei Giochi di Tokyo, il vero obiettivo di Tamberi dopo aver mancato Rio per infortunio. Meglio di lui, in stagione, ha fatto in realtà l’altro azzurro Stefano Sottile, capace di saltare 2,33 metri agli assoluti. Il giovane piemontese potrebbe essere una delle liete sorprese, a patto di non caricarlo di troppa pressione.
Antonella Palmisano è invece l’unica azzurra ad essere salita sul podio nell’edizione 2017, quando vinse il bronzo. Un risultato ripetuto anche lo scorso anno agli Europei e che ne fa una delle grandi favorite della 20 chilometri di marcia femminile. Con lei non ci sarà più Eleonora Giorgi, che ha deciso di buttarsi sulla distanza lunga, quella dei 50 km.
Altri nomi che potrebbero regalarci qualche soddisfazione sono quelli di Yeman Crippa nelle gare di mezzofondo maschile (5.000 e 10.000 metri), Daniele Meucci e Yassine Rachik nella maratona e Alessia Trost nell’alto femminile. Quanto a Filippo Tortu, per lui sarebbe già un risultato strabiliante entrare in finale, impresa che visto l’andamento della stagione appare fuori portata.
Per gli altri, l’obiettivo sarà quello di ben figurare, cercando magari di ottenere qualche finale e se possibile tempi e piazzamenti che valgano la qualificazione olimpica (per esempio, le staffette vanno a Tokyo se entrano tra le prime otto).
CALDO E GARE NOTTURNE
Sarà un Mondiale particolare per una serie di motivi. Tra questi c’è sicuramente il gran caldo. Nonostante si sia deciso di gareggiare per la prima volta in autunno, e non ad agosto come al solito, le condizioni a Doha sono complicate. Per questo motivo le gare di lunga distanza (marcia e maratona), saranno disputate in orario notturno. La partenza è prevista fra le 23 e 30 e la mezzanotte, l’arrivo in piena notte, soprattutto per la maratona.
Una situazione nuova, che ha costretto le squadre a cambiare i programmi di allenamento nelle settimane precedenti il Mondiale, e che potrebbe incidere notevolmente sull’esito delle competizioni. Oltretutto, a mezzanotte la temperatura media sarà ancora sui 30 gradi, quindi piuttosto calda. Ma d’altronde questo rischio si correrà anche il prossimo anno a Tokyo dove solitamente l’afa di luglio e agosto è asfissiante.
RUSSIA ANCORA FUORI
Resta poi aperta la questione Russia, che salterà anche questa rassegna iridata. La sospensione della federazione, iniziata ormai nel novembre 2015, è stata confermata dalla Iaaf, mentre L’agenzia mondiale antidoping contesta una serie di incongruenze relative ai dati del laboratorio antidoping di Mosca. In particolare, mancherebbero informazioni su decine di atleti trovati positivi negli ultimi anni. La Wada avrebbe concesso tre settimane di tempo alle autorità sportive russe per fornire spiegazioni. Intanto, come già accaduto nelle precedenti rassegne internazionali, a partire da Rio 2016, gli atleti che hanno dimostrato di essere puliti potranno gareggiare come neutrali. Ma a questo punto, sale la preoccupazione per la possibilità che la Russia sia esclusa anche dai Giochi di Tokyo.
DINO CARDARELLI