L’artista russo Andrei Molodkin ha minacciato di distruggere 16 capolavori d’arte, tra cui opere di Picasso, Warhol e Rembrandt, per un valore stimato di oltre 40 milioni di dollari, nel caso in cui Julian Assange morisse in stato di prigionia. Attualmente, Assange è coinvolto in un complicato processo presso l’Alta Corte di Londra, la quale deciderà sul suo destino riguardo all’estradizione negli Stati Uniti. Tale gesto di Molodkin, volto a richiamare l’attenzione sulla situazione umana e giudiziaria di Assange, ha acceso un dibattito di estrema attualità, considerando come gli attivisti di “Ultima Generazione” utilizzino opere d’arte, esposte in importanti musei internazionali, per attirare l’attenzione politica sul fenomeno del cambiamento climatico. Tuttavia, in questo caso, non si tratta di semplice vandalismo su una teca di plexiglas; qui il gesto sarebbe definitivo.
Il processo per l’estradizione di Julian Assange
Il 20 e il 21 febbraio, l’Alta Corte di Londra è al centro di un cruciale processo che determinerà il destino di Julian Assange, cofondatore di WikiLeaks. Quest’ultimo rischia l’estradizione negli Stati Uniti, dove dovrà affrontare gravi accuse legate alla pubblicazione di documenti secretati che raccontano crimini di guerra compiuti dal governo degli Usa. La moglie di Assange, Stella, ha esercitato pressioni affinché il tribunale respinga la richiesta di estradizione, sottolineando che questa decisione potrebbe influenzare profondamente la vita dell’attivista, già segnato fisicamente e mentalmente dalla detenzione nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh: “Questo caso è destinato stabilire in sostanza se egli vivrà o morrà”, sono le parole di Stella Assange riportate da ANSA. Per via del suo stato di salute, Assange non si è presentato in tribunale, obbligato al collegamento video dalla sua cella. Sono tanti gli attivisti che si sono radunati fuori dal tribunale per sostenere la causa di Assange, chiedendo la sua liberazione e difendendo la libertà di stampa e i diritti umani. Se l’appello del cofondatore di WikiLeaks avrà esito negativo, l’ultima possibilità per evitare l’estradizione sarebbe la Corte europea dei diritti dell’uomo.
Andrei Molodkin: sangue di innocenti
Andrei Molodkin nasce nel 1966 a Buy, nell’Oblast di Kostroma, una piccola città nel nord-ovest della Russia. Dopo aver servito nell’esercito sovietico dal 1985 al 1987, si laurea nel 1992 in Architettura e Interior Design presso l’Università Statale di Arti e Industria Stroganov di Mosca. Nelle sue installazioni vengono frequentemente impiegati sistemi meccanici complessi, che pompano sangue e petrolio grezzo all’interno di sculture in resina acrilica, l’utilizzo di questi fluidi nelle sue opere apre una riflessione sulle implicazioni politiche ed economiche del sistema capitalista, queste installazioni empiriche-concettuali, sono spesso accompagnate da frasi che contestualizzano il messaggio dell’artista. Nel 2009 partecipa al Padiglione Russo della 53ª Biennale di Venezia con l’opera “Le Rouge et le Noir“, l’installazione mescola il sangue di un soldato russo veterano della guerra in Cecenia con del petrolio proveniente dalla medesima terra, all’interno di un blocco in resina acrilica con le sembianze della celebre Nike di Samotracia, statua esposta al Louvre raffigurante la dea greca. Nel 2013 ha realizzato la mostra “Catholic Blood” nella Void Gallery a Derry, in Irlanda del Nord, suscitando polemiche per l’utilizzo di sangue donato da cattolici locali, pompato intorno ad una riproduzione della Rosa dei Venti che adorna la facciata del Palazzo di Westminster, conosciuto anche come The Houses of Parliament. L’opera affronta il Catholic Relief Act del 1829 e la clausola della costituzione britannica che vieta a un membro del parlamento di consigliare il sovrano su questioni ecclesiastiche se di fede cattolica, portando alla convinzione implicita che nessun primo ministro britannico potrebbe mai essere di fede cattolica mentre ricopre tale carica. Riprende il tema religioso nel 2023, realizzando un’installazione raffigurante lo stemma del Vaticano, che intende ricoprire con il sangue donato dalle vittime di abusi sessuali protratti dalla chiesa cattolica, per poi proiettarla alle porte di piazza San Pietro. Molodkin si arma della sua arte anche contro l’invasione dell’Ucraina portata avanti dal suo paese natio: realizza prima “Putin Filled with Ukrainian Blood”, scultura che ritrae Vladimir Putin cosparso del sangue di otto cittadini ucraini, amici dell’artista, che si sono recati nella loro patria come volontari per difenderla dall’invasore; e successivamente l’opera “Bloody Democracy”, raffigurante la parola “Democracy” ricoperta dello stesso sangue. Le due opere sono state proiettate a Pisa, sulle pareti del centro espositivo museale SMS, in occasione dell’anniversario dell’inizio della guerra iniziata il 24 febbraio 2022. Attualmente Molodkin vive e lavora tra Parigi e il sud della Francia, e le sue opere sono presenti in importanti collezioni pubbliche e private, tra cui la collezione nazionale della Tate.
Il progetto per Assange: Dead Man’s Switch
Il progetto Dead Man’s Switch, ovvero l’operazione di salvataggio di Julian Assange dell’artista, consiste nell’aver riposto all’interno di una cassaforte in una stanza nascosta, situata in un rifugio francese sui Pirenei, 16 opere d’arte, tra cui capolavori di Picasso, Rembrandt, Warhol e Jannis Kounellis, valutate circa 45 milioni di dollari. Molodkin ha preso in “ostaggio” queste opere prestategli da collezionisti e artisti amici, ma non ha rivelato quali esse siano. Una conferma sul fatto che egli non stia bluffando è giunta dal gallerista milanese Giampaolo Abbondio, che ha donato un Picasso all’artista. Molodkin ha dichiarato che la morte di Assange in prigione attiverà la distruzione delle opere tramite un meccanismo. All’interno della cassaforte, ha posizionato una sostanza corrosiva per distruggere i dipinti in caso di attivazione. Il dispositivo è collegato a un timer di 24 ore, che deve essere resettato da qualcuno vicino ad Assange per confermare che egli sia ancora in vita. Se il timer raggiunge lo zero, le opere saranno distrutte; altrimenti, saranno restituite ai donatori. Molodkin ha definito Dead Man’s Switch un’opera concettuale, non un atto di attivismo politico, sperando di rappresentare il nostro tempo attraverso questa iniziativa. Ha sottolineato di non credere che le opere verranno effettivamente distrutte, ma di voler avviare una discussione sulla vita e sull’arte, soprattutto in relazione al caso di Assange e alla libertà di espressione.