Molestie online, scoppia il caso oltre 200 vittime

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Nuovo caso di “Me Too” tutto italiano, anche le molestie al passo con i tempi sbarcano nel mondo dell’online

Era il 2017 quando Oprah teneva mezzo mondo con il fiato sospeso durante il discorso di apertura dei Golden GLOBE. Il movimento “Me Too”, già consolidato nel mondo del digitale con l’uso del medesimo hashtag, sbarcava in quello reale. Nasce per denunciare le molestie  subite sul posto di lavoro nel panorama Hollywoodiano, producendo a catena il coinvolgimento di centinaia di donne, vittime del medesimo malato meccanismo. Internet diventa lo strumento non solo di denuncia ma anche di sostegno per tutte le vittime di abusi e molestie. Una rete (per usare letteralmente la sua traduzione) intessuta non per soffocare ma per supportare e dare voce a tutte coloro alle quali era stata tolta.

RECENTI SVILUPPI

Cinque anni dopo le cose sono cambiate ma non nel modo in cui ci aspetteremmo, la condotta si evolve e si trasforma da semplice in molestia online. Arriva dalla Puglia la denuncia di una giovane studentessa Noemi De Vitis che assume contorni preoccupanti su scala nazionale. A seguito di accertamenti medici la ragazza riceve una chiamata da un presunto ginecologo dell’ospedale di Tricase. L’uomo, a conoscenza di private informazioni sanitarie, aveva videochiamato la giovane fornendo una consulenza oltre che non richiesta anche parecchio spinta. Noemi, insospettita, effettua delle ricerche online ma del medico non vi è traccia. Il nome risulta inesistente e l’ospedale estraneo alla vicenda. Il post pubblicato per sfogo su Facebook produce effetti che non ci si aspetterebbe.

IL VASO DI PANDORA

Da tutta Italia sono sempre di più le donne che, unendosi all’appello di Noemi, lamentano analoghe molestie online. La modalità è sempre la stessa e coinvolge ad oggi più di 200 donne. Tra i vari casi alcuni sono anche risalenti ma tutti condividono il fatto di essere stati inascoltati. Molte sono infatti le vittime che affermano di aver sporto denuncia ai carabinieri. “Avevano l’aria divertita mentre raccontavo l’accaduto” si legge tra i centinaia di messaggi che sarebbero arrivati alla giovane nelle scorse ore tramite i suoi canali social.

UNA TUTELA INESISTENTE

Un messaggio che fa male come un calcio. A cosa servono le campagne per esortare le donne alla denuncia se poi il supporto delle autorità competenti in un caso evidente di molestie online non esiste? Il fatto che la condotta sia compiuta senza un contatto fisico ma tramite una webcam non ne elimina la gravità e la pericolosità. Comunque la si veda è sempre una molestia (oltre che una preoccupante violazione di privacy) anche se online. Un vaso di Pandora inesorabilmente aperto che appare come un cugino digitale del caso americano.

UNIRE LE FORZE

Qualcosa però è cambiato davvero. Prendendo ispirazione dall’antecedente d’oltre oceano, le voci si sono unite fino a formare un coro potente e deciso. Internet mezzo per molestare diventa strumento per denunciare. La mobilitazione è ormai partita e con le migliori intenzioni. Le testimonianze sono state raccolte in un tempo record  sfruttando il mondo del web e i suoi folli ritmi. Molte sono le figure che si sono interessate alla vicenda e hanno aperto vari sportelli d’ascolto e di supporto legale divisi per città.  Anche celebri pagine hanno manifestato la loro vicinanza, nel tentativo di diffondere la notizia.

Il messaggio che si cerca di mandare è importante: chiunque sia coinvolta non è sola. In un mondo al contrario in cui la vittima viene criticata e il carnefice giustificato unire le forze sembra l’unica via per invertire la rotta!

Sofia Margiotta

 

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