Mohammed Wasim Moaz, ultimo pediatra rimasto ad Aleppo, è morto il 28 Aprile mentre si prendeva cura dei suoi piccoli pazienti.
La guerra è l’essenza dell’ingiustizia e della crudeltà e Mohammed Wasim Moaz è l’ennesima vittima sacrificale, è un’altra macchia sulla coscienza del mondo, lui e i bambini che si trovavano ricoverati nell’ospedale Al Quds. Il reparto, gestito dai Medici senza frontiere, è stato colpito dalle bombe lanciate dai ribelli; nell’attacco altri medici e decine di pazienti, di cui molti bambini, sono morti insieme ad Wasim Moaz.
Egli era un medico e, in quanto tale, ha fatto un giuramento a cui ha prestato fede fino all’ultimo giorno, ha onorato la sua missione fino all’ultimo respiro. “Cosa farebbero senza di me tutti questi bambini? Chi si occuperebbe di loro?”. Questo diceva ad amici e colleghi che già avevano abbandonato la città e che temevano per la sua vita.
Wasim Moaz, che aveva solo 36 anni e tra pochi mesi avrebbe dovuto sposarsi, ha scelto la vita dei più innocenti e l’ha anteposta alla sua. Un atto di estrema generosità da parte di un uomo semplice che non ha esitato di fronte alle bombe e alle distruzioni. Un eroe puro e sincero, di quelli che al giorno d’oggi sono così rari da stupire sempre per la loro esistenza.
Viviamo in tempi in cui si giudica straordinario il coraggio di chi rimane e, nonostante la tragedia, non si sottrae di fronte al suo dovere. Sono persone straordinarie perché la maggior parte del mondo rimane cieco e muto, immobile in un’inerzia sempre più dilagante.
Aleppo, la città più popolosa della Siria, è ormai devastata dagli scontri della guerra civile che da cinque anni è in corso tra l’esercito del regime di Bashar al-Assad e i ribelli dell’opposizione.
Si dice che in guerra non vi siano regole, ognuno può e deve fare il possibile per vincere, per prevaricare sul nemico. Eppure non dovrebbe essere così. Non si dovrebbero colpire gli innocenti, gli indifesi. Bombardare un ospedale è un atto di estrema crudeltà, oltre che di grande vigliaccheria.