La mobilità sostenibile in Italia registra ancora progressi limitati, non sufficienti a scardinare l’egemonia dell’automobile come mezzo principale di trasporto. Nonostante alcune iniziative volte a promuovere mezzi alternativi e modalità più sostenibili di spostamento, la realtà descritta dal 21° Rapporto Audimob sulla mobilità degli italiani, curato dall’Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti (Isfort), mostra un panorama in cui l’auto domina ancora incontrastata. L’indagine, presentata presso il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), evidenzia le difficoltà strutturali e culturali che rallentano la transizione verso un modello di mobilità più sostenibile.
I numeri: l’auto regina incontrastata degli spostamenti
Nel 2023, ben il 65% degli italiani ha scelto l’auto per i propri spostamenti quotidiani. Sebbene si registri una lieve flessione rispetto al 2022 (-1,6%), il dato è comunque in crescita rispetto al 2019, segnando un aumento del 2,5%. Il numero totale di veicoli circolanti in Italia ha ormai superato i 40 milioni, a conferma di quanto il Paese dipenda ancora fortemente dal trasporto privato.
Tra le vetture in circolazione, il rapporto sottolinea un altro dato rilevante: il 23% del parco auto nazionale ha più di 20 anni, un aumento significativo rispetto al 2010, quando questa quota era inferiore alla metà. Anche rispetto al 2020, si osserva un incremento (dal 19,1% al 23%), indicando un progressivo invecchiamento del parco veicolare italiano. Ciò rappresenta un ulteriore ostacolo per la sostenibilità, considerando che le auto più vecchie tendono a essere meno efficienti e più inquinanti.
Mobilità pedonale e ciclabile: passi avanti troppo lenti
Seppur in aumento, gli spostamenti a piedi e in bicicletta non riescono a scalzare il predominio delle automobili. La mobilità pedonale, ad esempio, registra un lieve incremento, ma rimane comunque confinata a una quota minoritaria degli spostamenti totali. Le infrastrutture dedicate, come piste ciclabili e percorsi pedonali sicuri, continuano a essere insufficienti in molte aree del Paese, specialmente nelle periferie urbane e nei centri di medie dimensioni.
L’Italia sembra ancora lontana dai modelli virtuosi di altri Paesi europei, dove la mobilità sostenibile rappresenta una priorità strategica supportata da investimenti significativi. Le città italiane, nonostante alcune iniziative lodevoli, non riescono a offrire alternative realmente competitive rispetto all’auto privata, lasciando spazio a scelte di mobilità tradizionali e poco sostenibili.
Trasporto pubblico locale: tra criticità e potenzialità inespresse
Un’altra nota dolente è rappresentata dal trasporto pubblico locale (TPL), che fatica a guadagnare terreno rispetto al trasporto privato. L’infrastruttura di trasporto pubblico soffre di carenze croniche, sia in termini di copertura territoriale che di frequenza e affidabilità dei servizi. Nonostante le iniziative di modernizzazione e il supporto delle associazioni di settore come Agens e Asstra, il TPL non riesce ancora a soddisfare le esigenze di mobilità di una vasta parte della popolazione.
La difficoltà di accedere a servizi di trasporto pubblico efficienti e capillari spinge molti italiani a scegliere l’auto, soprattutto nelle aree rurali e suburbane, dove le alternative sono spesso inesistenti o poco pratiche. Questo circolo vizioso contribuisce a rafforzare la centralità dell’auto nella vita quotidiana, rendendo ancora più complessa la transizione verso modalità di trasporto più sostenibili.
Le sfide per la mobilità sostenibile: cultura, infrastrutture e incentivi
Promuovere una mobilità più sostenibile richiede un approccio multidimensionale che coinvolga cultura, infrastrutture e politiche di incentivazione. Il primo ostacolo è di natura culturale: l’auto è profondamente radicata nell’immaginario collettivo come simbolo di libertà e comodità, un fattore che ne rende difficile il superamento.
Sul piano infrastrutturale, sono necessarie misure più ambiziose per sviluppare reti di piste ciclabili, marciapiedi sicuri e servizi di trasporto pubblico di qualità. La frammentarietà delle iniziative attuali, spesso limitate a interventi locali o sporadici, non consente di creare un sistema integrato e competitivo.
Infine, un ruolo cruciale potrebbe essere giocato dagli incentivi economici e fiscali, come la riduzione dei costi per l’utilizzo di mezzi pubblici, agevolazioni per l’acquisto di veicoli elettrici o la creazione di zone a traffico limitato. Tuttavia, tali misure devono essere accompagnate da un’offerta concreta e affidabile di servizi alternativi, pena il rischio di lasciare intere fasce di popolazione senza opzioni praticabili.
Il ruolo delle istituzioni: obiettivi ambiziosi, ma attuazione lenta
Non mancano le dichiarazioni di intenti e i piani strategici a favore della mobilità sostenibile, ma l’attuazione concreta spesso lascia a desiderare. A livello nazionale, si osservano discrepanze tra le politiche annunciate e le risorse effettivamente stanziate, mentre a livello locale molte amministrazioni faticano a tradurre le linee guida in interventi operativi.
Le recenti politiche europee, come il Green Deal e il Piano per la Mobilità Urbana Sostenibile (SUMP), rappresentano un’occasione importante per colmare il divario, ma richiedono un impegno più deciso da parte dell’Italia. L’allocazione di fondi comunitari, se ben gestita, potrebbe fungere da catalizzatore per una transizione più rapida e inclusiva.
Un futuro ancora da costruire
Il 21° Rapporto Audimob traccia un quadro chiaro delle sfide che l’Italia deve affrontare nel percorso verso una mobilità più sostenibile. Sebbene si intravedano segnali positivi, come il leggero calo nell’uso dell’auto rispetto all’anno precedente, i progressi sono ancora troppo lenti per soddisfare le esigenze ambientali e sociali del nostro tempo.
Il cambiamento richiede non solo investimenti infrastrutturali e politiche innovative, ma anche una trasformazione culturale profonda.