No, non si tratta di un mio titolo acchiappa click, è l’articolo diffuso dall’Università della California a Davis a parlare di mistero cosmico. La ricerca è stata pubblicata su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, La costante di Hubble è il tasso a cui l’universo si espande, circa sei mesi fa scrissi a proposito di una nuova misurazione che confermava che l’espansione dell’universo è in accelerazione. Come mai ora parliamo di mistero della costante di Hubble? Il mistero riguarda il suo esatto valore, un “numeretto” fondamentale nella nostra comprensione dell’universo, a seconda del suo valore potremmo essere costretti a inventare una nuova fisica per spiegarlo. Il punto è che man mano che tentavamo di raffinare la nostra misurazione e di renderla più precisa abbiamo ideato vari metodi per calcolarla e i risultati che stiamo ottenendo sono i più disparati.
Ovviamente al primo presentarsi della discrepanza il rasoio di Occam (la spiegazione più semplice è probabilmente quella giusta) suggerì che si potesse trattare di imprecisioni nella misurazione, ma più diventiamo bravi e più certe discordanze sembrano consolidarsi. La misurazione del presente studio (firmato dal professor Chris Fassnacht e dallo studente laureato Geoff Chen insieme ad altri colleghi) si è attestata su una velocità di espansione dell’universo di 76,8 chilometri per secondo per megaparsec (un parsec è poco meno di 31000 miliardi di chilometri, un megaparsec è un milione di parsec, vi renderete quindi conto di che livelli di precisione stiamo parlando) , una misurazione di due anni fa che utilizzava lo stesso metodo (basato sull’osservazione di lontane galassie) ma osservazioni fatte col telescopio spaziale Hubble invece che col telescopio Keck delle Hawaii diceva 71,9, un team della John Hopkins aveva trovato 74,03 utilizzando un metodo basato sull’osservazione delle cefeidi.
Queste misure basate sull’osservazione di galassie e stelle lontane non sono diversissime tra loro ma esiste un altro metodo per misurare la costante di Hubble che si basa sulla radiazione cosmica di fondo a microonde che ha dato 67,4 (dando per scontato che il cosiddetto modello standard dell’espansione dell’universo sia corretto), un’altra tecnica di misurazione adottata da Wendy Freedman e colleghi all’Università di Chicago ha dato 69,8.
Rischiamo di perderci nei numeri, che non sono così importanti in un articolo divulgativo, il succo del discorso è che esiste ancora la possibilità che alcune delle misurazioni siano viziate da qualche errore sconosciuto ma sempre più astrofisici si stanno convincendo che esiste un mistero della costante di Hubble da svelare e per quanto a noi una differenza di 5 o 6 km per secondo su una distanza di migliaia di milioni di miliardi di chilometri possa non sembrare gran cosa può fare la differenza tra il buttare nella pattumiera o no il modello standard (o perlomeno arrivare alla conclusione che sia da superare).
Roberto Todini