I buchi neri fino al 1971 erano oggetti teorici previsti dalla Teoria della Relatività (ma Einstein non li chiamò mai così, l’invenzione del suggestivo nome risale al 1967 da parte dell’astronomo John Wheeler) , da allora di strada ne è stata fatta nella comprensione di questi oggetti, grazie a strumenti sempre più potenti siamo stati in grado di scoprire ed osservare (se non direttamente il buco nero quello che gli sta attorno) molte di queste meraviglie del cosmo e confrontare quanto trovato coi modelli teorici. Ma se pensavamo di aver capito tutto la ricerca di cui ha dato notizia la NASA, perché deriva da osservazioni eseguite con il telescopio spaziale Hubble, ci dice che i misteri dei buchi neri non sono finiti. Permettetemi un po’ di orgoglio nazionalista, la NASA ci ha messo Hubble ma lo sforzo è internazionale e parla soprattutto italiano, infatti l’articolo pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society vede come primo autore Stefano Bianchi dell’Università Roma Tre, Marco Chiaberge che collabora con l’ESA ma anche con lo Space Telescope Science Institute e la Johns Hopkins University, e tra gli altri numerosi scienziati che hanno firmato lo studio: Alessandro Capetti dell’INAF osservatorio astrofisico di Torino e Loredana Bassani dell’INAF di Bologna solo per citarne alcuni.
Ma che hanno scoperto? Un disco di accrescimento dove non pensavano di trovarne uno, attorno al buco nero al centro della galassia NGC 3147 (la spettacolare galassia a spirale che vedete in foto) che dista 130 milioni di anni luce da noi.
Ovviamente non è una semplice curiosità, sembra inutile precisarlo, ma le mie sono news rivolte anche e soprattutto a chi è davvero a digiuno di cognizioni scientifiche, il punto è che quando troviamo qualcosa che secondo i nostri modelli non dovrebbe essere là vuol dire che i nostri modelli sono sbagliati o perlomeno hanno bisogno di qualche correzione.
Noi pensavamo che i dischi di accrescimento fossero tipici solo di buchi neri belli pasciuti che gozzovigliano a quattro ganasce, invece NGC 3147 è un buco nero che muore di fame, perdonate il linguaggio non scientifico e persino scherzoso, ma credo spieghi bene il concetto, tutti sappiamo che i buchi neri sono degli aspirapolvere che inghiottono senza pietà quello che sta loro intorno, gli spettacolari dischi di accrescimento che hanno permesso di scoprire i primi buchi neri si pensava che sotto un certo livello di afflusso di materia non esistessero più, gli scienziati in realtà avevano puntato questo buco nero proprio per confermare questa teoria, invece sorprendentemente hanno scoperto gas in movimento le cui caratteristiche potevano essere spiegate solo dalla presenza di un disco molto sottile e molto vicino al buco nero, ecco perché ho titolato “i misteri dei buchi neri non sono finiti” o perlomeno dobbiamo ammettere che non abbiamo ancora capito davvero tutto della fisica che regola loro e ciò che vi gira intorno.
Ma c’è un altro motivo, oltre al fatto che non avrebbe dovuto (per quanto ne sapevamo) essere lì, per cui la scoperta del disco di accrescimento di NGC 3147 è molto importante: a causa dell’estrema vicinanza le mostruose forze gravitazionali del buco nero influenzano il comportamento dei fotoni, un’occasione unica per osservare gli effetti sulla luce visibile previsti sia nella Teoria della Relatività Generale che in quella della Relatività Ristretta.
Roberto Todini