Appendice del Surrealismo, l’arte di Pierre Roy, artista francese degli anni trenta, riecheggia “la pittura a inganno” tipica del settecento.
Egli la rielabora e la contestualizza nel periodo contemporaneo, accogliendo il principio di imitazione alla base, connotando le sue opere di un senso di mistero e un’atmosfera onirica e estraniata dal reale.
Un’ironia allusiva avvolge il suo capolavoro: “Una giornata in campagna” (1931), dove il respiro surrealista si percepisce nella forzatura di una composizione alterata dove gli oggetti raffigurati vengono dipinti con dimensioni deformate. Nonostante le sproporzioni, il realismo della narrazione visiva è efficace, anche nell’utilizzo di colori densi e contorni definiti. I calici di vino le tenute signorili, curati nei minimi particolari, si stagliano nell’azzurro del cielo quasi a sembrare “apparenza di sé stessi”. L’effetto visivo della verosimiglianza accredita la visione rappresentata.
Pierre Roy dimostra abilità nella creazione di artifizi intellettuali che creano un’armonia illusoria. Porre accanto oggetti decontestualizzati, ma rispondenti alla loro descrizione reale indora di fiabesco il quadro, vivificato da una luce chiara, limpida che materializza la scena.
L’arte di Roy è campo di sperimentazione visiva che rielabora il principio del dissimulare a favore di una sua esasperazione verso il suo allontanamento dal reale e l’immersione totale in un fluido misterico. Rappresentazione del sogno e del desiderio, della tensione e della trazione verso l’indefinibile. L’opera non risulta più solo ingannevole visivamente, ma trascende l’artificio esclusivamente ottico e l’intenzionalità di ricreare il reale su una superficie bidimensionale. L’intento è di produrre un nuovo “Reale” costituito da una verosimiglianza di oggetti che dialogano tra loro con un nuovo linguaggio, avulso dai parametri convenzionali. Una dimensione ultra-reale, che lo accoglie e lo supera, riconoscendo il suo valore artistico, ma articolandolo in una diversa successione intellettiva.
“La perfezione di un’opera di Belle Arti non si misura dal più Bello ma dalla più perfetta imitazione della natura”. (Leopardi, Zibaldone).
Costanza Marana