Le mine antiuomo sono ordigni potenti e pericolosi, messi al bando da un Trattato globale del 1997. Ma non tutti i Paesi hanno aderito all’accordo, continuando a provocare migliaia di vittime innocenti
La Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo (ICBL) – coalizione globale di ONG presieduta da Human Rights Watch – ha pubblicato il Landmine Monitor 2023, l’annuale rapporto sul Trattato internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo.
Secondo il report, Russia, Myanmar e Ucraina hanno fatto uso di mine antiuomo. A questi, si aggiungono gruppi armati non statali di Colombia, India, Myanmar, Thailandia e Tunisia. E le vittime di questi ordigni, nel 2022, sono state circa 4.710.
Il Trattato per la messa al bando delle mine, adottato nel settembre 1997, vieta le mine antiuomo e richiede ai Paesi in possesso di tali ordigni di distruggerne le scorte, bonificare le aree colpite e assistere le vittime. Ad oggi, 164 Paesi lo hanno sottoscritto. Ma non tutti hanno risposto agli obblighi del Trattato.
In più, diversi Paesi non hanno ancora aderito.
C’è ancora molto lavoro da fare per garantire l’eliminazione di queste armi.
Convenzione di Ottawa: messa al bando e Nobel per la Pace
Le mine antiuomo sono ordigni esplosivi posizionati a terra o seppelliti, e si attivano tramite la presenza, la vicinanza o il contatto di una persona.
Possono essere improvvisati con materiali locali, o prodotti in una fabbrica.
Le mine, in genere, sono posizionate a mano. Ma possono anche essere lanciate da aerei, razzi e artiglieria, o disperse sui terreni da veicoli specializzati.
Il loro utilizzo favorisce lo sfollamento della popolazione civile, ostacola la consegna degli aiuti umanitari, ma non fa distinzioni tra soldati e civili.
Nel 1997, grazie all’impegno dell’ICBL, venne emanata la Convenzione di Ottawa per la messa al bando delle mine, lo smantellamento delle scorte e il supporto alle vittime. Quello stesso anno, La fondatrice dell’ICBL, Jody Williams, vinse il Nobel per la Pace.
Ad oggi, 164 Paesi su 197 hanno aderito. Tra questi ci sono tutti i membri della NATO, ad eccezione degli USA (che si impegnano a non utilizzarle in nessuna parte del mondo, ad eccezione della penisola coreana).
Gli ultimi due Paesi ad aderire al Trattato sono stati Palestina e Sri Lanka, nel 2017.
Chi produce e chi smantella: la situazione nel mondo
La maggior parte delle mine presenti nel mondo sono state prodotte in Armenia, Cina, Cuba, Corea del Nord, Pakistan, Singapore, Corea del Sud, Vietnam, India, Iran, Myanmar e Russia. Tuttavia, mentre la maggior parte di questi Paesi ha interrotto la produzione – e dichiarato di non volerla riprendere –, gli ultimi quattro starebbero producendo attivamente mine antiuomo.
Per quanto riguarda le procedure di smantellamento, i tempi sono molto lunghi.
Dall’entrata in vigore del Trattato, il 1 marzo 1999, solo 33 Stati parte hanno completato la rimozione di tutte le mine antiuomo dal loro territorio. In totale, 94 Stati membri hanno distrutto completato la distruzione delle scorte, eliminando collettivamente più di 55 milioni di mine. L’ultimo è stato, nel 2021, lo Sri Lanka.
Altri 67 Paesi hanno dichiarato di non possedere scorte, fornendo un rapporto di trasparenza (Art. 7 Trattato di Ottawa). Ogni Paese membro dovrebbe fornire tale rapporto di anno in anno. In realtà, nel 2022, ne sono risultati solo 75.
La Grecia e l’Ucraina, ad oggi, possiedono ancora delle scorte, che sarebbero dovute essere già distrutte secondo scadenze quadriennali.
Non avendo portato a termine il lavoro, i due Paesi sono attualmente in violazione dell’Art. 4 del Trattato.
In merito a ciò, la Grecia ha dichiarato di star trasferendo le mine rimanenti in Croazia, dove dovrebbero essere distrutte entro i prossimi 18 mesi.
L’Ucraina, dopo l’invasione russa, ha affermato di star indagando sull’utilizzo di mine antiuomo da parte delle sue forze interne. Tra l’altro, bisogna considerare che i siti di stoccaggio e i terreni ucraini sono stati contaminati dalle mine antiuomo delle forze russe che, non avendo aderito al Trattato, possono colpire un Paese membro senza violare per questo la Convenzione.
Mine antiuomo: nel 2022, oltre 5.000 vittime
Le mine antiuomo, come spiega il vice-presidente dell’Archivio Disarmo, Maurizio Simoncelli, continuano ad uccidere nonostante gli sforzi per la messa al bando.
Le mine e i proiettili inesplosi colpiscono prevalentemente i civili, che spesso sono ignari che alcune aree siano minate. In particolare bambini e minori che magari rimangono incuriositi dalle munizioni inesplose e ci interagiscono, rimanendo poi feriti o mutilati, quando non perdono proprio la vita
Negli ultimi 20 anni, i morti sono stati oltre 130.000.
Nel 2019, il rapporto dell’Osservatorio delle Nazioni Unite rilevò un ritmo di un morto ogni ora a causa di un ordigno anti-uomo improvvisato.
Oggi, gli Stati contaminati dalla presenza di mine antiuomo sono oltre 60, tra qui Cambogia (Paese dove sono presenti più mine in assoluto), Afghanistan, Bosnia, Croazia, Turchia e Iraq, con più di 100 km quadrati di territorio invasi dalle mine.
Nel 2022, sono state almeno 4.710 le vittime (1661 morti, 3015 feriti, 34 non registrati) di mine e residuati bellici esplosivi in 51 Paesi.
Tra le perdite registrate, l’85% è costituito da civili. La metà di questi, secondo le stime, sono minorenni.
Tra i Paesi che, nel 2022, hanno registrato il maggior numero di vittime c’è l’Ucraina, che è attualmente contaminata da mine antiuomo, e ne fa uso pur avendo sottoscritto la messa al bando di queste armi. Difatti, è lo Stato che ha registrato il secondo numero più alto di morti (608).
Al primo posto, per il terzo anno consecutivo, c’è la Siria (non membro) con 834 vittime.
Infine ci sono Yemen e Myanmar, rispettivamente membro e non membro della Convenzione, che hanno registrato oltre 500 vittime.
“Un mondo senza mine antiuomo”: prospettive future
Come ha spiegato Mark Hiznay, direttore associato delle armi di Human Rights Watch e redattore di Landmine Monitor 2023, le mine antiuomo saranno eliminate solo quando tutti gli Stati del mondo aderiranno al Trattato.
Tutti i Paesi che non hanno vietato le mine antiuomo dovrebbero contribuire a porre fine alle vittime e alle sofferenze causate da queste armi.
Solo attraverso l’adesione universale il Trattato per la messa al bando, si può raggiungere l’obiettivo di un mondo senza mine antiuomo
Il rapporto redatto nel 2023 sarà presentato alla riunione annuale del Trattato per la messa al bando delle mine, che si terrà presso le Nazioni Unite a Ginevra dal 20 al 24 novembre.
L’obiettivo principale, secondo Hiznay, è quello di convincere altri governi ad aderire, tramite il buon esempio dei Paesi membri.
I governi dovrebbero garantire che siano dedicate risorse adeguate all’attuazione dei requisiti del Trattato per la messa al bando delle mine, in modo che i benefici dell’adesione siano chiari a tutti