Mindfulness: una pratica meditativa per curare scientificamente i disagi da tecnologia
Il disagio nevrotico da smartphone che non connette, non prende, si blocca, non chiama, non riceve, ce l’abbiamo tutti, inutile negarlo. Il disturbo d’attenzione, ovvero l’incapacità di concentrarci sulle parole dell’altro perché troppo distratti dalle notifiche sullo schermo, anche.
In maniera preoccupante rimaniamo prigionieri della nostra mente e delle nostre personali riflessioni: non ascoltiamo, non parliamo, non condividiamo se non su internet.
C’è un modo per evitare tutto questo?
Forse sì e arriva dagli anni ’80, in risposta allo stress crescente dell’uomo contemporaneo.
La pratica Mindfulness permette di tornare a “sentire a nudo”, non solo le emozioni, ma anche e soprattutto il corpo e le sue sensazioni.
Focalizzarsi su ogni singolo muscolo, trovare consapevolezza di qualunque crampo, disagio, pressione: questo aiuta a distinguere tra coscienza ed attenzione e a capire che le due cose viaggiano su due binari separati.
A ideare questa pratica che si ispira alla millenaria tradizione buddhista, fu Jon Kabat-Zinn, biologo molecolare, che decise di studiare l’applicazione clinica della meditazione e curare così i disagi della contemporaneità.
Sebbene la Mindfulness meditation possa sembrare l’ennesima cura palliativa contro stress, ansia e panico, approfondite ricerche scientifiche ne hanno dimostrato l’efficacia indiscutibile, pari addirittura agli effetti degli psicofarmaci.
Talmente efficace che nel Regno Unito, il governo ne ha proposto l’introduzione nel programma sanitario Nazionale, dopo che gli stessi politici hanno testato sulla loro pelle la pratica.
La stessa parola Mindfulness, è la traduzione occidentale di “sati” che nella lingua parlata da Buddha per i suoi insegnamenti significa “consapevolezza, attenzione, attenzione sollecita”, in particolare, per usare le parole del suo fondatore, Jon Kabat-Zinn, Mindfulness significa: 1) intenzione, 2) al momento presente, 3) in modo non giudicante.
Venne fondata la prima clinica per la riduzione dello stress attraverso questa consapevolezza dell’accettazione di sé, in seguito applicata ad alcuni pazienti affetti da dolore cronico. La pratica si rivelò efficace e il libro del 1990 di Kabat-Zinn ottenne un successo planetario.
Ad oggi, i benefici dati dalla percezione intensa del proprio corpo, sembra distogliere la nostra mente dall’attenzione a contenuti marginali e a focalizzare il pensiero sull’essenza stessa delle cose.
Che serva questo, fermarsi un attimo per un’ora a settimana e continuare a praticare la meditazione per 40 minuti ogni giorno a casa propria per essere finalmente felici?
Bell’articolo! Un saluto dal bar centrale di san casciano 🙂