In Serbia si è consumata una svolta politica significativa con le dimissioni del primo ministro Miloš Vučević, avvenute a seguito di mesi di proteste popolari contro il governo. La tragedia del crollo della pensilina ferroviaria di Novi Sad, che ha causato numerose vittime, ha acceso il malcontento generale, portando a una crisi istituzionale senza precedenti.
Una tragedia che ha scosso il Paese
Dopo mesi di intense proteste popolari, il primo ministro serbo Miloš Vučević ha rassegnato le dimissioni martedì, segnando un momento critico per la politica del Paese. La decisione arriva in seguito al tragico crollo di una pensilina alla stazione ferroviaria di Novi Sad lo scorso novembre, che ha causato la morte di 15 persone e scatenato un’ondata di indignazione contro la corruzione e l’inefficienza del governo.
L’incidente di Novi Sad, avvenuto il 1° novembre 2024, è stato il punto di partenza delle proteste. La pensilina, recentemente ristrutturata, è crollata improvvisamente, provocando vittime e lasciando emergere gravi responsabilità e negligenze nelle opere pubbliche in mano allo Stato serbo. I manifestanti hanno interpretato la tragedia come la conseguenza della corruzione e della cattiva gestione che caratterizzano il governo serbo, guidato dal Partito Progressista Serbo (SNS).
La pressione delle proteste
Le manifestazioni, inizialmente focalizzate sulla richiesta di giustizia per le vittime dell’incidente, si sono progressivamente trasformate in una più ampia contestazione del governo e sono state motore di un’importante e dimostrativa partecipazione popolare.
Migliaia di cittadini, tra cui studenti universitari e agricoltori, hanno bloccato strade e occupato le piazze, chiedendo maggiore trasparenza e responsabilità politica. Il culmine delle proteste è stato raggiunto quando i manifestanti hanno occupato per 24 ore una delle principali arterie stradali di Belgrado.
Le dimissioni di Miloš Vučević
Miloš Vučević ha annunciato le sue dimissioni dichiarando che “è il momento di essere responsabili”. La decisione è stata presa dopo un episodio di violenza a Novi Sad, in cui alcuni manifestanti sono stati aggrediti da uomini presumibilmente legati al partito di governo. Vučević ha sottolineato che il suo gesto mira a placare le tensioni sociali e a permettere un dialogo costruttivo tra le parti.
Le dimissioni sono state accettate dal presidente Aleksandar Vučić e saranno ratificate dal parlamento entro 30 giorni, aprendo la strada a nuove elezioni o alla nomina di un successore.
Corruzione e inefficienza: il malcontento generale
La tragedia di Novi Sad ha rappresentato solo la punta dell’iceberg di un malessere diffuso nel Paese. I manifestanti hanno accusato il governo di aver alimentato un sistema clientelare e inefficiente, aggravando problemi strutturali in settori chiave come i trasporti e le infrastrutture.
Le dimissioni di Vučević sono state accompagnate da quelle di altri funzionari di alto livello, tra cui il ministro dei Lavori pubblici, Goran Vesić, arrestato e successivamente rilasciato nell’ambito delle indagini sull’incidente.
Il ruolo di Vučić nelle dimissioni di Miloš Vučević
Il presidente Aleksandar Vučić, figura centrale della politica serba, ha cercato di contenere la crisi annunciando un rimpasto radicale del governo. In una conferenza stampa, Vučić ha dichiarato di voler aprire al dialogo con gli studenti e le forze sociali, pur accusando l’opposizione di strumentalizzare la tragedia per fini politici. Tuttavia, la pressione popolare e il crescente malcontento potrebbero mettere a rischio la stabilità del Partito Progressista Serbo.
Le dimissioni di Miloš Vučević segnano un punto di svolta nella crisi politica della Serbia, ma non rappresentano la fine delle tensioni. Il Presidente ha cercato di mettere in primo piano l’importanza di un equilibrio economico e sociale, nonostante tutte le difficoltà, per salvaguardare in ogni caso il benessere del Paese. La popolazione chiede un cambiamento profondo e strutturale, e la prossima mossa del governo sarà cruciale per determinare il futuro del Paese. Intanto, l’eco delle proteste continua a farsi sentire nelle strade, simbolo di una società che non intende più tollerare le ingiustizie e l’inefficienza.