Mille donne indigene uccise o scomparse: gli indigeni d’America si uniscono alla protesta del BLM

La comunità dei nativi americani, nell’ultima generazione, lamenta la perdita di mille donne indigene uccise. Oltre anche ad una densità di aggressioni portate a termine da non-Nativi nei confronti della comunità allarmante. Tutto ciò inasprisce il tema del razzismo già abbastanza amaro nel continente americano.

Durante la pandemia da Covid-19 negli U.S.A c’è stata un’enorme protesta, ormai arrivata all’attenzione di tutti, volta a rivendicare i diritti sociali della comunità afroamericana. La comunità nera di fatto è storicamente costretta in un continente nel quale non è nativa e perciò calpestata sul fronte dei diritti umani per secoli. In questo tripudio di voci che si innalzano al cielo sotto il grido di “Black Lives Matter” c’è la voce più indebolita – ma non per questo meno solenne o popolare. E’ una voce, esalata come un grido di aiuto, della comunità indigena che riempie le strade del continente americano. I nativi americani si uniscono così alla protesta di natura razziale. Essi reclamano i diritti su una terra rubata dal colonialismo e dalla furia genocida degli europei di quasi cinque secoli fa. La protesta porta i volti delle donne indigene brutalmente uccise dal razzismo americano negli ultimi decenni.

La questione della rivendicazione storica

Nei libri di storia, sia in U.S.A, in Canada che in Europa, c’è scritto che Cristoforo Colombo ha scoperto l’America. Ebbene, i protestanti nativi del continente americano affermano che il navigatore non ha scoperto un “bel niente”.  La comunità indigena di fatto possedeva queste terre e viveva grazie ad esse da molti secoli prima dell’arrivo delle navi europee. Questo argomento è stato largamente affrontato da uno degli attivisti per i diritti umani degli indigeni, Richard Oakes, durante il secolo scorso.

Il fenomeno M.M.I.W.

Oltre al problema di rivendicazione storica la comunità indigena, spesso trascurata, porta sotto i riflettori dei media il fenomeno del “M.M.I.W.”, un acronimo che in inglese significa “Donne indigene uccise e scomparse”.  Negli ultimi cinquant’anni in Canada sono state uccise o rapite circa mille donne native americane, una perdita enorme per la comunità indigena dell’America del Nord già decimata. Intanto nei vicini U.S.A una donna indigena su tre viene aggredita e/o stuprata (queste aggressioni nel 67% dei casi sono portate a termine da persone non-Native).

“Niente più sorelle rapite” questo è l’urlo dei nativi americani che si uniscono alle proteste del “B.L.M.”. Durante le proteste i manifestanti abbattono statue di Cristoforo Colombo e di altri trafficanti di schiavi ormai diventati iconografie di un continente americano impregnato di razzismo. Il 2020 è stato e sarà l’anno delle rivendicazioni storiche per eccellenza.

   Capolongo Giovanni Mario

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