Le forze di difesa israeliane (IDF) adotteranno una nuova politica che permetterà ai militari di sparare sui civili palestinesi che lanciano bombe incendiarie o sassi sulle loro auto anche quando non si tratta di legittima difesa.
Lo scorso agosto, Israele ha annunciato la ripresa dell’occupazione dei territori della Cisgiordania al fine di continuare l’insediamento nell’area C di unità abitative destinate ai coloni sionisti. Così, Israele continua a strappare territori dai palestinesi, sottraendo o demolendo le loro case.
Ai crimini, la violenza e l’occupazione dei militari israeliani i civili palestinesi tentano di ribellarsi con uno dei pochi mezzi rimasti: altrettanta violenza. E i militari israeliani colgono la palla al balzo per inasprire le normative e infliggere ancor più colpi allo già svantaggiato popolo palestinese. Emblematico è il caso di qualche anno fa del giovane palestinese detenuto, ammanettato e bendato per sospetto lancio di pietre, a cui i militari hanno sparato mentre cercava di scappare.
Questa nuova politica dell’IDF non farebbe che peggiorare una situazione già delicata, dando legittimità agli atti atroci dei militari nei confronti dei palestinesi. Sulla base della nuova normativa, e come riporta anche il The Times of Israel, se i soldati vedono un palestinese lanciare un sasso o una bomba incendiaria contro le loro auto, sono autorizzati a seguire il protocollo di arresto nella sua interezza, compreso l’uso della forza letale se necessario, anche se i sospettati non hanno più bombe incendiarie o pietre nelle loro mani. Di fatto, possono sparare in ogni caso, senza che si tratti di legittima difesa.
Una politica ingiusta e pericolosa
Tale normativa viola il diritto internazionale dei diritti umani in materia di applicazione della legge e di legittima difesa. Questo perché, a detta di Eliav Libelich, professore di diritto all’Università di Tel Aviv, “non c’è modo di dimostrare che in queste situazioni aprire il fuoco corrisponda alle esigenze di autodifesa o sia assolutamente necessario”. Il professore fa riferimento a un principio del diritto internazionale che stabilisce che la forza letale può essere usata solo quando non c’è nessun’alternativa. E come abbiamo già evidenziato, questo non è di certo il caso della situazione prescritta nella nuova politica dell’IDF.
Inoltre, la nuova politica è discriminatoria poiché si applica solo ai civili palestinesi e non ai coloni sionisti, i quali occupano tale territorio e non esitano a lanciare pietre e bombe incendiare sulle macchine dei palestinesi, causando ingenti danni. Ma in questi casi i militari israeliani non hanno mai risposto aprendo il fuoco.
Vivere sotto minaccia
I palestinesi che abitano nei territori occupati vivono nella costante paura di essere sfrattati. Da un giorno all’altro possono ricevere un avviso di sfratto che li intima a lasciare la loro casa. L’avviso stabilisce inoltre che se non lo faranno volontariamente, verranno costretti con la forza.
Peace Now, il movimento che lavora per raggiungere la pace nel conflitto Israelo-palestinese, denuncia periodicamente tali tentativi di insediamento da parte delle forze israeliane. A detta del movimento, si tratta di una “terribile ingiustizia basata sul cinico sfruttamento di una legge discriminatoria che permette agli ebrei di esercitare il “diritto alla restituzione” dei beni perduti loro nel 1948, a spese delle famiglie palestinesi legalmente residenti nella proprietà”.
DI fronte a tale realtà, la nuova normativa dell’IDF non fa che aggiungere benzina sul fuoco, alimentando una spirale di violenze e soprusi nei confronti del popolo palestinese.