Gli investigatori delle Nazioni Unite, membri di una missione indipendente istituita dal Consiglio dei diritti umani – hanno chiesto che il capo dell’esercito del Myanmar, e altri cinque alti funzionari militari, siano perseguiti legalmente e processati per “genocidio”, “crimini contro l’umanità” e “crimini di guerra” contro i rohingya, minoranza musulmana del Paese.
I principali generali della Birmania, compreso il comandante in capo Min Aung Hlaing, devono essere oggetto di indagine ed essere perseguiti per genocidio nel nord dello Stato di Rakhine, come pure per crimini contro l’umanità e crimini di guerra negli Stati di Rakhine, Kachin e Shan.
Questa l’esortazione degli investigatori della missione ONU per l’accertamento dei fatti in Myanmar.
La denuncia viene fatta in occasione della pubblicazione di un rapporto ONU, lungo 20 pagine, nel quale viene sottolineato che le azioni commesse nel Paese “indubbiamente equivalgono” alle più gravi violazioni del diritto internazionale.
Il contenuto del rapporto ONU
Il rapporto della missione accusa il Tatmadaw, l’esercito del Paese, e altre agenzie per la sicurezza di essere state coinvolte in numerosi abusi, e che nello stato di Rakhine ci sono le prove di stermini e di deportazioni.
Queste alcune dichiarazioni del documento:
“Le tattiche del Tatmadaw sono state sproporzionate rispetto alle minacce alla sicurezza, specialmente nello stato di Rakhine, ma anche nel nord del Myanmar (…) Il disprezzo del Tatmadaw per la vita umana, l’integrità e la libertà, e per la legge internazionale in generale, dovrebbe essere motivo di preoccupazione per l’intera popolazione“.
Inoltre, si evidenzia che “la necessità militare non giustifica mai l’uccisione indiscriminata, lo stupro di gruppo, l’aggressione dei bambini e la distruzione di interi villaggi“.
La crisi in Myanmar
La grave crisi sociale del Paese del sud-est asiatico era iniziato nell’agosto del 2017 con gli scontri tra esercito birmano e ribelli rohingya nello stato del Rakhine. Questo provocò, qualche settimana dopo, l’inizio di un vero e proprio esodo dei rohingya – circa 700 mila persone – costretti a fuggire dalla loro case, alla ricerca di un rifugio nei campi profughi del vicino Bangladesh. Le violenza commesse dai militari birmani sono state molto gravi: incendi di interi villaggi, uccisioni indiscriminate e numerosi stupri. Qualche mese fa, le donne rohingya hanno partorito i bambini nati da quelle violenze sessuali.
Le conclusioni delle Nazioni Unite
Il rapporto ONU contiene un elenco con i presunti colpevoli o sospettati di tanta violenza, come il comandante in capo Min Aung Hlaing, ma anche altri generali. Questo elenco sarà a disposizione di qualsiasi organismo credibile che intenda procedere penalmente: la Corte Penale Internazionale o un tribunale speciale che secondo le Nazioni Unite dovrebbe essere istituito per l’occasione. L’ONU, inoltre, ha criticato aspramente i politici del governo birmano, compresa Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace nel 1991, e attualmente Consigliere di Stato della Birmania, Ministro degli Affari Esteri e Ministro dell’Ufficio del Presidente. Secondo le Nazioni Unite, il Myanmar è colpevole di non esser riuscito a prevenire gli abusi e di aver distrutto dei documenti relativi a quanto accaduto.
Il governo ha ricevuto una copia del rapporto, ma non ha ancora commentato.
Domenico Di Maura