USA: miliardi di dollari per riattivare centrali nucleari dismesse

rilevate delle radiazioni nucleari in Norvegia

L’amministrazione Biden è disposta a spendere miliardi di dollari per riattivare centrali nucleari dismesse o in difficoltà. È una decisione senza precedenti e rientra nel piano decarbonizzazione totale della rete elettrica entro il 2035.

La decarbonizzazione della rete elettrica richiede ampi investimenti nel settore dell’energia verde. Obiettivo ambizioso. Soprattutto senza l’aiuto del nucleare. Dal 2013 infatti, a causa della concorrenza delle altre rinnovabili (eolico, solare) e dei costi sempre più elevati per il mantenimento della sicurezza all’interno delle centrali, 12 reattori hanno cessato la loro attività abbassando il numero di centrali nucleari in attività a “solo” 92. Ma nonostante tutto, ad oggi, il nucleare negli USA produce più della metà dell’energia verde del Paese. Inoltre, secondo il team per il clima dell’amministrazione Biden, il nucleare è una fonte di energia praticamente priva di emissioni di CO2 e quindi, avanti tutta!

Miliardi di dollari per riattivare centrali nucleari

Gli Stati Uniti hanno messo il turbo: sono stati stanziati 6 miliardi per aumentare la produzione di energia atomica e sono addirittura disposti a sborsare un miliardo di dollari abbondante per rimettere in funzione ogni centrale dismessa dopo il 2021 che avanza richiesta. Così è stato per la riattivazione della centrale di Diablo Canyon in California lo scorso anno, e così sarà per la riattivazione della centrale di Palisades in Michigan. Misure senza precedenti, perché il rilancio di impianti dismessi è estremamente costoso e comporta rischi legati a materiali radioattivi.

Il punto di vista degli Stati Uniti

Gli Stati uniti sono però molto ben disposti a investire in questo tipo di produzione energetica tanto da vederne solo i lati positivi e trascurare le proteste di chi è comprensibilmente preoccupato per lo stoccaggio delle scorie e il rischio di fuoriuscite radioattive dalle centrali per cause di vario tipo (oltre che per gli elevatissimi costi). Tutti ricordiamo ciò che è successo a Chernobyl nell’86 e, più recentemente, a Fukushima (2011).

Ma l’amministrazione Biden ha deciso che questa è la giusta strategia per raggiungere l’obiettivo emissioni zero. Il tutto rientra nel Inlfation reduction act approvato la scorsa estate che ha stanziato più di 300 miliardi di dollari per dare una vigorosa svolta alla transizione energetica da investire in energia green e incentivi per i cittadini. Non saranno quindi gli 1.2 miliardi di dollari per riattivare centrali nucleari a fermarli.

Pro e contro dell’energia nucleare

Su quanto sia green il nucleare, però, l’opinione pubblica e quella degli esperti è spaccata. Si sente tutto e il contrario di tutto. Cerchiamo quindi di fare un po’ di chiarezza.

I vantaggi del nucleare:

Gli svantaggi del nucleare:

A che punto è l’Europa

Sul sito del parlamento europeo si legge:

“L’energia nucleare rappresenta una componente essenziale all’articolazione energetica di 13 dei 27 stati membri dell’UE e rappresenta quali il 26% dell’energia elettrica prodotta nell’UE”.

Sono 109 i reattori attivi nei 13 Paesi in cui si produce energia nucleare in Unione Europea. E garantiscono un quarto dell’intera produzione energetica dell’Unione.

Il maggior produttore è la Francia, con 56 reattori. Seguono Germania, Spagna e Svezia. Questi 4 Paesi producono più dei tre quarti della produzione di energia nucleare europea.

Di fatto i Paesi europei sono divisi riguardo al nucleare. La Francia di Macron spinge in una maggiore produzione, e così anche Finlandia, Paesi Bassi. La Germania, al contrario, ha optato per lo spegnimento di tutte le centrali (obiettivo quasi raggiunto),  mentre la Spagna intende farlo entro il 2035. Ovviamente con la crisi energetica in corso il dibattito è tornato ad accendersi e il nucleare sembra una strategia vincente per contrastare la dipendenza dal gas russo. Ma bisogna considerare che investire oggi sul nucleare non risolverebbe affatto la crisi energetica che ci sta affliggendo. Sono necessari tempi lunghi e ingenti costi per poter portare la produzione del nucleare a un livello soddisfacente.

E l’Italia?

Il dibattito sta tornando al centro della scena. Con la crisi energetica provocata dalla guerra Russia – Ucraina, il nucleare potrebbe tornare prepotentemente alla ribalta. Nel nostro Paese i reattori sono stati spenti nell’ormai lontano 1986 a seguito di un referendum. I reattori erano 4 e riattivarli sarebbe un’impresa titanica per le finanze italiche. Poiché non sono giovani impianti, lo sforzo per renderli nuovamente operativi sarebbe decisamente faticoso e, spendere miliardi di dollari per riattivare centrali nucleari dismesse come stanno facendo gli Stati Uniti, potrebbe essere fonte di proteste.

Ci sono alternative valide?

No. O meglio… Non ancora. I recenti progressi nell’ambito della fusione nucleare sono incoraggianti ma ben lungi dal poter essere attuati in tempi brevi. L’unica vera alternativa è una riduzione drastica del consumo energetico. Finché continuiamo a consumare energia (e non solo) indiscriminatamente non possiamo che andare in contro a continue crisi energetiche.

Arianna Ferioli

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