La vicenda risale al dicembre scorso, ma solo oggi è giunta alle cronache. Una giovane donna di 27 anni, di origini marocchine, aveva deciso di punire suo figlio per essere tornato a casa con i pantaloni strappati. Il bimbo è stato quindi steso sul tavolo e bruciato per ben undici volte con il ferro da stiro. Una “punizione” sadica e oltre alle ustioni sul corpo del piccolo sono state trovate anche ventisei ecchimosi.
La donna patteggia davanti al gup di Milano
Nonostante la crudeltà e l’efferatezza di questo gesto, la 27enne non ha mai saputo dare una spiegazione per l’accaduto. Si è limitata a parlare di un periodo di forte stress, dovuto alla fine della relazione con il padre di suo figlio che li aveva cacciati di casa ed era andato a vivere in Germania. Inoltre la donna aveva intrapreso una nuova relazione con il suo attuale compagno. Quest’ultimo è indagato per lesioni. Infatti sembrerebbe che si trovasse in casa durante i maltrattamenti e le torture, almeno in alcuni specifici momenti di quella tragica giornata.
Il bimbo bruciato dal ferro da stiro ora è affidato ad una comunità protetta
Il bambino, di soli 5 anni, è stato affidato ad una comunità protetta ma il Tribunale dei Minori sta anche effettuando le valutazioni dovute per decidere circa la sua adottabilità. La madre nel frattempo è stata sottoposta a cure psicologiche e non ha mai subito l’arresto in quanto i magistrati hanno ritenuto che, una volta allontanato il figlio, non vi fossero più i presupposti per la reiterazione del reato. È palese che un gesto del genere non possa essere in nessun modo giustificato. Una crudeltà inaudita, come fa notare anche Luigi Ferrarella, nel suo articolo su Il Corriere della Sera.
Uno dice: undici bruciature, addosso a un bambino di cinque anni. Ma la parola e i numeri non rendono l’ idea: perché bisogna immaginare un bambino steso a forza su un tavolo, e la madre che per undici volte gli appoggia il ferro da stiro sul corpo…
Proviamo ad immaginare.
Marta Migliardi