All’indomani di una brutta sconfitta come quella di Genova, la figuraccia milanista non è passata inosservata nemmeno in ambito pubblico. Il deplorevole scivolone contro la Sampdoria, con il Milan mai in campo per tutto l’arco dei novanta minuti, è stato oggetto di critiche da parte dell’amministratore delegato rossonero Marco Fassone, che ai microfoni di Sky non ha lesinato, appunto pubblicamente, rimbrotti alla squadra e all’allenatore. In una impeccabile cravatta scura e con il volto tirato, Fassone ha immediatamente bollato come inaccettabile che una squadra della caratura dei rossoneri si pieghi passivamente a un undici tutt’altro che inaffrontabile come i blucerchiati.
Dal suo viso corrucciato, Fassone ha garbatamente richiesto che figure del genere non si ripetano. Il ruolo di una dirigenza è d’altronde questo: non caricare oltremodo l’ambiente in caso di momenti positivi e non deprimerlo di più dopo una prestazione opaca. A pallone si vince e si perde, pertanto per mantenere dritta la barra, occorre che le società si rifugino dietro la retorica per fare da vigili del fuoco sugli incendi appiccati dai propri dipendenti.
In questo caso Fassone è andato giù a gamba tesa, fermo e risoluto, ammiccante ma molto chiaro.
Tornano alla mente i tempi “gallianeschi”, in cui il precedente amministratore delegato, quello con la cravatta gialla, definiva un colpo di mercato dell’ultimo minuto l’olandese De Jong, o spacciava Julio Cesar (ben presto dimenticato difensore centrale anche del Real Madrid e poi passato al Milan nel 2000 lasciando alcuna traccia) uno dei più forti centrali d’Europa. Ed ecco che quando si perdeva, se la funzione del vigile del fuoco era quanto mai opportuna in alcuni casi (ricordiamo come accorse a Milanello nel 2012, dopo la sconfitta pasquale con la Fiorentina costata poi lo scudetto, disfacendo le valigie) alcune altre situazioni, come sarebbe stata per esempio questa di Marassi, venivano derubricate a “incidenti di percorso”, accompagnati dal consueto e proverbiale “bisogna stare calmi”.
Questo accadeva naturalmente nei rari casi in cui, dopo una sconfitta, Galliani si presentava al microfono, cosa che succedeva di rado, salvo poi, da presunto stratega della comunicazione, inventare siparietti con l’intervistatore di turno anche in caso di un anonimo uno a zero contro Genoa o Chievo.
Che il Milan di oggi sia un cantiere aperto lo sapevamo, che gli intoppi sarebbero potuti piovere sulla testa dei rossoneri, anche, ma di certo la forza di questo Milan sta nell’aver trovato un gruppo dirigente con le idee chiare, che ci mette la faccia e che fa della trasparenza e della lealtà verso i tifosi un proprio cavallo di battaglia. Le parole di Fassone sono certamente quelle che l’AD ha riservato in privato a Montella, con il quale in questo lunedì si è incontrato a Milanello.
Fare il vigile del fuoco significa anche riversare con fermezza addosso a chi è andato in campo (o meglio, non ci è andato) il fatto che, con prestazioni così, anche il quarto posto sarà una chimera.
Lungi dal fare un encomio a Fassone e ritenere Galliani un capro espiatorio di una situazione che era marcia da diversi anni, soprattutto se confrontiamo la bacheca ancora semivuota del primo con la collezione di allori del secondo, ma se il Milan vuole trovare continuità, elemento imprescindibile per poter competere in un torneo lungo otto mesi, sa di poter contare su una società forte. Da non deludere, come è accaduto nelle sabbie mobili genovesi.
Stefano Ravaglia