Il Milan, Berlusconi, il Mazzarò di Verga e i cinesi

maxresdefaultOgni volta che rifletto sull’inesorabile declino del Milan degli ultimi anni, mi viene in mente Mazzarò. Cosa diavolo c’entra il celebre personaggio narrato da Giovanni Verga nella novella “La roba” con il calcio? C’entra, c’entra.

Mazzarò, un contadino furbo e intelligente, desideroso di accumulare sempre più roba, cioè terreni, a un certo punto diventa ricco, ricchissimo: merito del duro lavoro (soprattutto dei suoi operai), della sua determinazione e dunque del suo non considerare alcun obiettivo irraggiungibile. Il personaggio descritto da Verga non si accontenta mai, è un visionario pragmatico. Vuole sempre di più. E riesce nel suo intento. Mazzarò è l’uomo più ricco e invidiato, non c’è terra che non gli appartenga. Le sue qualità “imprenditoriali” sono sotto gli occhi – è proprio il caso di dirlo – di chiunque. Nonostante il gigantesco patrimonio accumulato, la vecchiaia e gli acciacchi arrivano per ogni uomo, compreso lui. Terrorizzato dall’idea che la roba, conquistata con tanta fatica, possa un giorno non lontano sopravvivergli, Mazzarò – fuori di sé – ammazza le sue anatre e i suoi tacchini con un bastone, urlando “roba mia, vientene con me!” Ecco, l’idea che mi sono fatto su Berlusconi e il Milan è proprio questa.

Arrivato alla soglia degli 80 anni, stanco, poco lucido e reduce da una delicata operazione al cuore, il numero uno rossonero non accetta che l’ex club più titolato al mondo possa tornare ai fasti del passato senza di lui. E dunque sembra fare di tutto per distruggere quanto di buono, anzi di eccezionale, realizzato nel primo quarto di secolo di presidenza.

Tra il 1986 e il 2011, il Milan ha conquistato la bellezza di 8 scudetti, 5 Champions League, 3 Mondiali per club, 5 Supercoppe Europee e altri trofei ancora per un totale di 28 titoli. Da ormai 5 stagioni, la squadra rossonera non vince un fico secco. Colpa della sfortuna, del gol non dato a Muntari, della fiscalità italiana, degli allenatori, del “non-si-può-sempre-vincere”, secondo Berlusconi (strano non abbia citato anche l’ISIS e la Brexit). Ma la verità è tutt’altra. Né Berlusconi, né l’amministratore delegato Galliani sono ormai in grado di gestire una squadra di calcio e mantenerla ad alti livelli. I disastri dell’ultimo quinquennio sono frutto di scelte assurde, sciagurate, incomprensibili. I bilanci societari sono la fotografia di una situazione economica e sportiva fallimentare. Per quanto tempo ancora una società che vale centinaia di milioni di euro potrà permettersi quest’andazzo? Non è vero che il numero rossonero è improvvisamente diventato tirchio, come sembra suggerire qualche disinformato. Decine di milioni di euro, piuttosto, sono stati sperperati per pagare ex calciatori a caccia di un ultimo contratto da nababbo, mezze seghe, veline e campioni di selfie acrobatici. Giocatori buoni per gli album delle figurine e le riviste di gossip, non certo per raggiungere risultati all’altezza della storia del Milan. Pensate che Berlusconi non si sia accorto che la situazione è catastrofica? Gliel’ha spiegato, con un disegnino, persino la figlia Barbara, ma lui niente. Nonostante le voci di cessione “imminente” – sì, imminente da una decina d’anni, ormai – l’impressione è che Berlusconi non si separerà facilmente dal suo giocattolo e che la cordata cinese dovrà fare un’offerta faraonica per fare questo benedetto “closing”. Ma poi, questi cinesi ne capiscono di calcio? Ai tifosi, importa relativamente. La priorità assoluta è che Berlusconi molli subito l’osso. Poi si vedrà se i cinesi ne capiscono o no. L’alternativa è lasciare che Silvio continui a bastonare le sue anatre e i suoi tacchini. “Sue” e “suoi”, si fa per dire. Perché un club, prima di tutto, appartiene ai suoi tifosi.

 

Gianni Monaco

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