In Ungheria si è istituita una vera e propria “caccia” ai migranti.
Da quando la crisi migratoria si è mostrata in tutta la sua grandezza e gravità, i vari Paesi europei si sono adoperati per affrontare questa situazione di emergenza. Chi con politiche di apertura e accettazione, chi costruendo muri e innalzando barriere fisiche e culturali.
L’Ungheria ha varie volte mostrato la sua ostilità verso i migranti che negli ultimi anni hanno tentano di raggiungere l’Europa tramite la rotta balcanica.
Filo spinato e recinzioni hanno iniziato a tracciare il confine ungherese. Il governo e le forze politiche si sono adoperato per rendere la situazione ancora più critica e difficile.
Nel suo ostinato opporsi al flusso dei migranti, l’estrema destra ungherese ha creato una vera e propria polizia finalizzata alla caccia dei migranti che si trovano clandestinamente in Ungheria.
A capo di questo progetto vi è un uomo, László Toroczkai, sindaco di Ásotthalom. Egli è a capo di varie organizzazioni addette al reclutamento di giovani paramilitari che possano sostenere attivamente, e dotati di armi, la sua campagna anti-migrazione dando letteralmente la caccia ai clandestini non desiderati.
Toroczkai è uno dei vicepresidenti del partito ultranazionalista Jobbik, che è divento il terzo partito del Paese dopo le elezioni del 2014.
Il governo di Viktor Orbán non ha mosso alcuna obbiezione di fronte a tali procedure, chiaramente ai limiti della legalità. E, come tacito consenso a queste prassi, il governo ungherese ha reclutato migliaia di poliziotti da disporre lungo il confine.
Questa “caccia” rievoca capitoli oscuri della storia umana. Capitoli in cui uomini che amavano profondamente la loro patria hanno commesso crimini contro l’umanità. Eppure questa vicenda non sembra abbia scosso più di tanto gli animi della Comunità europea.
La degenerazione dell’estrema destra è ben visibile. Essa si è manifestata più e più volte nel corso della storia per quello che è davvero. Come si può ancora chiudere gli occhi davanti all’evidenza?