Finito il braccio di ferro, tra Unione Europea e Italia, sul ricollocamento dei migranti sulle navi di SeaWatch.
L’aspra diatriba che ha nuovamente animato il dibattito politico internazionale e nazionale, sulla vicenda delle navi dell’ONG Sea Watch, bloccate al largo delle coste maltesi con quarantanove migranti a bordo sembra arrivata a un punto di svolta.
Un esito politicamente scontato, se non fosse che a farne le spese sono ancora una volta gli esseri umani; inermi alle leggi del deserto, delle carceri libiche, del mare e, come non bastasse, delle smanie di propaganda dei governi, con particolare preminenza dell’attuale governo italiano.
Dopo l’Acquarius e la Diciotti, anche questa vicenda è diventata un caso politico da manuale, alimentata da accuse, imposizioni e la sostanziale incapacità di confronto fra le varie forze politiche interne, da cui dovrebbe dipendere il dialogo con un’Europa prepotentemente distante dalle esigenze dei suoi stati membri.
Ciononostante qualcosa sembra essersi mosso e tra proclami e colpi di coda, è arrivato l’annuncio del Commissario Avramopulos circa la disponibilità della commissione europea a incontrare il governo italiano e discutere così le misure supplementari necessarie per regolare il problema del ricollocamento dei migranti tra i vari stati membri dell’UE.
Un braccio di ferro che, una volta avvenuto lo sbarco dopo più di venti giorni, ha tenuto banco fra i botta e risposta tra il Premier Conte e Matteo Salvini, ma soprattutto il fiato sospeso di gran parte dell’opinione pubblica divisa tra; ebbri di estasi sovranista, secondo chiunque voglia impedire che delle persone muoiano in mare, diventa miracolosamente “buonista, di sinistra, etc. etc” e semplici osservatori della scena politica internazionale.
La gioia dei migranti della Sea Watch sbarcati a Malta si pone in mezzo a questa logica; una vicenda che vede l’esultanza delle persone, solo per il fatto di essere ancora vive.
Sul piano dell’assegnazione ai vari stati, è giusto che, una volta per tutte, la Commissione faccia la sua parte e rispetti gli accordi presi in precedenza.
All’Italia verrà assegnata una quota di circa dieci rifugiati che saranno ospitati nel centro accoglienza di Scicli, in provincia di Ragusa, gestito dalla Federazione delle Chiese Evangeliche.
Si tratta di un piccolo passo avanti, molto lontano dal risolvere la crisi umanitaria che sta avvenendo al largo delle coste europee, ma purtroppo la politica sembra non lasciare spazio alla necessità turbo-globalista (direbbe Fusaro) di alzare il livello dello scontro.
Così abbiamo il consueto vicepremier che ripete i suoi cavalli di battaglia: #portichiusi, #finita la pacchia, abbiamo già dato!
Il Ministro dell’interno ha polemizzato anche con il governo di Malta da cui dice:
“Nessuna lezione da chi per anni ha chiuso gli occhi e ha permesso che barchini e barconi si dirigessero verso l’Italia. La musica è cambiata, in Italia si arriva solo col permesso”.
Dall’altra parte vi è un’opposizione trasversale ma sempre debole nelle idee e nelle proposte, che continua imperterrita la via della somministrazione della paura e del disagio sociale, senza farsi un esame sulle proprie responsabilità e incapacità nel gestire le relazioni con l’UE e le crisi umanitarie che questo gioco di potere ha creato negli anni.
Dal canto Suo, Salvini rivendica l’azione del suo governo, considerato l’unico nella storia degli ultimi anni ad aver dato un ultimatum all’Europa, la quale dovrà dunque prendersi carico delle centinaia di migranti che da mesi vivono in Italia e dei molti “esclusi” che il Decreto sicurezza ha contribuito a creare.
Nel frattempo in Calabria è avvenuto un nuovo piccolo miracolo di solidarietà.
51 migranti di etnia curda, rimasti incagliati lungo la costa del comune di Torre Melissa, nel crotonese, sono stati soccorsi dalla gente del luogo, prima ancora delle forze dell’ordine.
La barca a vela su cui viaggiavano si è incagliata a pochi metri dalla spiaggia e le urla delle persone in mare hanno svegliato alcuni dei residenti della zona che si sono precipitati, con il sindaco Gino Murgi in testa, per trarre in salvo le persone.
Chi portava coperte, chi giubbotti, chi una bevanda calda; persino l’hotel sulla spiaggia ha messo a disposizione, stanze, accessori e l’imbarcazione di salvataggio in dotazione per portare al sicuro le sei donne ed i quattro bambini, tra cui un neonato, che erano a bordo.
Uno dei migranti risulta tuttora disperso, ma il grido di umanità che nel cuore della notte ha risvegliato gli abitanti di Torre Melissa, non dovrebbe diventare un simbolo di propaganda, bensì un fatto comune, insito in una natura umana sempre più lontana dal fisico e dallo spirito e sempre più vicina allo stomaco, allo schermo del Pc e dello smartphone, sempre più vicino alla dittatura interiore della frustrazione.
Fausto Bisantis