Migranti e cambiamenti climatici rappresentano due aspetti connessi di una realtà in rapida evoluzione. L’intersezione tra questi due temi è emblematica della complessità delle sfide globali che dobbiamo affrontare nel XXI secolo. Da un lato, le migrazioni sono un fenomeno umano millenario, spesso motivato da ragioni economiche, politiche o sociali. Dall’altro, i cambiamenti climatici stanno alterando gli equilibri ambientali, creando situazioni di insicurezza e spingendo molte persone a lasciare le proprie terre d’origine in cerca di condizioni di vita migliori.
Le migrazioni, in tutti i loro intricati contorni, sono sempre state oggetto di campagne elettorali, dibattiti politici e disquisizioni senza fine. Le tragedie umane si susseguono in modo implacabile, le visite internazionali si moltiplicano, ma le soluzioni concrete sembrano sfuggire come sabbia tra le dita. La questione delle migrazioni, in particolare quella causata dai cambiamenti climatici, è tornata sotto i riflettori in questi ultimi mesi. Tuttavia, spesso viene affrontata in modo superficiale, senza affondare le radici nei problemi che spingono le persone a migrare.
Tra gli intricati fattori che influenzano la migrazione, emergono sempre più chiaramente i cambiamenti climatici come un potente motore di spostamento di popolazioni. Recentemente, il progetto “Le Rotte del Clima: Crisi Climatica e Migrazioni – Diritti in Azione” ha illuminando il percorso per una comprensione più profonda di questo fenomeno complesso. Questo ambizioso progetto è frutto della collaborazione tra il Centro Studi Systasis per la prevenzione e la gestione dei conflitti ambientali, il Tribunale di Milano, la Fondazione Cariplo e altri attori del terzo settore.
Secondo l’Internal Displacement Monitoring Centre, solo nella prima metà del 2020, quasi 10 milioni di persone sono state costrette a migrare a causa di fattori ambientali. E questi fattori, va notato, agiscono spesso come catalizzatori di disuguaglianze preesistenti e conflitti sociali. Entro il 2030, secondo le Nazioni Unite, il 47% della popolazione mondiale vivrà in aree caratterizzate da uno stress idrico elevato. Nel 2050, il numero potrebbe raggiungere la spaventosa cifra di 200 milioni di sfollati a causa di calamità ambientali, di cui 143 milioni provenienti dall’Africa subsahariana, dall’Asia meridionale e dall’America Latina, secondo la Banca Mondiale.
Eppure, nonostante queste cifre impressionanti, il quadro globale del problema resta incompleto, e manca una definizione univoca di “migrante climatico” a livello giuridico. È qui che il progetto “Le Rotte del Clima” fa il suo ingresso, cercando di colmare questa lacuna in molteplici modi. Nella scorsa primavera-estate, associazioni come Panafricando, Popoli Insieme, Teatro Utile il Viaggio, We World, Casa della Carità e Sa Domo de Totus hanno somministrato un questionario a migranti provenienti da diverse parti del mondo, tra cui Egitto, Mali, Sri Lanka, Bangladesh, Pakistan, Afghanistan, Filippine, Arabia e Ucraina. I risultati preliminari sono rivelatori.
Innanzitutto, emerge una generale consapevolezza delle cause ambientali alla base della migrazione. Inondazioni, allagamenti, eventi atmosferici estremi, come il devastante uragano che ha colpito il Punjab nel 2022 o i cicloni e i tornado che hanno sferzato il Bangladesh nel 2020-2021, sono riconosciuti come eventi connessi ai cambiamenti climatici. Le siccità e la crescente scarsità d’acqua sono altrettanto associati ai perturbamenti climatici, come testimoniano le persone provenienti dall’Africa orientale.
Addirittura, anche quando i migranti non fanno un collegamento esplicito con i cambiamenti climatici, si riferiscono comunque a problemi ambientali. Gli organizzatori del progetto rivelano che “gli intervistati riconoscono le caratteristiche degli eventi (sia a lenta che a rapida insorgenza) e le possibili ripercussioni, ma non li collegano al concetto di cambiamento climatico in sé. Molte delle persone intervistate riferiscono in prima istanza motivazioni economiche o persecutorie.”
Il progetto “Le Rotte del Clima” ha delineato una serie di obiettivi ambiziosi:
- Aumentare la consapevolezza dei migranti coinvolti nel progetto in merito ai propri diritti e agli strumenti disponibili per tutelarli.
- Raccogliere dati sulle caratteristiche e le criticità delle migrazioni legate a cause ambientali e climatiche.
- Raccogliere tali dati direttamente dai migranti, in collaborazione con le associazioni e i centri di accoglienza.
- Approfondire la ricerca sul fenomeno, partendo dai dati raccolti, per delineare soluzioni alle problematiche emergenti in un periodo di crescente instabilità climatica.
- Istiuire il primo “Sportello Legale” dedicato ai migranti ambientali e climatici, offrendo assistenza, consulenza e supporto legale a operatori, comunità e persone migranti, associazioni e istituzioni.
- Diffondere conoscenza, offrire formazione ed educare sul territorio.
- Promuovere l’advocacy, cercando di influenzare la politica a livello nazionale e internazionale.
La consapevolezza rappresenta solo il primo passo in questa lunga marcia verso il riconoscimento giuridico e la protezione delle persone che migrano per motivi climatici. È particolarmente significativo considerando che la Convenzione di Ginevra del 1951 non prevede la protezione per questa categoria di migranti, e il decreto sicurezza del 2018 in Italia ha eliminato la possibilità, anche se parziale, di protezione per tali individui. Al suo posto, è stata introdotta la possibilità di soggiorno per “calamità naturali”, senza specificare quali tipi di calamità rientrino in questa categoria.
Il progetto “Le Rotte del Clima” rappresenta un approccio innovativo, un’incursione nella raccolta dati che coinvolge non solo gli accademici ma anche le persone coinvolte, seguendo il concetto di citizen sensing. Questo modello di raccolta dati coinvolge le persone, così come fa la citizen science, avvalendosi anche di strumenti tecnologici. Questo approccio è in perfetta sintonia con la Convenzione di Aahrus, poco conosciuta ma di fondamentale importanza, che sancisce il diritto all’informazione e alla partecipazione in materia ambientale da parte di tutti i cittadini.
Il progetto mira a stimolare nuovi filoni di ricerca, raccogliendo dati e producendo materiale artistico e comunicativo in varie lingue, fornendo inoltre formazione specifica. Il suo obiettivo è trasformare la consapevolezza in azione, portando la questione dalla sfera personale alla politica e alla giustizia. Un’iniziativa ambiziosa che merita attenzione e supporto costante. Da Scienza in Rete, continueremo a seguire con interesse lo sviluppo di queste attività, sperando che possano gettare le basi per una tutela più solida dei diritti dei migranti climatici.