Oltre 10.000 indiani in Israele: meglio morire di guerra o di fame?

Migliaia di indiani in Israele

La guerra nella Striscia di Gaza ha decimato la manodopera in Israele. Ma dall’India arrivano già in migliaia per sostituirli, preferendo il rischio di morire in guerra a quello di morire di fame

Aumentano gli indiani in Israele, giunti in cerca di un lavoro che possa dare a loro, e alle rispettive famiglie, migliori prospettive di vita.
Israele, rimasto a corto di manodopera nei cantieri, promette ai lavoratori stranieri paghe dignitose e buone condizioni di lavoro. Ma voci interne al Paese stesso invitano a non fidarsi.

Nonostante ciò, i centri di reclutamento dell’India continuano ad affollarsi di persone che, stremate dalla precarietà e dagli stipendi miseri, preferiscono morire come operai edili in un Paese in guerra, che morire di fame nelle loro case.

Migliaia di indiani in Israele: la manodopera è scomparsa

Dall’inizio della guerra, il governo israeliano ha stipulato accordi con diversi Paesi per importare manodopera a basso costo da impiegare nei settori di: agricoltura, assistenza domiciliare e costruzioni.
In precedenza, questi erano dominati da lavoratori stranieri sottopagati: thailandesi e filippini nei primi due settori, palestinesi della Cisgiordania nel terzo. La guerra, però, ha messo il settore edile in difficoltà.

Questo perché oltre alla morte di migliaia di operai a causa della guerra Israele ha bloccato circa 80.000 lavoratori palestinesi in seguito all’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso.
Per questo, prevede di rispondere alla situazioni importando 70.000 lavoratori dalla Cina, dall’India e da altri Paesi.

Il vice direttore generale dell’Associazione israeliana dei costruttori, Shay Pauzner, ha spiegato le ragioni di questa scelta.



La mia associazione si è rivolta all’India a causa della decisione di impedire ai lavoratori palestinesi di venire in Israele dall’inizio della guerra. Circa un terzo dei lavoratori del settore edile israeliano erano palestinesi, ma i permessi di lavoro sono stati cancellati.
In questo momento stiamo cercando qualsiasi modo per colmare questo divario. Siamo sotto pressione.
L’India sarà uno dei più grandi fornitori di lavoratori edili in Israele nei prossimi anni

Per la maggior parte della storia dell’India indipendente, questa non ha avuto relazioni diplomatiche con Israele. Ma le relazioni sono cambiate negli ultimi anni, sfociando in quello che alcuni analisti hanno definito “bromance Modi-Bibi“.
Gli stati indiani dell’Haryana e dell’Uttar Pradesh hanno infatti risposto positivamente alla richiesta di Israele, pubblicando un bando per circa 10.000 posizioni per lavoratori edili. L’Uttar Pradesh, inoltre, ha messo a punto una lista di 16.000 persone da inviare il mese prossimo per una selezione finale.

“Un terribile errore che costerà sangue”: i rischi per gli indiani

Le offerte di lavoro provenienti da Israele potrebbero nascondere molti pericoli.
A parlarne è Assia Ladizhinskaya, portavoce dell’associazione israeliana per la tutela dei diritti umani Kav LaOved.

I lavoratori migranti sono un privilegio. Un Paese che chiede alle persone di venire qui dovrebbe prendersi cura di loro, ma questo qui non sempre accade. I contratti ci sono, ma non vengono rispettati. Il problema è sistemico anche nelle situazioni più favorevoli: stipendi da famestraordinari non pagati, episodi di caporalatocondizioni abitative inadatte e una mancanza di attenzione generale per la componente umana di queste professioni

Della stessa opinione sono anche diversi sindacati e attivisti indiani, che parlano di condizioni di lavoro troppo pericolose.

Siamo contrari a questa campagna di reclutamento perché sta mandando i lavoratori nella bocca della morte

Voci contrarie provengono persino dall’interno del governo israeliano. Infatti, secondo un parlamentare israeliano dell’opposizione, Gideon Saar, il reclutamento di operai stranieri durante la guerra sarebbe un “terribile errore“.

Permettere ai lavoratori provenienti dal territorio di una popolazione nemica di entrare in Israele durante una guerra è un terribile errore che costerà sangue

Uno dei timori è che si ripeta l’esperienza dei lavoratori thailandesi.
Questi, prima dell’attacco del 7 ottobre, rappresentavano più di due terzi dei lavoratori migranti giunti in Israele attraverso accordi bilaterali.
Ma, dopo lo scoppio della guerra, oltre 60 thailandesi sono stati rapiti o uccisi, e circa 7.000 sono fuggiti. Stessa cosa per i lavoratori nepalesi, scappati dalla guerra in Israele.

Nonostante questi fatti, come racconta uno dei funzionari dei centri di reclutamento, i lavoratori indiani non sono disposti a demordere.

Da qualunque parte vengano, mi dicono solo una cosa: ‘Signore, voglio andare in Israele’

Gli indiani non demordono: “non ho paura della morte. Moriamo anche qui”

Secondo i dati del governo sulle forze di lavoro, la disoccupazione in India è in calo.
In occasione dello scorso G20, il Presidente Narendra Modi si era impegnato per mostrare l’India come una vera e propria “guida per il Sud del mondo. Difatti, L’India è la nazione più popolosa al mondo, quinta potenza per Pil, e ha mostrato la crescita economica più vigorosa degli ultimi anni.

Nonostante ciò, come osserva il professor Santosh Mehrotra, dell’Università di Bath, l’instabilità e la precarietà del lavoro rimangono aspetti critici.

Non è che i lavori non ci siano. È solo che i posti di lavoro organizzati stanno crescendo a malapena e, allo stesso tempo, il numero di giovani in cerca di lavoro è in aumento.

I dati sulla disoccupazione si aggirano intorno al 15% per i laureati di tutte le età, e al 42% per i laureati sotto i 25 anni.
La crisi colpisce quini maggiormente i giovani, la cosiddetta “generazione da nessuna parte“.
Pur avendo investito tempo e denaro nello studio e nella qualificazione, non riescono a trovare un lavoro stabile, che soddisfi le loro aspettative e quelle della famiglia. Hanno difficoltà a gestire un matrimonio e, non riescono a coprire il ruolo di capofamiglia.

Di conseguenza, secondo la professoressa Rosa Abraham dell’Università Azim Premji, sono soprattutto i giovani laureati a cercare fortuna all’estero, in Israele.

Questo gruppo aspira a redditi più alti e non vuole fare un lavoro insicuro. Questo gruppo sta barattando il rischio estremo di andare in Israele, con redditi più alti e un certo livello di precarietà ridotta

Ci sono, poi, diversi motivi per i quali migliaia di indiani si sono trovati senza lavoro stabile.
Alcuni parlano di prospettive limitate a causa della demonetizzazione dell’India del 2016, e al rigido blocco del Covid del 2020. Altri hanno denunciato imbrogli durante gli esami per accedere a posti di lavoro governativi, tra i più ambiti dalla popolazione. Molti altri, invece, hanno raccontato di aver cercato di pagare agenti per entrare illegalmente negli Stati Uniti e in Canada. Senza, però, riuscire a raccogliere denaro sufficiente per riuscirci.

Israele, da parte sua, promette salari ben pagati, stabilità, alloggi e servizi sanitari. E, nonostante gli attivisti per i diritti umani stiano mettendo in guardia gli indiani da offerte tanto attraenti quanto ingannevoli, questi preferiscono partire.

Sappiamo che c’è una guerra in corso in Israele. Ma non ho paura della morte. Possiamo morire anche qui

Giulia Calvani

 

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