In merito ad uno studio, sono state riscontrate microplastiche tra le nevi dell’Artico. Inoltre, alcune microplastiche, del diametro di meno di un millimetro, cadevano con la neve
Microplastiche tra le nevi dell’Artico. È l’analisi riportata da un gruppo di studiosi dell’Istituto Alfred Wegener in Germania. Tali risultati, pubblicati sul magazine Science Advances, riportano tutte le statistiche a riguardo delle microplastiche riscontrate al Polo nord. Le fibre plastiche, ad oggi molto diffuse negli Stati Uniti e in Europa settentrionale, stanno invadendo anche l’emisfero boreale. Inquinati, secondo gli ultimi studi, anche l’arcipelago norvegese Svalbard. Non sono esonerate neanche le inimitabili Alpi Svizzere. Oltre che le distese artiche, una delle zone ancora incontaminate del mondo. Stando alle ultime informazioni, le plastiche possono essere trasportate dal vento e dalla pioggia.
Il gruppo di scienziati tedeschi che ha sviluppato la ricerca, ha recuperato circa 15mila particelle per litro esaminato. Peggiora la situazione in Europa Continentale. Nella Baviera Rurale si contano 154mila particelle per litro. Tuttavia, non è la notizia peggiore. Durante lo studio il team ha riscontrato come, durante l’analisi, si aggiungessero anche altre particelle plastiche mentre pioveva. In poche parole, assieme alla materia già posata, la microplastica cadeva dal cielo assieme ad acqua e neve.
Microplastiche: è allerta?
L’allarme ambientale delle microplastiche tra le nevi dell’artico, non è da sottovalutare. Le particelle di materiale malleabile più piccoli di un millimetro, non superiori ai 5, provengono da diversi procedimenti industriali. Da residui di cosmetica, abbigliamento, fabbricazioni inquinanti come la lavorazione del caucciù, o degli pneumatici.
Tratto da fumi, residui e quant’altro, può essere diffusa attraverso il vento o la pioggia. Sebbene si renda più plasmabile col tempo, la plastica non è biodegradabile. Perciò possiamo ritrovarla propagata nell’ambiente in grandi quantità. Un riscontro ottenuto soprattutto negli ambienti marini o acquatici. Questo dato porta ad uno stato d’allerta. Ma anche di preoccupazione per l’ecosistema mondiale.
Sebbene siano in corso degli studi, la situazione si complica. Si ipotizza coinvolgano anche la fauna. Le plastiche possono essere ingerite e accumulate nel corpo e nei tessuti di molti organismi. Polli e suini d’allevamento sono spesso nutriti con materiale industriale. Ad esempio con ricavati polverizzati da piccoli pesci. La carne giunge poi anche nei supermercati e quindi in tavola. Tuttavia, prima di giungere a conclusioni poco positive sono in atto diverse ricerche. Coinvolta anche l’Efsa: l’autorità europea per la sicurezza alimentare sta indagando per scoprire tutti i dettagli a riguardo. Sia sulla loro diffusione, sia sulla loro pericolosità. Tuttavia, al momento il quesito rimane senza risposta.
Anna Porcari