Esoterismo e chiromanzia hanno da sempre suscitato interesse nell’uomo, e in diversi ambiti di studio è possibile trovare teorie e ipotesi che avvalorano – o semplicemente ricercano – l’esistenza di tali pratiche. Tra tutte, l’arte è sicuramente la disciplina che meglio si presta all’interpretazione e alla ricerca del mistero.
Quella che oggi proponiamo è un’analisi originale elaborata dal noto semiologo Omar Calabrese intorno alla “mano di Dio”, dettaglio dell’affresco “La separazione della Terra dalle acque” presente nella Cappella Sistina. L’ipotesi più accreditata rimanda direttamente al titolo, ma una domanda si è annidata nella mente dello studioso: e se non fosse solo la mano di Dio? Da qui, attraverso studi e ricerche, ha preso vita la teoria che la mano sia in realtà un autoritratto dell’autore. Prima di proseguire, è bene precisare che non ci sono testimonianze fondate del fatto che Michelangelo abbia praticato la chiromanzia.
Non temete, non ci addentreremo in paludi semiotiche che richiedono troppo tempo e spazio per essere spiegate; ci limitiamo a riportare gli elementi che meglio avvalorano questa tesi innovativa e un po’ azzardata.
Iniziamo dicendo che la mano ha il palmo aperto rivolto verso lo spettatore, così come le altre cinque presenti nell’affresco, e tutte riportano lo stesso sistema di linee e monti su cui si basa l’arte della chiromanzia; il palmo aperto ha la funzione di chiamare in causa colui che osserva e attirare la sua attenzione, e il motivo ripetuto marca la volontà di comunicare un medesimo concetto.
Calabrese, attraverso il confronto con i codici di chiromanzia contemporanei a Michelangelo, ha riscontrato dei tratti della mano che poco si andrebbero a conciliare con i concetti religiosi dell’epoca. In primo luogo, la mano è di forma conica, che nelle pratiche chiromantiche ha il significato di intelligenza, ma non solo: la linea della testa è molto lunga, a rimarcare il fatto che si tratta di un grande intelletto, ed è collegata a quella della vita, binomio interpretabile come esistenza guidata dalla mente; il pollice è distaccato, simbolo di determinazione, mentre il Monte di Mercurio è forte, ad indicare amore dell’arte e/o creatività.
Questi sono solo alcuni degli elementi che il semiologo porta come testimonianza della sua tesi; tuttavia essi non sono del tutto originali: tra il 1565 e il 1572 la Cappella Sistina subì un restauro dal parte del Carnevale, che potrebbe aver appiattito involontariamente la mano. Lascia ben sperare il fatto che i solchi autentici della prima stesura sono molto profondi, e potrebbero aver guidato il Carnevale al meglio durante il restauro.
Non sappiamo – e con assoluta certezza forse non si saprà mai – se l’ipotesi della mano come autoritratto sia vera oppure no, ma resta il fatto che Michelangelo fu ed è tutt’ora uno degli artisti di maggior peso in tutta la storia dell’arte, e questa ipotesi non fa altro che accrescere l’aura di mistero che sempre suscita ciò che è lontano da noi. Per l’analisi completa, rimandiamo al saggio “Le modalità e il segreto” (Chiromanzia di Michelangelo) di Omar Calabrese.
Margherita Moretti
Michelangelo potrebbe aver descritto la Passione del Signore, pur non esplicitamente rappresentata nei suoi affreschi della Volta e nel successivo Giudizio Universale, tramite l’identità del supplizio e nella somiglianza fisica tra Aman crocifisso dipinto sulla Volta e il Gesù Giudice del Giudizio Universale. Michelangelo avrebbe così indicato tramite la somiglianza fisica, che allude a una somiglianza funzionale, e il medesimo supplizio, che Gesù sarebbe morto durante un carnevale ebraico, almeno per quanto riguarda la prima parte della Passione.
Nel libro biblico di Ester, Aman primo ministro persiano scoperto che il suo rivale Mardocheo è ebreo, cerca di ucciderlo insieme con tutti i connazionali. Alla fine però sarà Mardocheo a far uccidere Aman sulla forca che preparò per lui. Gli ebrei nella festa religiosa carnevalesca di Purim ricordavano e ricordano tuttora, la salvezza degli ebrei e la morte del loro persecutore. L’identità del supplizio e la somiglianza fisica alludono a una somiglianza funzionale: Gesù sarebbe morto sulla croce interpretando (anche) il ruolo di Aman. Michelangelo, in tal modo anticipò di quattro secoli l’ipotesi dell’antropologo e storico delle religioni scozzese Sir James George Frazer (1854-1941) che con il suo lavoro: La crocifissione di Cristo del 1900 espresse per primo in modo formale e più approfondito tale ipotesi. Michelangelo mise la sua ipotesi sulla Passione del Signore così bene in vista nell’ambito del complesso degli affreschi della Cappella Sistina, che così facendo non la notò nessuno. Cfr. ebook/kindle. La Passione di Gesù negli affreschi di Michelangelo della Cappella Sistina.