Il 28 giugno 1992, a soli 55 anni, si spegneva l’enorme talento di Michail Tal, a causa di un’emorragia all’esofago.
Non si può non immaginare Michail Tal se non davanti ad una scacchiera, con l’immancabile sigaretta tra le dita della mano sinistra, e gli occhi immersi tra i meandri delle 64 caselle. E quando le sue pupille brillavano su quel mondo riuscivano a vedere possibilità ad altri sconosciute, a emancipare dalla banalità ogni posizione, ad esplorare la profondità degli abissi che una mente può raggiungere in una partita. Per Tal gli scacchi erano arte e bellezza assoluta, poesie in movimento. E quando si affacciò sulla scena internazionale, il mondo fu abbagliato dallo splendore fulgido del suo talento straordinario nel gioco combinativo. Sarebbe divenuto il più grande attaccante nella storia degli scacchi, il mago di Riga.
I sacrifici di Tal
Ci sono due tipi di sacrifici: quelli corretti e i miei.
I sacrifici erano un tratto distintivo dello stile di Tal. Spesso teoricamente scorretti e azzardati, ma terribilmente efficaci. Una concezione romantica dello sport più scientifico che ci sia. Eppure molti, tra avversari ed addetti ai lavori, come Korčnoj e Taimanov, dubitavano che il suo gioco lo avrebbe portato lontano. Dovettero ricredersi. Anche moderni cronisti hanno cercato di minare e ridimensionare la portata delle imprese di Tal, affidandosi alle analisi di computer di ultima generazione, che avrebbero svelato i punti deboli di alcune delle più celebri partite del campione. Punti deboli che gli avversari non sono riusciti a scovare, venendo travolti dall’energia vulcanica del lettone. Fredde analisi che non tengono conto che le partite si giocano tra uomini, che provano emozioni, e talvolta sbagliano, anche se grandi scacchisti. L’ennesimo capitolo dell’eterna sfida tra uomo e macchina, che la bellezza del gioco di Tal avrebbe vinto, a prescindere.
I numeri di Michail Tal
La bellezza prima di tutto, ma i risultati non sono mai mancati nel corso della sua splendida carriera. L’apice fu il campionato del mondo che conquistò nel ’60, a soli 23 anni, ai danni del connazionale Botvinnik. Ma ci sono anche i 13 ori (di cui 5 individuali) e i due 2 argenti conquistati alle Olimpiadi, oltre 60 tornei vinti, tra cui 6 campionati sovietici (record condiviso con Botvinnik), e il più lungo periodo di imbattibilità, 95 partite senza conoscere sconfitta, dal 23 ottobre 1973 al 16 ottobre 1974 (record che sarebbe stato superato solo nel 2005 da Tiviakov).
La malattia
Tal non ha dovuto lottare solo contro gli avversari, ma anche contro i mali fisici che lo affliggevano. Fin da bambino ebbe problemi ai reni. Il suo stile di gioco richiedeva un’intensa resistenza fisica, che non aveva. Tanti sono i tornei che non riuscì a portare a termine; tanti i ricoveri in ospedale. La malattia renale lo ha accompagnato per tutto il corso della carriera sportiva. Il vizio del fumo complicò ulteriormente il suo stato di salute. Ma Tal davanti ad una scacchiera non perdeva mai il sorriso.
Oggi il cadavere ha giocato bene
così commentò una sua vittoria all’Olimpiade dell’Avana nel ’66, ottenuta poco dopo le dimissioni dall’ospedale.
Senza questo enorme fardello, Tal avrebbe potuto ottenere molto di più. É come se la natura avesse voluto bilanciare il genio di Michail con l’enorme peso che da sempre doveva portarsi addosso. Se Tal avesse potuto giocare sempre al pieno delle sue forze, sarebbe stata travolta da tanta bellezza.
Antonio Scaramozza