Lo scorso giugno scrissi di una ricerca proveniente dall’università di Reading che individuava nel calcolare con più precisione la velocità delle espulsioni di massa coronale o CME (acronimo dall’inglese Coronal Mass Ejection) la chiave del tempo meteorologico spaziale.
Ora giunge notizia dal DOE (dipartimento dell’energia USA) e dall’Università di Princeton di una ricerca sempre in tema di meteorologia spaziale che, grazie agli avanzamenti nella capacità di simulazione del comportamento del plasma, promette di aumentare la nostra capacità di prevedere quando avvengono le CME. Lo studio è stato pubblicato su The Astrophysical Journal.
Il discorso è abbastanza complesso ma semplificando al massimo: i precedenti modelli utilizzavano delle semplificazioni per rendere i calcoli meno complessi, ma questo letteralmente toglieva dalle equazioni alcuni effetti fisici che invece hanno la loro importanza, dunque i modelli non erano così precisi nel simulare la realtà.
Gli scienziati guidati da Andrew Alt (studente laureato a Princeton nel programma di Fisica del plasma nel Princeton Plasma Physics Laboratory) non solo si sono certamente giovati della sempre crescente capacità di calcolo, ma hanno anche utilizzato una struttura chiamata Magnetic Reconnection Experiment (MRX) che serve per studiare il plasma che si genera nei tokamak in cui si studia la fusione nucleare. Naturalmente hanno dovuto apportare delle correzioni ai loro calcoli perché comunque il plasma nella corona solare si comporta diversamente da quello in laboratorio.
Dunque i modelli elaborati da Alt e colleghi si distinguono dai precedenti per una migliore conoscenza del comportamento del plasma e per aver eliminato semplificazioni ed assunzioni partendo da dati grezzi.
Quanto sopra per quel che riguarda la metodologia del nuovo studio, per quel che riguarda cosa ha portato a scoprire in concreto invece: la realizzazione che un effetto chiamato “torus instability” (letteralmente instabilità toroidale, la forma toroidale è propria del tokomak appunto) una forma di leggera oscillazione può causare che le corde chiuse su se stesse nel campo magnetico solare si sleghino dalla superficie e a quel punto partirebbe una ondata di plasma.
Roberto Todini