Lontana dall’epoca del fordismo, ed assuefatta alle politiche imposte dal ‘lavoro liquido’, l’umanità si prepara ad interfacciarsi a nuove prospettive lavorative: il metaverso, infatti, costringe non solo alla costituzione di un mercato parallelo, ma anche alla formazione di nuove professioni e rapporti lavorativi alternativi
Quando il filosofo Martin Heidegger denunciò l’approdo definitivo dell’umanità a quello che egli chiamava mondo della tèchne all’indomani dell’allunaggio, non veniva solo a rafforzarsi la sua idea di progressivo allontanamento dalla ‘autenticità della vita’, ma, in qualche modo, si palesavano anche le modalità attraverso le quali tale processo andava palesandosi. Evidenziata, infatti, l’eterogenesi dei fini, cioè la confusione tra fini e mezzi, lo sviluppo scientifico ammetteva il completo disinteresse nei confronti del progresso sociale in favore di un non ben definito progresso tecnico, che percepisce i propri attori come pedine sostituibili, fantocci armati di soli ruoli e mansioni. E’ con l’inasprimento della tèchne, che in questo senso può essere definita come reale lascito del processo di ‘deresponsabilizzazione’ nazista, ben analizzato da Hannah Arendt tramite la banalità della figura di Eichmann, che siamo giunti al metaverso e ai mestieri ad esso correlati.
Nel tentativo di analizzare l’effetto di tale processo è interessante notare le tre macro-trasformazioni subite dalle modalità lavorative nell’ultimo secolo.
Fordismo: produttività e spazio occupato
La maggior parte del secolo che ci lasciamo alle spalle è stato definito dal lavoro inteso in senso fordista: il concetto, coniato in senso dispregiativo da Gramsci, indica la forma di produzione caratterizzata dalla catena di montaggio e dall’utilizzo di macchinari, intesi come sostegni produttivi, al fine di incrementare la produttività stessa.
Il termine fa riferimento all’industriale statunitense Henry Ford, il quale, ispirandosi alle teorie di Frederick Taylor circa l’implemento della produzione aziendale, riuscì a ritagliarsi un importante fetta del mercato manifatturiero: la minuziosa organizzazione aziendale, l’attenzione posta prima nella scelta e poi nella formazione degli operai, l’abnegazione degli stessi e i contratti caratterizzati da stipendi dal valore doppio rispetto a quelli offerti da tutti gli altri competitors, posero il fordismo nell’olimpo delle cosiddette filosofie sociali, al punto da ispirare generazioni di imprenditori di tutto il mondo.
Esempio emblematico della produttività fordista era l’impianto di River Rouge: sorto a 9 chilometri da Detroit, copriva un’area di oltre 4 milioni di metri quadrati.
Il gigantesco complesso, utilizzato durante la prima guerra mondiale per la produzione di battelli antisommergibili, era in grado, secondo le statistiche, di trasformare tonnellate di materia bruta in 750 trattori Fordson montati, verniciati, provati e pronti alla spedizione o alla vendita, in meno di 24 ore.
Il River Rouge venne ben presto assunto quale modello di impianto urbanistico ottimizzato per la produzione industriale. In esso, infatti, erano ben visibili i quattro elementi chiave del fordismo:
- Separazione dei diversi compiti tra diversi gruppi di lavoratori: all’interno di questi i non specializzati eseguivano semplici mansioni, mentre gli specializzati ricoprivano incarichi ben più complessi, quali quelli relativi alla ricerca, al design della vettura, al controllo qualità e al marketing
- Fabbricazione standardizzata
- Le macchine non sono disposte per criterio di somiglianza ma funzionalmente, cioè nell’ordine di sequenza richiesto per la fabbricazione del prodotto
- Linea di assemblaggio, che, assieme alla già citata standardizzazione, incrementava enormemente l’indice di produttività
Il fordismo, in conclusione, poneva la questione della produttività sui campi della solidità, garantita dai contratti a lungo termine offerti ad operai selezionati e formati con premura quasi ossessiva, e dalla necessità di occupare spazio fisico, quello spazio, cioè, dedicato ad immagazzinamento di risorse, lavorazione del prodotto e stoccaggio.
Lavoro liquido e la svolta del software
Per lavoro liquido si intendono i rapporti precari sviluppati all’interno di quella che Zygmunt Bauman definì società liquida: su di esso, credo, non ci sia bisogno di soffermarsi più di tanto, dal momento che siamo già ampiamente assuefatti al significato e agli effetti di termini quali ‘precarietà’, ‘contratti a tempo determinato’ e ‘soft skills’.
Il passaggio da una filosofia sociale dell’hardware, esemplificata dal fordismo, a quella del software, di cui la Microsoft, credo, sia l’esponente più riconosciuto, ha determinato evidenti stravolgimenti sociali ed economici.
In primo luogo, all’interno della società liquida la percentuale di lavoratori che raggiungono la pensione nella stessa azienda che li ha formati è ridotta a minimo. I motivi sono molteplici: dal calo a cui è andato incontro il potere di acquisto dei lavoratori, costretti ora a diversificare le proprie fonti di guadagno, passiamo a quelli relativi all’iper-velocizzazione delle informazioni e dell’acquisizione di capacità, che ha reso meno utile concentrare l’attenzione sulla formazione del lavoratore dal momento che si ricerca un profilo già formato, o almeno dotato delle cosiddette soft skills adatte.
La mano inizialmente semi-aperta della tèchne sta sempre più stringendosi a pugno e costringe in maniera sempre più pressante gli individui a considerare se stessi quali semplici pedine della produzione.
In secondo luogo, nella società liquida risulta colmato il gap che ha sempre distinto la vita lavorativa e la vita privata: i social media, utilizzati oggi come vetrina pubblicitaria, come trampolino di lancio per una carriera da sofisti, trasformano la vita dei cosiddetti influencer in fonte di guadagno.
Quest’ultimo caso rappresenta la quint’essenza dell’eterogenesi di cui sopra: la produttività olistica evidente in questo caso palesa il fatto che non ci sia alcun fine ultimo a cui essa punti. Tendiamo, in altri termini, a produrre per la semplice ed irrazionale necessità di farlo.
In terzo luogo, e ciò si è inasprito soprattutto durante il periodo pandemico, i rapporti di lavoro non sono più rappresentati da rapporti umani. La possibilità di lavorare da casa, nella piena comodità della propria comfort zone, nega, da un lato, la possibilità del confronto e, dall’altro, quella di corporazione tra lavoratori.
Le condizioni contrattuali a cui oggi milioni di lavoratori sono costretti risultano essere conseguenze inevitabili della filosofia sociale liquida, e della sua endemica strategia dell’isolamento, inteso quale unico antidoto al tentativo di difesa del diritto al lavoro.
La strategia del software, dunque, irradia la propria capacità produttiva attraverso i concetti di de-spazialità, cioè abbandono degli impianti produttivi fisici, e della precarietà.
Metaverso: nuovi mestieri e spazio alternativo
Con il termine Metaverso ci si riferisce generalmente alla rappresentazione digitale di un mondo virtuale, esplorabile in prima persona tramite l’utilizzo di un avatar, al fine di offrire un’esperienza ibrida, tra il digitale e l’esperienziale.
L’idea, nata dalle pagine fantascientifiche dello scrittore statunitense Neal Stephenson, ha oggi un’effettività sorprendente anche grazie alla nascita dei visori e delle infrastrutture tecnologiche in grado di corroborare lo sviluppo della realtà aumentata stessa. Grazie ad essi, infatti, gli utilizzatori di tali tecnologie sono in grado di calarsi all’interno del mondo virtuale direttamente in prima persona.
Esiste però un altro aspetto che sta prendendo piede all’interno del metaverso, ovvero la possibilità di detenere una proprietà esclusiva e di operare compravendite di oggetti virtuali presenti all’interno di esso sotto forma di NFT. Quest’ultimi sono token non fungibili, attraverso i quali viene certificata la proprietà, unicità ed autenticità del bene presente all’interno del Metaverso stesso.
Risulta interessante, inoltre, notare come il metaverso, inteso questa volta come terreno lavorativo parallelo a quello a cui siamo di fatto abituati, abbia imposto la costituzione di figure professionali ad hoc.
Secondo la Randstat Italia, che con la sua branca Randstat Professionals è interessata alla ricerca di figure per middle e senior management, sono 7 le figure professionali più ricercate nel metaverso:
- Network Engineering. Specialista nella gestione delle reti aziendali e dei flussi di dati. È responsabile del funzionamento del sistema informatico di un’azienda;
- Cybersecurity Specialist. Figura professionale esperta in cybersecurity in grado di garantire la sicurezza delle reti e la protezione dei dati;
- Blockchain Specialist. È il professionista specializzato sulla blockchain, tecnologia che sta alla base dell’economia del Metaverso;
- Virtual Reality Designer. È l’esperto che si occupa di creare mondi digitali immersivi, simulando e modellando le esperienze dell’utente e le interazioni che oggetti e servizi possono avere nel mondo virtuale;
- Innovation Manager. Professionista che aiuta le aziende nella trasformazione digitale, specializzato nel settore del Metaverso e in grado di innovare i processi interni e migliorare la competitività sul mercato;
- Crypto Artist. È l’artista crittografico che realizza, grazie alla tecnologia NFT, opere digitali;
- Head Of Metaverse. Esperto del Metaverso e con una profonda conoscenza dell’ecosistema del web, è capace di disegnare una strategia digitale per aumentare la presenza del brand sulla piattaforma.
Abbandono dello spazio fisico e creazione di un’alternativa
L’approdo al metaverso, credo, dimostra, da una parte, la sensatezza della posizione di Heidegger, il quale aveva inteso con lungimiranza la decadenza di una società guidata dalla produttività irrazionale, quella, cioè, a cui è stato negato uno scopo effettivo, e, dall’altra, rappresenta la conseguenza più logica rispetto alla tendenza del mercato di abbandonare il mondo fisico, quello sustanziato dai chilometri di terreno occupati dalla River Rouge della Ford.
Il metaverso, in conclusione, rappresenta la più recente ed inclusiva creazione della tèchne: a differenza di tutte le altre, gode infatti della qualità della riproducibilità illimitata. Essendo lo spazio a sua disposizione infinito, in quanto digitale, la proliferazione di meta-mercati è potenzialmente illimitata e, in quanto tale, è in grado di inglobare in toto la domanda clientelare globale.
Luigi Di Vito