Di Luca Paladini
Una delle cose che più mi colpiscono di questa seconda ondata è come in buona parte cambiato il sentimento verso il personale sanitario.
Ricordate i murales, i meme dove i supereroi si inchinavano al loro passaggio, la retorica sugli angeli con il camice bianco?
Puff.
Sono passati pochi mesi, ma pare un’era.
Ho ricevuto una lettera da un volontario della croce rossa che riporto integralmente:
Ciao Luca,
Posso dirti una cosa?Io non ci credo più.Non credo più alla nostra capacità d’essere comunità, di sostenerci, trattenere il fiato e chiudere gli occhi tutti insieme in attesa che passi.Non credo più alla nostra forza di volontà di provare a raddrizzare le cose.Faccio il volontario del 118.Sono dentro un’ambulanza 6 ore al giorno qui a Milano.La città la vedo da un finestrino appannato.Ma che lockdown è?Ma che zona rossa è?Ma cosa hanno chiuso?Niente Luca.Non abbiamo più voglia di stringere i denti.Sono tutti per strada.Se non ci danno ordini marziali non ci sappiamo autodisciplinare.Io salgo ogni volta le scale di un palazzo con l’immutata voglia di rendermi utile ma sempre più amareggiato.Non solo non stiamo cambiando, ma ci stiamo rassegnando non a convivere con il virus, ma a fare finta che non esista più.Sono stanco e ho paura.Sento che è crollata anche l’empatia verso il nostro lavoro.Verso tutti gli operatori sanitari.Il rumore delle nostre sirene da quasi fastidio.I gridi d’allarme di chi lavora in ospedale sempre più inascoltati.Ho paura perché è solo il 7 novembre e così possiamo reggere ancora per poco.Ti abbraccio e grazie di continuare a stare dalla nostra parte.Luigi
Ecco se i Luigi oggi impegnati al fronte si sentono quasi un disturbo, altroché se non è andato tutto bene.
L’Italia ha la memoria di una formica e tanto al chilo esalta e getta nella polvere.
Detesta e riabilita.
Prende delle cotte poi tradisce.
Sono bastati pochi mesi e nonostante quella gente li continua a salvarci la vita facendo turni massacranti, per un pezzo significativo di Paese è diventata la nemica.
Metamorfosi ingloriosa di un momento dove gratitudine e coerenza sarebbero stati appigli fondamentali.