Metalli pesanti nel suolo: la cannabis potrebbe aiutarci a ripulire i terreni contaminati

metalli pesanti nel suolo

Fibra naturale dalle numerose potenzialità, è oggi un’utile alleata contro i metalli pesanti nel suolo. A confermarlo ci sono diversi progetti sperimentali.

La canapa (Cannabis sativa) è una pianta dalle mille risorse, molte delle quali conosciute sin dall’antichità. Ancora oggi è utilizzata in diversi campi industriali, che vanno dalla cosmetica all’alimentazione, dal settore tessile a quello della medicina. Tuttavia, secondo dei recenti studi, potrebbe avere un contributo fondamentale anche per l’ambiente e, in particolare, per eliminare i metalli pesanti nel suolo.




La canapa

Appartenente alla famiglia delle Cannabinaceae, è una pianta arbustiva a ciclo annuale, che può raggiungere anche i sette metri di altezza. In natura, è una specie dioica con il genere femminile morfologicamente diverso dal maschile, soprattutto per quanto concerne il fiore. Dagli anni Sessanta del secolo scorso, l’uomo ha sviluppato delle tecniche per produrre varietà monoiche e quindi autofecondanti.

Sulla classificazione ci sono diverse scuole di pensiero, tra le quali la più accreditata contempla una sola specie con più varietà. Di queste, le più comuni sono: Cannabis indica (Oriente), Cannabis sativa (Occidente) e Cannabis ruderalis (Russia e Ucraina). Contiene circa 600 sostanze chimiche, di cui 140 appartengono alla famiglia dei cannabinoidi, concentrati prevalentemente nelle infiorescenze.

In particolare, sono ampiamente conosciuti il CBD (cannabidiolo) e il THC (tetraidrocannabinolo). Il primo ha effetti terapeutici sugli animali e sull’uomo, in quanto interagisce con diversi sistemi del corpo (es. sistema nervoso). Invece, il THC ha effetti prevalentemente psicotropi sull’organismo.

La fitorimediazione

Anche conosciuta con il nome di fitorisanamento, è una tecnologia piuttosto recente, che utilizza le piante per bonificare i terreni dai contaminanti. In genere, si utilizzano specie vegetali capaci sia di stimolare la degradazione dei composti organici sia in grado di assimilare i metalli pesanti.

Negli anni Cinquanta del secolo scorso, si scoprì che la canapa poteva essere un potente alleato contro l’inquinamento dei suoli, poiché particolarmente veloce nell’assorbire alcune sostanze notoriamente pericolose, quali il cadmio (Cd) e la diossina. Inoltre, è una tecnica vantaggiosa poiché naturale, economica, poco invasiva per l’ambiente e applicabile direttamente in situ.

Di contro, tale tecnologia rimane comunque complessa, in quanto richiede dei tempi lunghi e una profonda conoscenza dei contaminanti presenti nel suolo, al fine di scegliere le specie migliori per il processo di bonifica. Infatti, è fondamentale mantenere le piante vitali, considerando l’accumulo, spesso importante, di contaminanti.




 La fitoestrazione

Numerosi studi hanno dimostrato che la canapa è un ottimo mezzo per estrarre i metalli pesanti e i radionuclidi dal suolo. Tramite le radici, le piante iperaccumulatrici, assorbono i contaminanti grazie anche all’espressione degli HA-genes (HyperAccumulator Genes). Mediamente la canapa ha una capacità di accumulo anche 100 volte superiore alle piante comuni. Nel caso della cannabis, il potenziale di fitoestrazione dipende sia dal tipo di metallo pesante sia dalla sua concentrazione. Inoltre, contribuiscono anche altri fattori quali le caratteristiche del suolo e la varietà di canapa.

Canapa e IPA

Esistono diversi studi sull’efficacia di questa pianta nel bonificare il terreno dagli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). In particolare, i risultati hanno mostrato una crescita aumentata dal 140% al 314% in peso a ogni ciclo di trattamento rispetto ai controlli. La maggior parte delle sostanze si accumulano nelle radici e, inoltre, l’aggiunta di agenti chelanti, ad esempio l’acido etilendiamminotetraacetico (EDTA), aumenta la disponibilità e la mobilità dei metalli pesanti nel suolo. 

Canapa e metalli pesanti nel suolo

Secondo quanto scoperto dai ricercatori, la crescita delle piante avviene regolarmente sia a basse concentrazioni di metalli pesanti (Cd, Cu, Ni, Pb e Zn) sia a livelli maggiori, ai quali addirittura la produttività di biomassa aumenta. Inoltre, la canapa ha un apparato radicale molto lungo (circa 2 metri), pertanto tale specie potrebbe ripulire il suolo in profondità e renderlo di nuovo fertile, quindi riutilizzabile per l’agricoltura.

I risultati non hanno evidenziato differenze statisticamente significative tra la resa dello stelo e dell’infiorescenza in terreni di controllo e contaminati. Lo stesso è emerso per quanto concerne l’altezza della pianta e il diametro dello stelo, ovvero no ci sono variazioni importanti.

In genere, gli inquinanti si accumulano nelle radici, ma, a concentrazioni particolarmente elevate nel suolo corrisponde un accumulo mediamente superiore anche nei tessuti vegetali. In questo caso, superati certi limiti, la pianta potrebbe cominciare a soffrire . Ad esempio, l’accumulo di cadmio (Cd) nelle radici non è pericoloso sino a valori pari a 800 mg kg -1.  Tuttavia, se tale sostanza raggiunge concentrazioni di 50-100 mg kg -1 in altre aree, si potrebbe verificare un impatto negativo dei contaminanti sulla fotosintesi.

Genetica e metalli pesanti

Tendenzialmente le piante di canapa esposte ai metalli pesanti sono più reattive e, infatti, mostrano un aumento di fitochelatina (GSH), suggerendo la capacità della specie di limitare il danno cellulare attivando particolari meccanismi molecolari. In particolare, quest’ultimi permettono il prelievo di metalli dalla parete cellulare e dai vacuoli.

Riutilizzare le piante di canapa impiegate nella fitodepurazione

Sebbene le piante non sembrino soffrire l’accumulo di metalli pesanti, è lecito chiedersi se tali esemplari possano essere utilizzati poi in altri settori commerciali. Ci sono diversi studi al riguardo e, da quanto emerso, l’impiego nell’alimentazione e per fini medicinali non è pericoloso, in quanto le concentrazioni di inquinanti sono sotto la soglia consentita per legge.

Tuttavia, un eventuale aumento anomalo di metalli pesanti nel fusto potrebbe essere pericoloso per il settore tessile, poiché i capi d’abbigliamento sono ricavati dal floema dei fusti. Quindi, qualora si verificasse, sono opportuni ulteriori accertamenti per non mettere in pericolo la salute dei consumatori.

Invece, il settore della carta potrebbe ricavare importanti vantaggi da questo doppio utilizzo, poiché le piante cresciute su terreni con metalli pesanti hanno mediamente una biomassa maggiore.

Due progetti italiani

Attualmente ci sono diversi progetti sperimentali messi in essere da centri di ricerca in tutto il mondo. Tra questi spiccano due ricerche italiane in ambito di fitorisanamento: il progetto GREEN e il progetto BIO SP.HE.RE.

Il progetto GREEN

Generare Risorse Ed Economie Nuove (GREEN) è partito in Puglia nelle vicinanze dell’ex ILVA (Taranto) nel mese di marzo 2021 ed è gestito dall’Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi (ABAP). Gli obiettivi previsti sono molteplici, quali:

Come afferma Marcello Colao, biologo di ABAP, “l’utilizzo della canapa per la fitorimediazione non porterebbe solo alla creazione di un nuovo sistema di utilizzo del territorio, ma anche alla creazione di occupazione e di risorse sostenibili per la comunità, secondo i principi della green economy e della bioeconomia.”

Il progetto BIO SP.HE.RE.

Bio Integrated Spirulina and HEmp REmediation è stato realizzato dalla start up pugliese ApuliaKundi, che è specializzata nella ricerca e produzione di microalghe.

Per circa 22 mesi, il team ha cercato di verificare le capacità della canapa di bonificare dai metalli pesanti il suolo, con il contributo di un mix di alghe. Dai risultati è emerso che questa combinazione potenzia l’efficacia del metodo. Infatti, le microalghe velocizzano sia il processo di fitorimediazione sia favoriscono l’assorbimento di sostanze come cadmio, nichel e zinco.

Secondo Vito Gallo, professore di Chimica e coordinatore del progetto, “gli utilizzi che si potrebbero prevedere per la canapa allevata in un contesto fitodepurativo sono principalmente la bioedilizia e l’energetica”. Per quanto concerne questo ultimo aspetto, si fa riferimento alla possibilità di ricavare energia mediante un processo di combustione, così che gli inquinanti non entrino mai più in un nuovo ciclo di vita.




La piaga dei metalli pesanti

Ampiamente diffusi nell’ambiente, sono anche microelementi importanti per il funzionamento di alcuni organismi animali e vegetali. In genere, le principali tipologie responsabili dell’inquinamento ambientale sono: Cadmio (Cd), Cobalto (Co), Cromo (Cr), Rame (Cu), Manganese (Mn), Molibdeno (Mo), Nichel (Ni), Piombo (Pb), Selenio (Se), Zinco (Zn), Ferro (Fe), Mercurio (Hg) e Stagno (Sn).

La loro presenza nel suolo, se a basse concentrazioni, è naturale, poiché essi derivano dai processi pedogenetici subiti dalle rocce. Purtroppo, ad oggi la loro presenza nel suolo ha raggiunto livelli spesso troppo elevati a causa di alcune attività industriali, quali:

Il problema principale per l’ambiente è legato al fatto che queste sostanze hanno tempi di degradazione estremamente lunghi e, inoltre, si accumulano facilmente nei tessuti viventi, arrecandogli danni.

La percentuale totale di inquinanti nel suolo dipende da molteplici fattori, ad esempio dalle proprietà chimico-fisiche del terreno e del metallo, nonché dalla loro solubilità. Di solito, i più studiati sono: Pb, Zn, Cu e As. Infatti, a livello ambientale, configurano tra gli elementi più potenzialmente pericolosi. In particolare, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente in USA classifica il Pb tra gli inquinanti prioritari a causa della sua  carcinogenicità per l’uomo.

La pianta della discordia

A lungo criticata e soprattutto condannata per gli effetti di alcune sue sostanze, oggi la canapa comincia a essere conosciuta ovunque per tutte le sue potenzialità. Tuttavia, è ancora vittima di una sostanziale disinformazione, che la rende oggetto di accesi dibattiti sia tra le autorità sia tra le gente.

E mentre in diversi paesi del mondo si discute se legalizzarla o meno, l’ambiente ripone grandi speranze in lei, ma nelle sue radici piuttosto che nei tanto discussi cannabinoidi.

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