Le forme di censura riconoscono numerosi canali di trasmissione, variegati di paese in paese.
Ciò che concerne l’oppressione delinea, matematicamente, una “dimostrazione” di potere, superiorità rispetto all’altro; parliamo di un atteggiamento di ceto il cui ceppo risiede nel riconoscimento del suddetto potere. Da questo punto di vista, le forme di censura politiche sono disparate e solidificano la propria efficacia attraverso il “consenso” – se di questo si può parlare – del cittadino annesso.
Nessuna forma di potere, nella storia, ha mai avuto uno sbocco tale da valicare il consenso cittadino; benché sia proprio il civile, elettore, ad essere successivamente sottomesso all’estro del potere, ciò non esclude una pre-fase di consenso.
E anche dove il consenso dovesse mancare, non mancherà l’occasione di realizzare il “dietro le quinte” necessario ad ottenere il medesimo risultato.
Mesut Özil è un giovane calciatore, centrocampista dell’Arsenal, di origine turca e naturalizzato tedesco.
Il 13 dicembre del 2019, con un tweet, denuncia il maltrattamento degli Uiguri, una popolazione turcofona di religione islamica situata a nord-ovest della Cina. Attualmente, sotto il giogo del governo cinese, queste persone subiscono un trattamento di “rieducazione” in dei veri e propri lager; le immagini e le poche informazioni che riusciamo a carpire sono divenute motivo di preoccupazione per l’UE, la quale, proprio ieri, ha proposto un secco ammonimento.
Qui apriamo il Vaso di Pandora: la NetEase, azienda dedita alla pubblicazione del videogioco Pro Evolution Soccer in Cina (PES), censurerà la figura di Mesut Özil dal titolo videoludico 2020. La motivazione? Secondo un portavoce di NetEase, il calciatore avrebbe «ferito i sentimenti dei fan cinesi e ha violato lo spirito d’amore e di pace dello sport». Motivazione povera per una facciata piuttosto palese; Mesut Özil, dal canto suo, non può che accettare la situazione.
La beffa, in tutto ciò, risiede nella completa dissociazione dell’Arsenal, la quale prende le distanze dal tweet del proprio calciatore.
Descritta in questo modo, la censura in causa sembrerebbe una bazzecola; si sta parlando di un videogioco.
In realtà, l’atteggiamento della società sportiva, nonché la reazione (e giustificazione) della NetEase sono molto esplicite. L’entrata in scena dell’UE, in qualche modo, accenna a probabili provvedimenti futuri, ma non ne abbiamo una sicurezza; una sanzione, un provvedimento spicciolo, in cambio della vita di un essere umano.
Ciò che attualmente il popolo Uiguri sta passando è ben al di là di ogni più rosea costatazione; non c’è solo una brusca retromarcia, storicamente degradante, ma la consapevolezza dell’impotenza.
I rapporti diplomatici contemporanei, ormai, si instaurano sul nulla, a volte su qualche postilla nero su bianco; in altri casi, sul peso della negligenza, dopo aver ignorato la gravità dei fatti e toccato il fondo. Tra paesi sussiste una “paura inconscia”, un approccio cauto e terribilmente chiuso, a discapito dei singoli, della sopravvivenza terrena; il bene più importante e maggiormente siglato durante comizi e assemblee diviene una merce di scambio, insolente e poco rispettosa nei confronti della vita. Lo specchietto per le allodole in virtù del consenso immediato.
Il coraggio di Mesut Özil, personaggio pubblico e di spicco, tuttavia solo, vale più di ogni altra azione politica, in quanto uomo e in quanto responsabile. Resta da vedere fino a che punto spingeranno le forze del mondo per far sì che un crimine simile non diventi l’ennesimo teatrino pirandelliano, in cui il peso di una sola maschera può valere molto più di intere famiglie.
Eugenio Bianco