Il presidente messicano Obrador, in occasione dei 500 anni della Conquista, ha chiesto scusa al popolo Maya per gli abusi subiti e per la discriminazione che ancora oggi deve affrontare.
Le scuse sono arrivate durante un evento al Museo de la Guerra de Castas, alla presenza della rappresentante Maya dello Yucatan, Ana Karen Dzib Poot. All’evento era presente anche il presidente del Guatemala Alejandro Giammattei.
Le scuse del presidente non si sono riferite soltanto al periodo della Conquista, ma anche al dominio coloniale e ai torti subiti dal popolo Maya sotto il Messico indipendente: ancora oggi, infatti, questa popolazione deve affrontare problemi come il razzismo e l’emarginazione, oltre che la minaccia continua alle proprie comunità indigene.
In Messico, i Maya chiedono di passare dalle parole ai fatti
Proprio in riferimento all’ultimo punto, le scuse del presidente hanno assunto un carattere controverso, o quanto meno aleatorio.
Questo perché Obrador è il promotore del Treno Maya (Tren Maya), una ferrovia turistica da 7 miliardi di dollari. L’ambizioso progetto rischia di trasformare le comunità indigene delle zone attraversate – ben 1500 chilometri – in una zona inospitale verso le comunità che vi risiedono. Questo spiega perché, quando il presidente ha accennato del progetto durante la cerimonia, ha ricevuto in cambio una valanga di fischi.
I lavori, inoltre, sono iniziati senza attendere il parere del Ministero dell’ambiente sull’impatto ambientale. Questi lavori, infatti, prevedono la deforestazione di 80 ettari di verde solo nella prima fase.
Gli indigeni, per questo motivo, hanno presentato tre ricorsi. I primi due sono stati rifiutati, ma uno è arrivato alla Corte Suprema. Il cantiere del percorso ferroviario danneggerebbe, infatti, il valore religioso e culturale delle zone in cui risiedono queste comunità. I lavori, inoltre, metterebbero a rischio svariate specie di uccelli e di rettili.
Il significato simbolico delle scuse non è passato inosservato, ma gli indigeni meritano rispetto e comprensione: non una ferrovia nei luoghi a loro cari, ridotti a giocattolo turistico.
Giulia Terralavoro