Israele ha inviato ad Assad diverse lettere, segretamente per messo di una “parte terza” che non viene rivelata, in cui chiede a Damasco di rinunciare all’alleanza con Iran ed Hezbollah – e in cambio si dichiara pronta ad operare in vista di “una soluzione politica in Siria”, e di “metter fine ai suoi attacchi [aerei] sulla Siria”. Anzi di più: “Tel Aviv si sarebbe impegnata a metter termine all’occupazione militare del Golan e tornare ai termini del cessate il fuoco del 1973”, sempre se la Siria taglia definitivamente i ponti con Iran ed Hezbollah.
Lo afferma il giornale israeliano Maariv, e lo riporta un articolo della iraniana PressTv. Se c’è del vero in questa notizia, bisogna ipotizzare che Sion, mentre s’è unita alla campagna “chimica” anti-Assad e ha mobilitato il cosiddetto Occidente sulla linea dell’imminente intervento armato diretto di tutti i vassalli, con Trump in prima linea pronto a cominciare subito, in realtà è come minimo preoccupata di un conflitto alle porte di casa – e potenzialmente in casa – con le due superpotenze nucleari impegnate; e non è tanto sicura di una facile vittoria contro Iran ed Hezbollah.
Questa è la valutazione di PressTV, quindi presumibilmente degli ambienti militari iraniani. I quali parlano addirittura di “panico” della dirigenza politica e militare israeliana per le ultime avanzate dell’esercito siriano e dei suoi alleati; nonostante abbia cercato in tutti i modi di bloccarle per interposte organizzazioni terroriste, gli islamisti che arma, sostiene e che i suoi ufficiali palesemente guidano.
“Sul fronte sud siriano Israele ha moltiplicato le azioni per interposti terroristi”, scrive PressTv: “Ma la complessità del fronte sud non e minore di quella del fronte nord. Le regioni del sud della Siria cono controllate dai terroristi di Daech e di Al-Nusra soprattutto a Deraa; Daech agisce essenzialmente a Wadi Yarmouk ad ovest di Deraa, area a forma di triangolo con tre lati: Giordania, Golan occupato e Siria Meridionale.
Per quanto riguarda Daesh, “il sostegno di Israele , i rovesci continui al Nord e all’est della Siria, fan sì che questo gruppo si adoperi per tenere ad ogni costo le sue posizioni nel sud della Siria”. Quanto ad Al Nusra, “gode del largo sostegno del centro di comando di Al-Mouk in Giordania dove sono presenti, fra altri, anche ufficiali israeliani. I terroristi si fanno aiutare da tutti. Ma le lettere di Israele ad Assad provano che in termini militari, la disfatta del campo opposto a Damasco è ritenuta certa, altrimenti Tel Aviv non si sarebbe abbassata a tal punto da supplicare ”.
Supplicare? A dire il vero, il ministro della Guerra israeliana Avigdor Lieberman, in un’intervista al giornale Yediot Ahronot, ha dichiarato che “I due attacchi avvenuti a Idlib, in Siria, quello chimico omicida sui civili e quello all’ospedale locale, sono stati condotti su ordine diretto e dietro progettazione del presidente siriano Bashar Assad, mediante aerei da combattimento siriani”.
Ci può essere una doppia recita, la faccia feroce e l’unità bellica dell’intero Occidente per la platea, e trattative sotto sotto?
In realtà, gli iraniani segnalano che “la coalizione americana ha anche facilitato negli ultimi giorni il trasferimento di grandi convogli d’armi e munizioni di Daesh dalla regione di Hamad Hawsh (Aleppo?) verso Uadi Yarmouk, sotto gli occhi benevoli dell’aviazione americana, non lontana dalla provincia pro-salafita di Giordana, la famosa Al Zarka [da cui venne il leggendario qaedista Al Zarkawi, ndr.]. A quanto sembra, Washington mantiene la spada di Damocle sulla testa del re giordano, la spada di Daesh. Con quella minaccia, re Abdallah rifletterebbe due volte prima di dire no a Washington e si unirà alla causa Usa-Israele. In chiaro: terrà a freno certi ufficiali del suo esercito che si vorrebbero avvicinare all’armata siriana per vincere davvero Daesh”.
Ripeto: questa è una valutazione iraniana, forse di propaganda, che riferisco. Ma basta a rendere l’idea della complessità della situazione, della fragilità e delle insicurezze che stanno percorrendo i campi opposti. Sembra evidente che ci sia una scena per la grande platea mediatica, di cui noi siamo vittime e spettatori – che dobbiamo credere la guerra decisa e imminente – mentre sotto si scambiano, sottobanco offerte e domande.
Ne è prova l’ultima, clamorosa notizia (gli eventi si succedono con una rapidità superiore alla possibilità di registrarli):
La Russia riconosce Gerusalemme Ovest capitale d’Israele –
Mosca: “Gerusalemme Est lo sarà del futuro stato Palestinese”
“Mosca “riafferma” l’impegno verso i principi delle Nazioni Unite per la soluzione della questione israelo-palestinese, che “comprende lo status di Gerusalemme Est come capitale del futuro stato palestinese”. “In questo contesto – sottolinea un comunicato del ministero degli Esteri russo – consideriamo Gerusalemme Ovest come la capitale dello Stato di Israele”.
“Mosca ribadisce la soluzione dei due Stati “come opzione ottimale che soddisfi gli interessi nazionali del popolo palestinese e israeliano, con entrambi i quali abbiamo relazioni amichevoli, e gli interessi di tutti gli altri paesi della regione e della comunità internazionale un’intera”.
Fin qui Huffington Post.
Attenzione. La frase: “In questo contesto consideriamo Gerusalemme Ovest come la capitale dello Stato di Israele“, è una novità assoluta: mai prima Mosca aveva riconosciuto una simile cosa. “In questo contesto”; ovviamente, significa: purché Israele accetti che Gerusalemme Est sia capitale palestinese, nel quadro dunque di una sistemazione generale a due stati della tragedia di Terrasanta. Non è un’offerta incondizionata, un calo di braghe; è una generosa apertura e indicazione della volontà di negoziare.
Noi sappiamo che i sionisti vogliono Gerusalemme capitale indivisa, dunque non sono disposti ad accettare questo. Sappiamo anche che Netanyahu ha telefonato a Putin sull’attacco chimico accusando Assad, e ricevendone una risposta nient’affatto molle: “E’ inaccettabile accusare qualcuno finché non viene condotta una indagine internazionale completa e imparziale”.
Ma è chiaro che la conversazione non s’è ridotta a questa frase, che appare nel comunicato ufficiale. Entrambi possono aver tastato il terreno e le intenzioni dell’altro, visto il bluff e le carte in mano, fatto qualche offerta di scambio? Fra due che si conoscono bene, sulle spalle di Trump e dei forsennati europei, lasciati a strillare “Guerra! Guerra!” per la scena? Il riconoscimento russo di Gerusalemme Est non può essere venuto dal cielo come un fulmine.
Ricordiamo anche che un milione di israeliani vengono dalla Russia, sono anti-religiosi per lopiù, mantengono contatti con la Russia, amano ed ammirano Putin: sono un bel bacino elettorale, che Netanyahu non può alienarsi facendo l’anti-Putin come si permettono di fare i nostrani Mogherini da operetta.
Vi do il parere della redazione del sito Moon of Alabama, fonte di comprovata credibilità sulla questione siriana.
“La mia ipotesi: la potente lobby sionista in Usa (AIPAC & Co.) sta spingendo per una guerra immediata contro la Sira, esattamente come già fece nel 2013, quando poi Obama non riuscì a scatenarla perché il parlamento britannico e poi anche il Congresso votarono contro.
Netanyahu deve aver fatto capire che preferisce nessuna guerra in Siria. A questo punto la pressione della Zionist Lobby su Trump sarebbe allentata, e un intervento militare diretto in Siria, scongiurato. L’altra volta, Putin fece l’offerta della distruzione dell’arsenale chimico siriano. L’eliminazione dell’arsenale strategico della Siria fu un grande regalo per Israele; e fu ciò che permise ad Obama di non andare in guerra nonostante le pressioni fortissime. Ora Putin ha fatto un’altra grossa offerta. Israele accetterà il dono? Netanyahu richiamerà i suoi cani della guerra dell’AIPAC?”.
Vi lascio con questa domanda, che sicuramente fra poche ore sarà superata, tanto rapidamente arrivano le cose. L’ipotesi tuttavia mi pare coincida con la valutazione iraniana, Netanyahu non arde dalla voglia di trovarsi a far davvero la guerra con Iran, Hezbollah e l’aviazione russa.
Del resto, cosa credete, nemmeno tutti i ministri europei. Appena Trump ha dichiarato di essere pronto ad entrare in guerra anche senza mandato Onu, il ministro inglese Ben Johnson ha esortato a non precipitare. Il ministro degli esteri francese, Jean-Marc Ayrault, ha detto: “Mica si può entrare in guerra perché a Trump è saltato il sangue alla testa”. I veri guerrafondai senza se e senza ma, sono i media: “I bambini di Idlib! I bambini!”.