Dai dati diffusi dal World Economic Forum emerge che l’Italia occupa il 120esimo posto nella classifica mondiale della meritocrazia.
“L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro”. L’articolo 1 della Costituzione è chiaro e inequivocabile. Ma la prassi consolidata – ahimè – lo rende incompleto. Di quale prassi parliamo? Della stessa che ci colloca al 120esimo posto nella classifica mondiale della meritocrazia. Questo è quanto emerge dai dati del World Economic Forum, che sottolinea altre “vergogne” tutte italiane che ci pongono al di sotto di Malaysia, Thailandia, Polonia, Cile, Lituania e Azerbaijan e che dimostrano quanto caro ci costi uno Stato che funziona male. Malissimo.
La meritocrazia, questa sconosciuta! Pare quasi una quisquilia, quello che invece dovrebbe essere il solo viatico nel mondo del lavoro. Dati acclarati, per l’80% della popolazione le conoscenze giuste sono più importanti di un buon curriculum. Il restante 20% è composto da illusi che continuano a contare sul proprio know how professionale. Non sarebbe il caso di ribaltare questa convinzione? E come, in un Paese che delle raccomandazioni ne ha fatto una vera e propria cultura?
Dalla volontà di sradicare questa pianta malata, nel 2011 nacque il Forum della Meritocrazia, associazione no-profit con l’ambizione di rendere l’Italia un paese meritocratico capace di garantire pari opportunità sulla base delle competenze professionali. Il Forum della Meritocrazia raccolse centomila iscrizioni nel giro di pochi mesi, segno che un radicale cambio di prospettiva è un’esigenza. Ma cosa è davvero cambiato, in tutti questi anni? Poco o nulla. Vogliamo dare una sbirciata all’attuale entourage politico?
Partiamo dal capro espiatorio, fresco fresco di Fertility Day, Daniela Rodorigo, ex responsabile della comunicazione per il Ministero della Sanità. Dal suo curriculum vitae sappiamo che la Rodorigo è un laureata in Giurisprudenza, con un master in “Aziende Sanitarie. Gestione, Strutture, Funzioni, Organizzazione e Valutazione”. Insomma, che c’entra la Rodorigo con la comunicazione? E la stessa Beatrice Lorenzin, maturità classica e tanti, tantissimi incarichi dentro Forza Italia, Pdl, Ncd ma NESSUNO attinente alla sua “materia prima” (no, non il marito. La sanità). Altri esempi? Dario Franceschini, Ministro dei Beni e delle attività culturali, avvocato; Andrea Orlando, Ministro della Giustizia, maturità scientifica e una lunga trafila da dirigente di partito (e qui sì che ci stava una bella laurea in giurisprudenza!); Giuliano Poletti, Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, perito agrario (!!!); Maurizio Martina, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, laureato in scienze politiche; Graziano Del Rio, Ministro dei Trasporti, endocrinologo ed ex Presidente della Commissione Sanità e politiche sociali (uno scambio di dicastero con la Lorenzin no?). Insomma, tutto conferma che le nomine sono state politiche, più che meritocratiche.
Per anni, migliaia di questi esempi negativi hanno provocato un danno enorme. Tanti, troppi che hanno occupato indebitamente un posto, ricoperto un incarico, a scapito dei tanti, troppi cervelli competenti che hanno preferito fuggire lontano pur di avere il giusto riconoscimento professionale. Quale, allora, l’antidoto a questo morbo? La trasparenza, che unita alla digitalizzazione rappresenta la sola medicina per portare alla luce certi oscuri meccanismi che questo male lo hanno cronicizzato. Trasparenza e digitalizzazione che investano gare, concorsi, curricula, pmi e grosse aziende, come anche la pubblica amministrazione. Si innescherebbe da subito il processo del controllo sociale, e a questo non si sfugge. Perché, checché se ne dica, il merito resta sempre il sale della democrazia.
Alessandra Maria