Era il 17 gennaio 2020 quando il Consiglio dei ministri aveva approvato l’istituzione del Dantedì, un giorno dedicato alla celebrazione di Dante e della sua poesia.
La proposta del Ministero per i beni e le attività culturali era stata felicemente accolta, tanto più che la giornata introdotta quest’anno sarebbe stata un perfetto banco di prova per la più grande commemorazione prevista per il 2021, in cui ricorreranno i 700 anni dalla morte del sommo poeta. Il filologo Carlo Ossola, presidente del Comitato nazionale che sovrintenderà la celebrazione per il settecentenario, si era espresso in maniera toccante in merito all’istituzione del Dantedì.
“Permetterà di ravvivare ogni anno la memoria del poeta, il cui ricordo è vitale per la sopravvivenza della nostra mente.”
Il critico letterario parlava di un “ricordo vitale” e queste parole, lette oggi, non potrebbero commuovere di più. Perché davvero nessuno, a gennaio, avrebbe mai potuto immaginare che il giorno previsto per la celebrazione sarebbe capitato in un periodo come quello odierno, segnato da tanti e tali sconvolgimenti.
La data scelta per il Dantedì era ricaduta sul 25 marzo, giorno significativo perché identificato dagli studiosi come quello in cui ha avuto inizio il viaggio ultraterreno di Dante. Era stato bocciato il 14 settembre, giorno della morte del poeta, non solo perché data più funesta, ma anche perché il momento sarebbe stato più scomodo per le scuole per celebrare l’evento insieme agli studenti.
E invece, l’emergenza Coronavirus ha fatto sì che la chiusura delle istituzioni scolastiche fosse tra i primissimi provvedimenti da prendere.
Oggi, gli studenti seguono le lezioni in teledidattica, e così sarà il 25 marzo e ancora oltre. Si tratta di una novità difficile da vivere e da gestire tanto per i giovani quanto per i docenti. I professori si troveranno a promuovere l’iniziativa attraverso canali nuovi e inimmaginati prima, costretti a parlare a un computer che fa decisamente sentire la mancanza degli sguardi e della risposta vivace dei ragazzi.
“Questa prima edizione del Dantedì avviene in un momento particolarmente difficile”, ha dichiarato il ministro Dario Franceschini. “Le tante iniziative già previste si spostano sulla rete. Per questo rivolgo un appello agli artisti: il 25 marzo leggete Dante e postate i vostri contenuti. Dante è la lingua italiana, è l’idea stessa di Italia. Ed è proprio in questo momento che è ancor più importante ricordarlo per restare uniti”.
Sono state tante le manifestazioni che in questi giorni ci hanno mostrato il volto migliore dell’Italia; dal gesto semplice di chi ha intonato un canto dal proprio balcone, al coraggio dimostrato dai 7220 medici che si sono candidati per un bando che ne richiedeva 300. In tanti hanno dato prova di quanto la nostra nazione sia in grado di dimostrarsi forte proprio nei momenti di maggiore sconforto. Il ricordo di Dante, simbolo della lingua italiana, deve rammentare a tutti la bellezza di una Storia che ci riguarda perchè parla proprio di noi.
“Dantedì” è termine coniato dal professor Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca. Tra i sostenitori dell’iniziativa ci sono la Società dantesca, la Società Dante Alighieri, l’Associazione degli italianisti, la Società italiana per lo studio del pensiero medievale e tante altre realtà accademiche. Franceschini ha chiamato all’appello gli artisti e il mondo social. In realtà, ciascuno di noi è invitato alla celebrazione dell’evento e può partecipare seguendo gli hashtag #ioleggodante e, naturalmente, #dantedì.
Il 25 marzo alle 18 è previsto un flashmob che unisce nell’omaggio a Dante tutti coloro che lo desiderano, e si svolgerà leggendo i versi della Divina Commedia dedicati a Paolo e Francesca. Quello che verrà recitato è il canto V, il canto dell’amore. Un amore, quello tra i due celebri amanti, che letto da ciascuno nel proprio privato celebrerà per l’occasione un altro amore, quello di ogni uomo per la poesia di Dante.
Anche all’Inferno, nel momento peggiore delle loro esistenze, Paolo e Francesca non possono smettere di amarsi: “[…] mi prese di costui piacer sì forte/ che, come vedi, ancor non m’abbandona”. Sono versi potenti e dolcissimi. Le parole di Francesca non potrebbero essere più soavi eppure, intorno a lei, tutto è grida e dannazione. È un monito che rammenta come l’amore resti un valore delicato anche nell’orrore. Questi versi parlano degli amanti e parlano anche a noi, per ricordarci che è sempre possibile trovare qualcosa di bello e salvifico, anche nei momenti più oscuri.
Inizialmente la proposta invitava alla lettura dei primi e degli ultimi versi dell’Inferno dantesco. Nel Dantedì avremmo quindi dovuto recitare i versi iniziali, relativi all’entrata del poeta nella selva oscura, e poi le terzine finali. Il XXXIV canto vede il poeta non più solitario, ma accompagnato dalla sua guida, non più perso ma in cammino, non più nel buio ma diretto verso il chiaro mondo. Anche questo messaggio sarebbe stato quanto mai attuale. Che in questo 25 marzo e nei giorni difficili e di smarrimento che ci aspettano, Dante possa essere una luce capace di rischiarare lo sconforto dei momenti bui, indicandoci la direzione verso cui puntare.
“E quindi uscimmo a riveder le stelle.”
Non potremmo sperare in un auspicio migliore.
Martina Dalessandro