Melovaz, una nota piattaforma di musica streaming iraniana ha messo un veto oscurantista sulle donne protagoniste delle copertine degli album
Da sempre i dischi, sia compact che vinili, sono considerati oggetto di vero feticcio per i fruitori musicali. Non soltanto per la corporeità rispetto ad un file di bit ma anche per il loro packaging. Infatti, spesso, nella storia evolutiva della musica popolare, soprattutto occidentale, abbiamo conosciuto copertine entrate a far parte della storia sociale moderna e addirittura opere interconnesse con la storia dell’arte.
Dalla celeberrima banana disegnata da Andy Warhol sulla copertina del disco dei Velvet Underground di Lou Reed, a London Calling dei The Clash dove Pennie Smith, fotografa, immortalò il bassista del gruppo, Paul Simonon mentre, nel corso di un concerto al Palladium di New York il 21 settembre 1979, si accaniva sulla sua Fender. Ma anche l’illustratore Roger Law e il grafico David King con Jimi Handrix, “Strange Days” con l’opera freak dei The Doors, l’agenzia pubblicitaria Hipgnosis con i Led Zeppelin e i Pink Floyd e tanti altri esempi che arrivano sino ai giorni nostri.
Oggi, grazie ad un giovane blogger iraniano, Izzi, abbiamo scoperto, tramite un post sul suo account di Twitter l’opera di censura della piattaforma Melovaz. Il giovane ha infatti affiancato le locandine originali con le artiste o componenti femminili protagoniste e quelle in cui venivano oscurate dalla piattaforma in questione.
La questione ha scatenato tanto malcontento tra i naviganti e i fruitori musicali nei confronti di Melovaz in un paese, va ricordato, in cui è ancora proibito esibirsi pubblicamente in un live a viso o volto scoperto ma che ancora non aveva operato una sorta di boicottaggio nei confronti delle grandi icone musicali importate dal mondo occidentale.
Tante le artiste da top hits prese in considerazione da Izzi per rendere noto l’accaduto da Lady Gaga a Lana del Ray, da Avril Lavigne a Beyoncé e tante altre coinvolte.
Claudio Palumbo