Cosa ha ottenuto Meloni al Forum sulle migrazioni in Libia

La premier ha rilanciato la strategia per una cooperazione strategica alla pari tra Ue e paesi nordafricani. Ma Tripoli alza la posta: “il progetto dovrà essere guidato dalla Libia“. Mentre cresce il potere di Haftar e l'influenza di Mosca.

La presidente del Consiglio è intervenuta alla sessione presidenziale del Forum sulle migrazioni chiesto dal governo di unità nazionale di Tripoli. Nella giornata di oggi Meloni sarà a Oxford per partecipare al vertice della Comunità politica europea (Cpe) dov’è stato inserito per la prima volta un focus sul tema delle migrazioni.

Ieri, il 17 luglio, la presidente del Consiglio  Giorgia Meloni ha partecipato all’ennesima missione in Libia per consolidare i rapporti tra Roma e i paesi africani e rafforzare la cooperazione nella lotta all’immigrazione illegale. Accompagnata dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, la premier ha rappresentato l’Italia al Forum sulle migrazioni nel mediterraneo organizzato dal primo ministro tripolino, Abdul Hamid  Dbeibeh.  

Alla conferenza sulle migrazioni hanno partecipato anche Spagna, Grecia, Germania, Austria, Paesi Bassi, Malta, Repubblica Ceca, Niger, Ciad, Sudan, Senegal, Algeria e Tunisia, oltre a Lega arabaUnione africana, Unione europea con la presenza del vicepresidente della Commissione Ue Margaritis Schinas e Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM).

L’invito al forum sulle migrazioni di Tripoli è stata anche l’occasione per Meloni di parlare direttamente con il suo omologo libico, Dadaiba, in un momento estremamente delicato per la Tripolitania sferzata dall’instabilità politico-istituzionale e dal progressivo aumento della corruzione e dei traffici illeciti che rendono ancor più difficile la gestione dei migranti. Nello stato nordafricano la questione dell’immigrazione incrocia da anni la propria strada con quella delle influenze straniere (russe e cinesi) e dello strapotere di milizie locali.

Politicamente e territorialmente divisa tra due campi rivali, negli ultimi mesi del 2024  la Libia è tornata ad essere il primo Paese di partenza dei migranti diretti in Italia, strappando il podio alla Tunisia.  Di fronte a questa complessa situazione, Tripoli ha chiesto ai partner europei più soldi per rafforzare le politiche di controllo sulla migrazione illegale.

Un concetto, questo, ribadito anche dal ministro degli Interni del Gun, Emad Trabelsi, che prima dell’apertura del Forum sulle migrazioni ha sottolineato come “il numero di stranieri in Libia è stimato in 2,5 milioni, la maggior parte dei quali è entrata irregolarmente”, prendendo come riferimento numeri che non trovano, però, alcun riscontro oggettivo se rapportati ai dati raccolti tra marzo e aprile 2024 dall’Oim, secondo cui in Libia sono presenti 725.304 migranti, un terzo rispetto a quelli dichiarati dal politico libico.

La posizione di Tripoli al forum sulle migrazioni

Rispetto a un tema non facile come la gestione dei flussi migratori, tra i paesi del nord Africa la Libia rappresenta oggi il cuore del problema, ma anche l’inizio di una possibile soluzione. Per i libici, il forum sulle migrazioni nasce e si sviluppa intorno all’esigenza di un coordinamento integrato sotto l’egida di un unico paese allo scopo di potenziare gli attuali sistemi di controllo e repressione della migrazione irregolare attraverso il Mediterraneo.

forum migrazioni
Il ministro Piantedosi, in visita a Tripoli con Presidente Meloni e il ministro Tajani, incontra ministro dell’interno libico Trabelsi il 29 gennaio 2023. Foto Ministero dell’Interno.

La posizione delle autorità di Tripoli è che la Libia deve essere responsabile del progetto attraverso la creazione di quattro linee di difesa per ridurre la pressione migratoria irregolare ai confini, nel deserto, nelle città e in mare.

Anche la scelta di citare dati volutamente “gonfiati” sul numero di migranti nel paese può essere letti come il tentativo da parte di Tripoli di alzare la posta in gioco nel dialogo con i partner europei per ottenere un maggiore peso nelle operazioni di respingimento e più soldi. Sperando magari nella sponda favorevole nel governo italiano che potrebbe autoconvincersi e credere ai dati forniti dalle autorità libiche sulla crisi migratoria.

In che modo Roma e Bruxelles intendono sostenere Tripoli sul tema migratorio

In accordo con Bruxelles, negli ultimi anni l’impegno del governo italiano nel contrasto all’immigrazione illegale si è focalizzato nel sostegno ai Paesi di transito, in particolare Libia e Tunisia, affinché bloccassero i flussi di migranti verso le coste italiane. Dal canto suo, anche Roma ha lasciato correre sulle palesi violazioni dei diritti umani perpetrate dai governi tunisino e libico a danno dei migranti provenienti dall’area subsahariana, confermando l’approccio politico dei paesi europei rispetto al tema dell’immigrazione.

Dal forum sulle migrazioni di Tripoli è emerso un approccio sostanzialmente identico a quello attuale: da un lato si decantano accordi di cooperazione con i paesi africani improntati ad un rapporto non predatorio – concetto ribadito da Meloni anche in occasione del forum sulle migrazioni di Tripoli – mentre dall’altro si seguita a chiudere gli occhi prestando attenzione a tenere ben aperti i portafogli.

Nel suo intervento al forum sulle migrazioni, la premier italiana ha rilanciato l’importanza del Piano Mattei mettendo al centro della cooperazione tra Africa e Italia il dossier energetico. Meloni ha ricordato che l’Africa è potenzialmente un grande produttore ed esportatore di energia per l’Europa, rinnovando l’invito affinché si creino nuove “piattaforme” e “iniziative” per lo sviluppo del continente e per disincentivare lo spostamento di migliaia di africani lontano dalle loro case.

Tuttavia, al di là della retorica di rito, di concreto si è visto ben poco. La realtà è che Roma e Bruxelles continuano a non voler vedere l’incapacità di Tripoli di offrire soluzioni efficaci e in linea con il rispetto dei diritti umani per affrontare un problema diventato oramai strutturale, ma trattato ancora alla stregua di una situazione emergenziale.

La Libia resta un porto non sicuro per i migranti

La recente scoperta di almeno 65 corpi di migranti in una fossa comune nel sud-ovest del paese nordafricano conferma, se ancora ve ne fosse bisogno, la Libia come un porto non sicuro per i migranti. Soltanto pochi giorni prima della conferenza sulle migrazioni, l’Alto commissario per i diritti umani Volker Türk, ha lanciato un nuovo appello alla comunità internazionale chiedendo la sospensione della cooperazione sui programmi di asilo e migrazione con le autorità libiche, accusate di essere coinvolte in episodi di tortura, esecuzioni extragiudiziali, detenzioni arbitrarie e tratta di esseri umani.

Volker Türk, Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani dal 2022.

Secondo l’ONU lo stesso Trabelsi si sarebbe arricchito con la tratta dei migranti in questi anni.  Dalle indagini  condotte dalle Nazioni Unite e dalla Corte Penale internazionale emerge, infatti, una vita politica parallela per il ministro di Dbeibeh. Forte del sostegno di una parte della guardia costiera libica, finanziata e addestrata anche dall’Italia, Trabelsi si sarebbe reso complice di violenze, torture e sparizioni forzate ai danni di migliaia di migranti e rifugiati, mettendo in piedi anche un traffico illegale di petrolio dalla Libia alla Tunisia.

Eppure, questi incidenti in patria non hanno impedito a Trabelsi di continuare a ricoprire il ruolo di ministro dell’Interno, né di prendere parte alla delegazione che ha accompagnato il premier Dbeibah nel suo viaggio in Italia lo scorso anno dov’è stato accolto dalla presidente Meloni con tutti gli onori. L’atteggiamento indulgente di Roma nei confronti di un governo il cui ministro degli Interni è accusato di trafficare con gli esseri umani, trova una sua logica nella difesa dei tanti interessi che corrono lungo le due sponde del Mediterraneo.

L’Italia è stato il principale partner commerciale della Libia nel 2023. lL aziende di stato italiane continuano a fare accordi miliardari con aziende in Tripolitania, ma anche con l’uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar. Per questa ragione, fino a quando il tappo sui migranti esercitato da Tripoli reggerà, anche i soldi continueranno ad arrivare, soprattutto perché la salvaguardia dei diritti umani non sembrerebbe essere una priorità. Sicuramente non per i libici almeno.

Nel corso di quest’ultimo forum sulle migrazioni non sono state fornite le cifre degli investimenti, ma Tripoli ha dichiarato che nei prossimi mesi saranno aumentati i rimpatri volontari, valorizzando il sistema attraverso cui l’Oim può rimandare un migrante nel proprio paese d’origine. Ma anche su questo aspetto permangono molti dubbi soprattutto se si considera che la maggior parte dei migranti presenti sul territorio libico provengono dal Sudan, un paese distrutto dalla guerra civile. E rimpatriare dei rifugiati di guerra significa violare la Convenzione universale sui diritti dell’uomo.

Le critiche delle ONG

Una dura critica all’iniziativa organizzata dalle autorità Libiche per discutere la cooperazione con i paesi europei sull’immigrazione illegale è arrivata dal mondo delle ONG. Sea Watch ha dichiarato che la partecipazione dell’Italia al Forum sulle migrazioni di Tripoli è il segnale che i paesi occidentali intendono proseguire con una politica migratoria dispotica. “Di qualunque cosa parlino, probabilmente mira ad aumentare il numero di uccisioni nel Mediterraneo. Auguriamo loro tutto il peggio”, si legge nel messaggio postato dalla ONG sui social.

La condanna di Sea Watch arriva dopo quella di  Mediterranea Saving Humans che il giorno prima dell’inizio del forum di Tripoli, il 16 luglio, ha denunciato la Guardia costiera libica per l’attacco subito dai naufraghi e dall’equipaggio della Mare Jonio lo scorso 4 aprile in acque internazionali.

L’esposto, precisa l’ONG in una nota, è stato presentato alla Procura di Roma per i reati commessi all’estero contro la nave italiana Mare Jonio, alla Procura Europea per i finanziamenti UE e italiani alle milizie libiche. Il 4 aprile una motovedetta libica donata nel 2018 da Roma alle autorità di Tripoli, aveva ostacolato le operazioni di soccorso di un’imbarcazione con 45 persone in pericolo, operato dalla Mare Jonio, e l’equipaggio libico aveva aperto il fuoco contro i migranti in acqua e i soccorritori di Mediterranea, mettendone a rischio l’incolumità.

Tommaso Di Caprio

 

 

 

 

Exit mobile version