La Premier Giorgia Meloni ha finalmente espresso il proprio parere sulle dichiarazioni di Piantedosi a seguito della tragedia di Crotone.
D’accordo con Piantedosi, Meloni dichiara che su questa materia è necessario fare qualsiasi cosa per evitare che riaccada una tragedia simile. È d’accordo anche sul fatto che il modo migliore sarebbe fermare le partenze illegali. Ma l’Italia non può agire da sola sulla questione e, nel frattempo che si cercano soluzioni, continuano a verificarsi tragedie.
L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) lancia l’allarme sul fatto che il Mediterraneo sia diventato un cimitero liquido. Ma, nonostante questo, i politici si concentrano ancora sul problema della partenza. E affrontano la questione come se fosse emergenziale e non strutturale, cosa che, invece, evidentemente è.
La bufera attuale è cominciata il 26 febbraio, quando si è verificato il naufragio vicino alle coste calabresi, che ha coinvolto più di 70 persone, a cui hanno fatto seguito le dichiarazioni di Piantedosi, contro le quali Meloni si è pronunciata.
Su questo, il Ministro dell’Interno ha dichiarato che in condizioni tali non si dovrebbe partire. Non ha voluto analizzare le motivazioni che spingono i migranti a partire, ma ha preferito sentenziare sull’argomento. Semplicemente ha consigliato una strategia alternativa al viaggio. Il non partire. Il rimanere nel luogo da cui si è deciso di scappare. Ma se per scappare l’unico modo è quello di intraprendere un viaggio, anche pericoloso, in molti decideranno comunque di tentarlo.
Secondo Piantedosi, però, l’idea di mettersi su un gommone è impensabile. Dichiara che lui non metterebbe mai sé stesso, né tantomeno i propri figli, in una situazione di pericolo tale. Che la disperazione non giustifica il viaggio. È evidente che non lo farebbe.
Chi, con reale possibilità di scelta, si imbarcherebbe per un viaggio che se non è proprio senza speranza, per lo meno di speranza ne porta con sé molto poca?
Forse Piantedosi tende a dimenticare le fotografie dei vecchi migranti, quando a intraprendere un viaggio simile erano i nostri compatrioti. O quando, per scappare dalle persecuzioni fasciste e naziste, in molti tentavano viaggi senza speranza, o si nascondevano per anni in soffitta. E sono solo alcuni degli esempi che si potrebbero fare. Chissà perché con gli occhi della storia queste scelte sembrano condivisibili, e invece, quando ci si ritrova immersi nella questione, la comprensione tende a venire meno.
Le frasi pronunciate dal Ministro hanno provocato imbarazzo tra le fila del governo. Per far recuperare credibilità all’esecutivo, Meloni ha richiesto una ricostruzione dettagliata del naufragio. Non solo, ha anche mostrato la volontà di rimpatriare le salme dei naufraghi nei diversi Paesi d’origine. E convocare il prossimo Consiglio dei ministri simbolicamente proprio in Calabria. Inoltre, al contrario di Piantedosi e del suo predecessore Salvini, sembrerebbe che la Premier sia interessata a mettere un freno al decreto sicurezza. Meloni chiederà infatti al Ministro dell’Interno di accantonare il decreto Salvini, che prevede una stretta sull’accoglienza dei migranti.
Tale decreto fu pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel 2018 e convertito in legge l’anno stesso, reca «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata».
Interviene per eliminare la discrezionalità nella concessione della tutela umanitaria, per cui introduce una tipizzazione dei casi in cui può essere concessa. Questa legge non solo disincentiva il viaggio perché rende più difficile l’ingresso in Italia, ma aumenta anche i casi in cui è possibile espellere i migranti dal Paese. Infatti, amplia il numero di reati che, in caso di condanna, comportano la revoca della protezione internazionale.
Ma il decreto è conosciuto come decreto sicurezza, ed il motivo è semplice. L’allora Ministro dell’Interno ha voluto mantenere la linea dura, in particolare sulla questione dell’ordine e della sicurezza. Come se la questione fosse affrontabile semplicemente con l’inasprimento delle pene. Ancora una volta, come se si trattasse di un’emergenza e non della realtà dei fatti.
Viene introdotta la possibilità per gli agenti di polizia, anche della municipale, di intervenire con dispositivi ad impulso elettrico in situazioni di necessità. La necessità può essere dettata dal pericolo di terrorismo, per il quale viene intensificata anche la misura del DASPO urbano.
E non finisce qui, perché Salvini ha provato anche a far approvare un articolo, il 10, che, secondo Mattarella, sarebbe risultato incostituzionale. La prima versione del decreto, infatti, prevedeva che una semplice denuncia per fare aprire a carico del richiedente asilo un procedimento penale avrebbe comportato la sua diretta espulsione. L’intervento del Presidente della Repubblica ha fatto sì che il provvedimento venisse modificato. Ora prevede che, in caso di pericolo per l’ordine pubblico o condanna penale, il questore dia diretta informazione alla Commissione territoriale, la quale “provvede nell’immediatezza all’audizione dell’interessato e adotta contestuale decisione”.
Meloni afferma che ora la necessità è quella di trovare delle risposte e frenare il decreto sicurezza, al contrario di quanto vorrebbe Matteo Piantedosi.
Tuttavia, la Premier continua a difendere il proprio esecutivo. Sostiene che il fatto che le opposizioni chiedano le dimissioni di Piantedosi non dovrebbe nemmeno più fare notizia. Afferma che i partiti all’opposizione non farebbero altro che invocare dimissioni dei Ministri e che, per questo, preferisce non ascoltarli. Ma questo collide con la sua volontà di trovare delle soluzioni efficaci alla questione. Non considera che forse uno dei problemi è proprio la modalità con cui chi dovrebbe occuparsi della situazione la trascura. Inoltre, la semplicità con cui il Ministro dà pareri e consigli di vita su questioni di questa portata dimostra una superficialità eccessiva che non si addice a chi ricopre tale carica.
Ma se un ex-prefetto riveste il ruolo di Ministro dell’Interno, è facile che si venga a creare uno Stato di polizia, in cui chi sbaglia paga e in cui, probabilmente, il prezzo più caro continueranno a pagarlo i più deboli.